In tantissimi avete commentato la lettera che ci ha inviato Gabriella, mamma di un bimbo dislessico che ha vinto un concorso letterario. Così abbiamo deciso di raccontare la storia di Philip Schultz, autore di successo nonostante la dislessia. lo ha incontrato per noi lo scrittore Giuseppe Culicchia.
Se vuoi sapere di più su questo disturbo dell’apprendimento, leggi il nostro progetto speciale sulla dislessia.
Philip Schultz, 72 anni, autore di La mia dislessia (Donzelli) è uno scrittore davvero speciale. Non solo per via del fatto che non succede poi così spesso di ricevere il Pulitzer, il più prestigioso riconoscimento letterario Usa, avendo sofferto per tutta la vita di un tale disturbo. Ma anche perché accade raramente di incontrare un uomo capace di tanta umiltà ed empatia. «Ancora oggi, quando in auto uso il navigatore e devo svoltare a destra o a sinistra, sudo freddo: per fortuna, in queste occasioni c’è mia moglie a trarmi d’impaccio». Ma non è sempre stato così.
Un’infanzia complicata.
Da bambino Schultz non sapeva leggere né scrivere. Perciò era vittima di bullismo da parte dei suoi compagni. «Sono cresciuto sulla strada, in un quartiere pieno d’immigrati, tedeschi, irlandesi, italiani, ebrei. Era una lotta continua. Ciascuno voleva affermare la sua identità. Io venivo da una famiglia povera, mio padre non aveva un carattere facile. E a scuola andavo male: non riuscivo a pronunciare correttamente le parole, non ero capace di leggere l’ora. Ero lo zimbello dei miei compagni. Ma all’epoca nessuno mi aveva diagnosticato la dislessia. Finì che picchiai uno dei bulli che quotidianamente mi umiliavano e venni espulso per poi ritrovarmi nella classe dei cretini, quella in cui gli insegnanti non si davano la pena di insegnare nulla: dicevano di guardare le figure e di far finta di leggere».
I problemi di autostima.
È stato così che Schultz ha iniziato a lavorare con l’immaginazione, la fantasia. «Quando un bambino si sente inadeguato, prova vergogna. Non ne parla ai genitori, non si confida con nessuno. I compagni lo prendono di mira, perché nel momento in cui individuano la sua debolezza lui diventa la vittima ideale dei loro scherzi. Sono cose che ti segnano per tutta la vita: se nessuno ti aiuta, avrai problemi di autostima per il resto della tua esistenza».
La diagnosi a 50 anni.
Schultz ha scoperto di essere dislessico soltanto dopo i 50 anni. La diagnosi è arrivata quando lo stesso disturbo è stato riscontrato a suo figlio. «Nel frattempo ero riuscito a utilizzare in modo creativo il mio cervello nonostante il disturbo. Avevo 11 anni quando uno dei miei insegnanti mi chiese che cosa diavolo volessi fare da grande, e io d’istinto gli risposi: lo scrittore. Quel sogno mi ha accompagnato. E un giorno mi sono detto: se ho imparato a leggere da solo, imparerò anche a scrivere da solo».
La “pace” con se stesso.
Nel suo memoir Schultz cita Anton Čechov, un autore che ha saputo cogliere l’elemento tragico nella banalità del quotidiano. «La mente di un dislessico è diversa da quella degli altri. Ho impiegato gran parte della vita per capire che la mia non era stupidità, ma non è stato facile lasciarmi alle spalle l’immagine negativa che avevo di me. È stato come nuotare controcorrente». Oggi Schultz non è solo un premio Pulitzer (lo ha vinto nel 2008 per la poesia): dopo anni di insegnamento, nel 1987 ha anche fondato una scuola. «Non l’avrei mai detto, quando ero bambino». E invece. Chapeau, Mr. Schultz.