Fa discutere, e dividere, uno dei temi tornati d’attualità in occasione della Giornata della donna. Si tratta del congedo retribuito di tre giorni al mese, previsto da un sintetico disegno di legge, concesso alle lavoratrici che soffrono di dismenorrea durante il ciclo.
La proposta è stata presentata la scorsa primavera alla Camera e assegnata per l’esame alla commissione Lavoro di Montecitorio, dove si è fermata. Porta la firma della deputata Romina Mura del Pd e di tre college dem. “Siamo aperte al dibattito e al confronto – ripete l’onorevole Mura -. Abbiamo già avuto critiche, anche pesanti, ma non ci arrendiamo. L’importante è non sia più un tabù. Il testo, certo, può essere migliorato, ampliato, corretto. Non so se arriveremo all’approvazione in questa legislatura, viste le priorità in agenda. Un primo risultato – continua la deputata – però lo abbiamo ottenuto, comunque vada a finire prima delle elezioni: questo argomento, di estrema importanza per milioni di donne, è uscito da una cerchia ristretta di discussione ed è arrivato all’attenzione della politica”.
Che cosa prevede il disegno di legge italiano per il congedo mestruale
Il disegno di legge, nella bozza originaria, è semplicissimo. Ha un solo articolo, declinato in sei commi. La donna che soffre di mestruazioni dolorose – è il perno della proposta – ha diritto a un congedo per un massimo di tre giorni al mese. Il disturbo dovrà essere certificato da un medico specialista e l’attestazione andrà rinnovata, e presentata, di anno in anno. Le lavoratrici costrette a stare a casa riceveranno una indennità pari al 100 per cento della retribuzione giornaliera e i giorni di permesso per il ciclo non potranno essere equiparati ad altre cause di assenza dal lavoro, a cominciare dalla malattia.
Quali categorie di donne potranno usufruire del congedo mestruale
La possibilità di chiedere e avere questa licenza sarà data alle donne con contratti di lavoro subordinato o parasubordinato, a tempo pieno o parziale, a tempo indeterminato, a tempo determinato e a progetto, “nel settore privato – viene aggiunto a voce – così come nel settore pubblico”.
Chi dovrà pagare le assenze retribuite?
Dice ancora l’onorevole Romina Mura: “In teoria, almeno per le lavoratrici iscritte all’Inps, dovrebbe essere l’Istituto nazionale di previdenza. Ma nel testo non lo abbiamo scritto, perché nella nostra proposta c’è spazio per integrazioni e miglioramenti. Tutti, a cominciare dal mondo imprenditoriale e dal sindacato, possono dare il loro apporto e il loro contributo. L’importante – torna a evidenziare la deputata – è aver cominciato a porre la questione e con un disegno di legge, non in astratto”.
Il rischio di discriminazione
Anche la parlamentare dem riconosce che un rischio in più esiste, legato al congedo per mestruazioni dolorose. I datori di lavoro, in un mercato già condizionato da altre variabili, potrebbero essere orientati a scegliere di assumere personale maschile e non femminile, a parità di titoli e di competenze. “La sperimentazione messa in atto da un’azienda di di Bristol, la Coexist – incalza la deputata – dimostra che il discorso si può capovolgere: dopo il ciclo, le donne sono molto più produttive. E, va da sé, una ulteriore, possibile discriminazione deve essere evitata”.
I dati sulle assenze dal lavoro per dismenorrea
“In Italia – ricordano le quattro deputate, nella presentazione del ddl – i dati sulla dismenorrea sono allarmanti: dal 60 per cento al 90 per cento delle donne ne soffrono durante il ciclo mestruale e questo causa alti tassi di assenza dal lavoro: dal 13 per cento al 51 per cento nella scuola e dal 5 per cento al 15 in altri comparti”.
All’estero il congedo per il ciclo è già previsto
All’estero, in alcuni stati e in alcune aziende, la licenza per mestruazioni già c’è. “La Nike – esemplificano le deputate – ha inserito il permesso mestruale nel proprio codice di condotta sin dal 2007. In Giappone alcune aziende avevano adottato il «seirikyuuka », il congedo, addirittura nel 1947. Un anno dopo la stessa pratica era stata introdotta in Indonesia. Più recentemente la licenza per le donne che soffrono di dismenorrea è stata prevista anche in Sud Corea (nel 2001) e a Taiwan (nel 2013)”.
Dall’estremo Oriente alla vicina Gran Bretagna
“In Oriente – continuano le onorevoli – esiste la credenza che se le donne non si riposano nei giorni del ciclo avranno poi numerose difficoltà durante il parto: il permesso, dunque, è vissuto come una forma di protezione della nascita”. Alla Coexist di Bristol, dove le impiegate usufruiscono del congedo e tutto fila via liscio , “hanno valutato che appena finito il ciclo le donne sono tre volte più produttive”.