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Tavolo e sedie Tulip di Eero Saarinen per Knoll (1956). La scocca è in fibra di vetro sagomata, il sostegno d'alluminio, il rivestimento in plastica.
Sono i "formidabili" anni del dopoguerra. Gli anni della Vespa, del Lego e della Fiat 600. Si inventano strumenti utili per tutti: dal robot Moulinex alla Moka Bialetti, alla macchina da scrivere portatile Olivetti. In casa, arrivano mobili prodotti in serie dalle grandi industrie: dalle librerie modulari ai divani, alle lampade in metallo.
Parliamo degli anni '50 con: Dalia Gallico, architetto, presidente dell'Adi Lombardia (Associazione design industriale), che da 40 anni attribuisce il premio Compasso d'oro.
Qual è stata l'influenza del design sulla società di quegli anni?
È una straordinaria atmosfera quella che si respira in Italia dal dopoguerra al 1960, quando le Olimpiadi di Roma mostrano al mondo la trasformazione del Paese. In Italia, a differenza di altre nazioni dove già il design aveva prodotto molto negli anni '30 e '40, architetti e designer scoprono l'industria del mobile grazie a grandi aziende che riconvertono la produzione bellica in civile. Da Gio Ponti a Franco Albini, a Zanuso, ai fratelli Castiglioni, a Munari. Una cultura creativa che coniuga l'eleganza della forma alle esigenze funzionali della famiglia moderna.
Quali pezzi hanno rappresentato meglio lo spirito dell'epoca?
Pezzi come la poltrona Lady, la sedia Superleggera e il frigorifero Smeg (nella pagina accanto). Lady rappresenta la capacità di trasformare materiali bellici come la gommapiuma in materiali per l'industria dell'arredo, la Superleggera la voglia di forme semplici e funzionali dell'epoca, Smeg è invece la risposta ai nuovi bisogni di praticità e comfort.
Perché questi mobili e complementi sono ancora attuali?
Perché sono la migliore rappresentazione dello stile italiano: infatti, dalla loro nascita a oggi continuano a fare scuola in tutto il mondo e a essere presenti nel mercato internazionale. Il successo di questi pezzi si deve anche alla loro qualità, innovazione e ricerca. È negli anni '50 che molte aziende italiane investono sui grandi centri di progettazione, come l'Olivetti, la Pirelli, la Arflex (che produce gomma) e la Montecatini, cuore della ricerca nella chimica da cui dipenderà il successo della plastica.