I sindacati erano già sul piede di guerra lo scorso gennaio, quando avevano indetto uno sciopero contro il rischio che le insegnanti di asili ed elementari non laureate potessero essere escluse dalle graduatorie ad esaurimento, quelle per permettono di passare “di ruolo”. Ora questo pericolo è diventato realtà. L’Avvocatura di Stato ha espresso il proprio parere, confermando la sentenza del Consiglio di Stato, che lo scorso dicembre aveva deciso di escludere dalle liste ad esaurimento le insegnanti che avevano conseguito il diploma magistrale prima del 2001-2002. “Ora 2.000 maestre (il 95% è donna) non laureate perderanno subito il diritto alla cattedra fissa e potranno solo fare supplenze. Ma le docenti interessate dal provvedimento sono almeno 5.600, con un bacino che potenzialmente arriva a oltre 40mila persone” spiega a Donna Moderna Alessandro Giuliani, direttore della testata online La Tecnica della Scuola. “Il danno sulla continuità scolastica è enorme” aggiunge.
Cosa ha deciso l’Avvocatura?
“Negli anni ci sono state varie interpretazioni della legge, con in risultato che ad oggi la norma prevede che solo diploma magistrale sia abilitante, ma non sufficiente per essere inseriti nelle graduatorie, che si sono chiuse nel 2008. Queste sono diventate da permanenti a ‘esaurimento’ (Gae). Solo chi aveva fatto ricorso in quel periodo è stato inserito con riserva nelle Gae” spiega Giuliani. Queste rappresentano la principale via di accesso all’iscrizione al ruolo, dunque alla cattedra fissa. Lo stesso è stato fatto con le precarie storiche. “Se in passato ci sono state diverse sentenze favorevoli alle ricorrenti, quella del Consiglio di Stato del 20 dicembre è apparsa inaspettata” aggiunge il direttore.
L’Avvocatura ha ora confermato il verdetto.
Cosa succederà ora: le maestre saranno licenziate subito?
“Sì, saranno licenziate. Sono circa 2.000 quelle per le quali il provvedimento scatterà subito, ma sono oltre 5.600 quelle che saranno gradualmente estromesse dal ruolo e si ritroveranno in graduatorie di istituto da precarie” spiega l’esperto. Con il “licenziamento” – definito dalle maestre “di massa”, il più grande nella storia della scuola – la sola possibilità per loro sarà quella di supplenze temporanee o annuali.
Cosa accadrà nelle classi?
Sindacati e genitori temono che il prossimo anno scolastico possa iniziare con enormi disagi, soprattutto per gli alunni, che si vedranno cambiare le insegnanti o rimanerne sprovvisti in attesa di nuove nomine e delle sentenze sui singoli casi, dopo i ricorsi individuali di insegnanti presso il Tar.
“Sicuramente ci sarà un cambio di insegnanti notevole, perché i laureati in Scienze della formazione primaria andranno a subentrare alle maestre ‘diplomate magistrali’, avendo sia la laurea sia un punteggio di servizio acquisito. Trovandosi davanti in graduatoria, sceglieranno posti al momento ricoperti da maestre non laureate. L’unica consolazione è che tutto questo non avverrà in corso di anno scolastico, ma con l’inizio del prossimo” spiega il direttore di La Tecnica della Scuola.
Quale soluzione?
Secondo molti addetti ai lavori l’unica soluzione possibile consisterebbe in un nuovo concorso, riservato proprio alle insegnanti non laureate. Si tratterebbe si seguire la strada già intrapresa con i docenti precari abilitati all’insegnamento nelle scuole secondarie, medie e superiori. Se così non fosse le maestre e i maestri col solo diploma magistrale avrebbero accesso solo alle graduatorie di istituto.
“Al momento ci sono tre tornate di concorso, delle quali uno aperto a tutti, anche ai laureati non abilitati. . Uno, invece, che è imminente, è riservato, ma vi possono accedere anche i diplomati con anzianità di servizio di almeno tre anni. Per l’ultimo, invece, è già stata espletata la prima fase, riservata a coloro che sono nella seconda fascia” spiega Giuliani, che aggiunge: “I sindacati sono divisi: i confederati chiedono un concorso riservato solo alle maestre diplomate, per poi reinserirle nelle graduatorie; l’Anief, invece, vuole il reinserimento diretto nelle Gae. Proprio l’Anief, che aveva promosso i ricorsi dei diplomati, ha indetto uno sciopero della fame dal 28 aprile, con un presidio permanente davanti al Ministero dell’Istruzione (Miur), annunciando anche un’agitazione per il 3 maggio, la terza in quattro mesi. Nella stessa data si aprirà un tavolo con il Miur per trovare una soluzione. Secondo il sindacato espellendo le maestre si mette a rischio il prossimo anno e si mina lo Stato di diritto.
“E’ comunque una situazione drammatica, perché riguarda docenti nell’età degli “anta”, intorno ai 40/50 anni che in un concorso se la vedrebbero con laureati molto più preparati e giovani di loro. Il punteggio subentrerebbe solo dopo essere stati reputati idonei” dice Giuliani.
Le maestre diplomate resterebbero senza lavoro?
“Le cattedre da coprire ci sono, ma il problema è che alle diplomate andrebbero supplenze meno vantaggiose sia da un punto di vista temporale, perché sarebbero di pochi giorni, sia logistico, perché potrebbero essere convocate in scuole non più vicine a casa” conclude Giuliani.
Quanti insegnanti sono coinvolti?
Agli insegnanti immediatamente estromessi dalle graduatorie si sommeranno quelli che nei mesi scorsi avevano presentato altri ricorsi presso il Tar e i Giudici del lavoro, che potrebbero far salire il numero di diplomati “a rischio” in modo vertiginoso. In tutta Italia sono 43.600 le persone coinvolte dal caso, compresi i 5.665 docenti già in ruolo, ma con “riserva”: sono coloro che hanno firmato il contratto con la clausola risolutiva (ovvero che prevede la scissione del contratto stesso) in caso di sentenza sfavorevole da parte della giustizia amministrativa. Nel caso non si trovi una via d’uscita per loro si prospetta il cambio del contratto da tempo indeterminato a tempo determinato.
Ci sono poi circa 23.000 laureati, dunque in possesso di idoneo titolo di studio, in attesa di poter essere inseriti legittimamente nelle graduatorie, ora “occupate” dai diplomati.
Il Miur aveva già chiesto di trovare una soluzione, tramite apposito provvedimento di legge da parte del Parlamento, che risolvesse il caos creato, “nel rispetto dei diritti di tutte e tutti, a partire da quelli delle studentesse e degli studenti”.