Harvey Weinstein è stato uno dei più potenti produttori di Hollywood, ma nella sua posizione di potere ha agito anche come molestatore e stupratore. Ci sono voluti anni perché qualcuna delle vittime cominciasse a raccontare gli abusi subiti, ma oggi ad accusarlo sono anche nomi come Angelina Jolie, Rosanna Arquette, Gwyneth Paltrow e Asia Argento. Dopo la solidarietà d’ufficio (e la richiesta di divorzio della moglie Georgina Chapman) è però calato anche il biasimo sulle vittime, colpevolizzate perché non hanno denunciato subito.
Perché ci sei andata? Perché hai accettato senza protestare? Perché lo dici solo ora? Che benefici hai avuto da lui?
Senza tenere alcun conto del dislivello di potere in cui gli abusi si verificano, la cultura maschilista cerca la ragione della molestia nella persona molestata, mai nel molestatore. Nessuno pensa davvero che l’abuso sessuale si possa commettere in modo unilaterale: se si verifica, la vittima comunque qualche segnale lo avrà dato, o perché era vestita in un certo modo, o perché si trovava in un certo posto, o perché non si è sottratta subito, o qualunque altro motivo che la trasformi in parte in causa della sua stessa violenza. Se poi la molestata commette l’errore di sopravvivere, di cercare di razionalizzare l’abuso subito e magari di andare oltre, trasformando un’esperienza lurida in un’occasione di riscatto a caro prezzo, il giudizio diventa definitivo: se ci hai guadagnato vuol dire che sei complice, che ti è piaciuto o che comunque avevi il tuo tornaconto.
Se sei viva, felice e famosa come Asia Argento o come Gwyneth Paltrow non puoi essere stata vittima. Le vittime vere sono povere, non ricche
Le vittime vere muoiono o riportano gravi traumi, comunque non si rialzano più. Le vittime vere denunciano subito, pazienza se perdono tutto, sogni compresi, e se pagano con l’emarginazione la loro verità. Finché continueremo a trattare le vittime di abuso in questo modo, denunciare costerà più del silenzio e le donne continueranno a tacere.