La nostra intervista a Camilla Costanzo, scrittrice e sceneggiatrice, che insieme a Giusy Vitale, prima donna capomandamento della mafia, ha scritto il libro Ero cosa loro. L’amore di una madre può sconfiggere la mafia (Mondadori).
Perchè?
Giusy Vitale ha un anno più di me e quando io discutevo la mia tesi di laurea, lei era già a capo di un mandamento. Era stata la prima donna a ricoprire questo incarico nella storia della mafia. Mi sono chiesta quanto condizioni nelle scelte della vita la provenienza sociale e culturale. Lei era sorella di due boss e, per gran parte della vita, ha pensato che la sua fosse l’unica strada possibile. Non sono un’esperta di mafia e quello che volevo poter raccontare era la storia di una donna che avesse fatto scelte tanto diverse dalle mie. Non sapevo che ne sarebbe nato un libro, tutto dipendeva da come sarebbe andato il nostro incontro. L’idea di farne un libro è venuta dopo, quando abbiamo conquistato l’una la fiducia nell’altra.
Giusy e il suo essere donna: si accordava con il suo ruolo?
Quando i fratelli di Giusy erano in carcere hanno fatto una riunione per decidere chi avrebbe guidato il mandamento in loro assenza ed hanno deciso che lei era l’unica a cui poter dare questo compito. Secondo Vito e Leonardo Vitale, Giusy sarebbe stata perfettamente in grado di assolvere a questo compito. Era brava, fidata e naturalmente predisposta al comando. Da loro, fin da piccola, è stata cresciuta come un maschio ed il fatto che non lo fosse, a quel punto, non faceva differenza. Credo che la gestione del potere non sia una questione di sesso, ma di carisma e di volntà. E lei li possedeva entrambi. Giusy Vitale ha svolto il suo lavoro al pari di una donna che lavora e cresce dei figli.
La mafia fornisce potere alle donne e magari sostiuisce il potere che le donne non hanno?
All’interno della mafia le donne hanno un ruolo fondamentale. Hanno il compito di educare i figli alla cultura mafiosa e sono loro a cui viene affidato, quando i mariti sono in carcere, il compito di portare i messaggi (i famosi “pizzini”) a quelli che sono fuori. Diventano le gambe e le braccia dei mariti. Alle donne non vengono rivelati segreti ma a loro viene chiesto di agire senza chiedere spiegazionie e, in questo, sono delle perfette alleate. Nel caso di Giusy Vitale si è andati oltre questo, perchè lei, oltre continuare i “normali” lavori come riscuotere il pizzo, gestire gli appalti e portare messaggi ai capi fuori, doveva anche prendere decisioni e, per farlo, doveva sapere cose che altrimenti gli sarebbero state nascoste.
Giusy Vitale è stata, per anni, la più grande alleata dei fratelli ma si è poi trasformata nella loro più grande nemica. L’esperienza del carcere le ha aperto porte che non immaginava esistessero e, solo nella reclusione, ha cominciato a sentirsi libera, a capire che la sua vita era sempre appartanuta a qualcun’altro tranne che a lei. Riprendere in mano la sua vita, ritrovare la propria identità unito al fatto di essere madre le ha consentito di prendere le distanze dai fratelli e dall’associazione mafiosa. Forse la vera differenza fra l’uomo e la donna, nella mafia, è proprio la maternità. Nel caso di Giusy Vitale i figli sono stati detrminanti nel percorso che l’ha portata al pntimento. Un giorno il figlio più grande è venuto a colloquio in carcere e le ha chiesto: “Mamma, cosa vuol dire associazione mafiosa?”. Lei ha potuto solo rispondergli che la mafia è una cosa brutta, che sono uomini che comandano su altri uomini e che lui se ne doveva tenere sempre lontano. Quella domanda ha portato Giusy Vitale dov’è ora. L’ha portata verso una strada che le consenta di offrire ai suoi figli un’alternativa vera alla mafia. Ad offrire loro un futuro.
Camilla Costanzo, Giusy Vitale
Ero cosa loro. L’amore di una madre più sconfiggere la mafia
Mondadori
pagine 167
euro 17,00