Cosa si intende per elettrificazione?
«È un concetto molto semplice. Si intende l’impiego di elettricità ottenuta da fonti rinnovabili (come l’eolico e il solare) per usi domestici, come il riscaldamento e il raffreddamento delle nostre case e dei nostri uffici, per la mobilità pubblica e privata, per i processi industriali e per tutte quelle attività che finora svolgiamo usando energia ricavata dalla combustione di gas e carbone» spiega Nicola Lanzetta, Direttore Italia Gruppo Enel.
Perché se ne parla proprio adesso?
«Di elettrificazione si parla già da tempo, ma ora la questione è diventata più urgente. Il passaggio all’elettricità “pulita” è essenziale per combattere i cambiamenti climatici» spiega Nicola Lanzetta. «Bruciando combustibili fossili, aggiungiamo enormi quantità di gas serra a quelli presenti naturalmente nell’atmosfera, aumentando così il riscaldamento globale. A provocare più danni è il consumo di carbone, petrolio e gas. Nel 2019, secondo il Global Energy Perspective 2019 di McKinsey, le fonti fossili erano responsabili dell’83% delle emissioni totali di CO2 e la sola produzione di elettricità con il carbone incideva per il 36%. Non va poi dimenticato che alla Cop26 di Glasgow, del 2021, è stato sancito l’impegno a raggiungere entro il 2050 la cosiddetta “Carbon Neutrality”, ovvero azzerare le emissioni di anidride carbonica entro il 2050».
Che impatto ha sull’economia?
«L’elettrificazione è decisiva per il Paese: si creeranno posti di lavoro grazie alla costruzione di nuovi impianti. E per tutti noi, perché comporta risparmi in bolletta: tecnologie come le pompe di calore impiegano meno energia per assolvere alla stessa funzione di impianti alimentati a gas e hanno bisogno di una manutenzione minore. Ma c’è dell’altro: passando all’elettricità ottenuta da fonti rinnovabili potremmo essere indipendenti da Paesi come la Russia, l’Algeria e la Libia, da cui oggi siamo obbligati a comprare gas a prezzi tutt’altro che convenienti» dice Lanzetta.
Quanta energia elettrica consumiamo in Italia?
«In Italia consumiamo un’importante quantità di energia elettrica, circa 320 TWh all’anno. Per dare un’idea di che cifra stiamo parlando, basti pensare che un TWh corrisponde a un miliardo di KWh e che una famiglia media italiana in un anno consuma circa 2.700 KWh. A oggi di questi 320 TWh il 15% lo compriamo all’estero, per esempio dalla Francia, che produce principalmente energia nucleare; l’85% viene prodotto in Italia, la metà del quale da centrali a gas. Ovviamente con la transizione energetica il consumo di energia elettrica aumenterà» spiega Lanzetta.
Come verrà prodotta tutta questa energia elettrica?
«Già oggi il 40% dell’energia elettrica usata nel nostro Paese è ottenuta da fonti rinnovabili. In primis con l’idroelettrico e il geotermico, in cui l’Italia ha una grande tradizione, poi con i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche. Per arrivare a produrre solo energia “pulita” dovremmo chiudere le centrali a carbone – noi come Enel lo faremo entro il 2025 – e aumentare il fotovoltaico, ricoprendo i vecchi impianti di pannelli solari e costruendone di nuovi. In Italia non mancano né lo spazio né il sole. Creare un impianto eolico, invece, è più complesso: solo per l’installazione c’è bisogno di almeno un anno di studio per verificare il vento e la sua forza. Ma alla transizione potrebbe presto contribuire anche lo sviluppo di “nuove energie” come la forza di mari e oceani, un’enorme riserva energetica quasi inutilizzata con un potenziale inesauribile. E l’idrogeno green, quello prodotto dall’acqua e non dal metano, come facciamo già adesso» continua Nicola Lanzetta.
In quali settori viene già impiegata quest’energia “pulita” e in quali sarà utilizzata in futuro?
«La usiamo già nei trasporti “leggeri”, ovvero bici e auto elettriche, e nelle nostre case, con le pompe di calore» spiega Nicola Armaroli, Dirigente di ricerca del CNR. «Due utilizzi che ci permettono di consumare 4-5 volte meno di energia per ottenere lo stesso servizio. Perché bruciare è un processo inefficiente: basta pensare che di 10 litri di benzina che mettiamo nella nostra auto, solo 2,5 servono per muovere le ruote. Il resto viene sprecato come calore all’interno del motore. In futuro, ma ci vorranno almeno 10 anni, utilizzeremo l’energia “pulita” anche nell’industria: per esempio, le acciaierie saranno alimentate a idrogeno».
Cosa cambierà nella nostra vita quotidiana?
«La nostra vita sarà semplificata e cambierà in tante, piccole cose. Per esempio, nel modo di cucinare: con i fornelli a induzione risparmieremo tempo, soldi e fatica. Il piano è più facile da pulire perché la superficie è liscia, la cottura è più uniforme grazie alla distribuzione omogenea del calore, il rendimento è superiore al 90% contro il 40-50% del gas a causa della dispersione termica. Anche le pompe di calore hanno molti vantaggi: possiamo riscaldarci e rinfrescarci con un unico impianto, si ha una riduzione dei consumi di 3-4 volte rispetto al gas, si diminuiscono i costi di gestione, si aumenta il valore dell’immobile. Se poi l’elettricità necessaria all’abitazione è prodotta da fonti rinnovabili, come per esempio i pannelli solari che ho messo a casa mia, il risparmio diventa ancora più consistente. E le auto? Potremo dire addio a benzinai e meccanici: la manutenzione dell’auto elettrica è minima perché è una batteria con le ruote: non ci sono filtri da cambiare, olio da rabboccare» spiega Armaroli.
Energia elettrica significa batterie, appunto. Lo smaltimento non rischia di far aumentare i rifiuti inquinanti?
«No, già adesso le batterie sono completamente riciclabili: sia l’involucro che è fatto di alluminio o acciaio, sia l’interno, la batteria vera a propria, che contiene minerali come il litio, il nichel, il manganese, il cobalto, la grafite. Le batterie delle macchine sono molto grandi e necessitano di circa 100 chili di questi materiali preziosi, ma il “pieno” si fa una volta sola: la batteria dura l’intera vita dell’auto. Tutte le volte che facciamo il pieno in una macchina tradizionale, invece, ci mettiamo 50 litri di benzina. Quindi, il petrolio è un’economia lineare: devo continuare a estrarlo all’infinito. Mentre il litio è un’economia circolare: lo estraggo una volta sola e poi lo riciclo e lo riutilizzo» spiega Armaroli del CNR. «A mio avviso, il problema legato alle batterie non è tanto l’inquinamento né il costo, che si sta già abbassando, ma la capacità dell’Europa di produrle e di farlo velocemente, in modo da soddisfare la richiesta crescente e renderci indipendenti dai grandi produttori attuali, come Cina e Corea».
Le auto elettriche sono più care. E mancano le colonnine di ricarica. Come si risolvono questi due problemi?
«Che il costo delle macchine green sia più alto è vero, soprattutto se si parla di modelli economici in cui il differenziale si aggira intorno al 30-40%. Ma, anche se si spende un po’ di più all’acquisto, si risparmia dopo: ricaricando a casa con l’apposita presa, il “pieno” costa la metà. Se ricarichi a una colonnina, il risparmio si aggira tra il 20 e il 30%. In più, i prezzi stanno già scendendo perché, come è successo per gli smartphone, quando un bene inizia a diffondersi, i costi calano. E la buona notizia è che entro il 2025 i prezzi delle auto elettriche saranno uguali a quelli delle auto a combustione. Per quanto riguarda invece le colonnine, i dati dicono tutt’altro: l’Italia, con 36.772 punti di ricarica al 31 dicembre 2022, è il Paese d’Europa con il maggior numero. Cresce anche la qualità delle infrastrutture. Nel 2022 è triplicata quella dei punti ultraveloci (passata dall’1% del 2021 al 3,1) che, grazie a una potenza oltre i 150 kW, permettono di “fare il pieno” in poco tempo, tra i 15 e i 40 minuti. Ma ovviamente si può fare di più: bisognerebbe creare stazioni di ricarica pubbliche nelle zone più periferiche delle città, mettere le colonnine nei parcheggi dei luoghi di lavoro, dei supermercati, dei luoghi di aggregazione, attrezzare parte dei lampioni in strada con prese ad hoc a cui potersi attaccare, come succede già in altri Paesi» conclude Armaroli.
Quanto tempo ci vorrà per usare solo energia elettrica “pulita”?
«L’Italia è sulla buona strada. Se continuiamo così, arriveremo molto prima del 2050 a usare solo energia elettrica “green”. Anzi, azzardo una previsione: già nel 2030, che è dietro l’angolo, secondo me riusciremo a produrre l’85% della nostra energia elettrica con fonti rinnovabili. Il merito è certo della tecnologia che fa passi avanti, ma anche della nostra sensibilità: gli italiani hanno capito che dotarsi di sistemi fotovoltaici conviene. Lo dicono i numeri: sono stati installati più di 200.000 impianti nel 2022 e 60.000 in questi primi mesi del 2023» conclude Nicola Lanzetta di Gruppo Enel.