Il mondo si sta riscaldando sempre più. Di conseguenza, sta diventando un luogo ancora più ospitale per le zecche che trasportano i batteri che causano la malattia di Lyme. Questi parassiti prosperano a temperature pari o superiori a 7,2 gradi centigradi e con un’umidità pari o superiore all’82 per cento. Per loro, più il clima è caldo e umido e meglio è. I cambiamenti climatici, che provocano inverni più brevi e miti ed estati e primavere più lunghe e più calde, stanno facendo in modo che, sul nostro pianeta, i luoghi più idonei al proliferare delle zecche diventino sempre più numerosi.
Zecche, i cambiamenti climatici le fanno proliferare o morire
Tuttavia, sempre i cambiamenti climatici stanno rendendo alcune parti del mondo meno ospitali per questi parassiti. Le condizioni meteorologiche estreme portano a siccità, che fa seccare e morire le zecche, e alla mancanza di copertura nevosa, di cui la specie ha bisogno per isolarsi mentre trascorrono l’inverno sepolte sotto la copertura delle foglie.
I cambiamenti climatici possono, quindi, rappresentare un vantaggio o uno svantaggio per quanto riguarda il proliferare delle zecche, la cui sopravvivenza è legata al caldo e all’umidità.
Malattia di Lyme: cambiano le zone dove è diffusa
Il fenomeno al quale si sta assistendo è un cambiamento delle zone nelle quali vivono le zecche che provocano sindromi come la malattia di Lyme. Questa patologia è molto diffusa negli Stati Uniti d’America, dove colpisce più di 475mila persone ogni anno. Ultimamente, però, gli esperti hanno notato una diffusione dell’infezione anche in zone dove prima non venivano registrati così tanti casi.
Casi di malattia di Lyme registrati anche in Norvegia
«Stiamo osservando che la zecca si sta spostando maggiormente verso il Canada, e le temperature più elevate sembrano essere un fattore chiave», ha spiegato al Time il dott. Vishnu Laalitha Surapaneni, assistente professore di medicina interna presso la University of Minnesota Medical School. Ha aggiunto: «Vediamo anche casi di malattia di Lyme in Norvegia, così come nell’Artico». Inoltre, si allarga il periodo di azione delle zecche. «Abbiamo registrato casi di malattia di Lyme già all’inizio di maggio, che è troppo presto», ha aggiunto Surapaneni, «inoltre, i miei colleghi hanno visto casi fino a dicembre».
Zecche, ecco dove sono più diffuse in Italia
L’espansione delle zecche in alcune parti degli Stati Uniti va di pari passo con la loro moria in altre. E così succede anche nel resto del mondo. In Italia, secondo quanto si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, le Regioni dove in passato si sono registrati sporadici casi di malattia di Lyme sono il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, il Veneto, l’Emilia Romagna, il Trentino Alto Adige, mentre nelle Regioni centro meridionali e nelle isole le segnalazioni sono sporadiche.
Come proteggersi dalle zecche
Per gli esseri umani, le implicazioni non cambiano: se vivi in un’area che potrebbe ospitare le zecche, fai attenzione. «Assicurati di avere i pantaloni infilati nei calzini quando vai a fare una passeggiata nelle aree boschive», dice Surapaneni. Aggiunge: «Usa un repellente per insetti. Controlla te stesso e anche i tuoi cani o altri animali domestici, perché potrebbero raccogliere le zecche quando escono. Dopo essere uscita, fai una doccia e assicurati di rimuovere eventuali zecche. Hanno bisogno di attaccarsi a te per un paio di giorni prima che inizino a diffondere la malattia».
Malattia di Lyme: i sintomi e come curarla
Essere attenti ai sintomi della malattia di Lyme è importantissimo. Febbre, brividi, mal di testa, affaticamento, dolori muscolari e articolari, linfonodi ingrossati e una caratteristica eruzione cutanea, che può assomigliare a un occhio di bue, non devono passare inosservati. Anche essere curati, in genere con un ciclo di antibiotici da due a quattro settimane, è vitale. Mentre il cambiamento climatico potrebbe diffondere le zecche in alcuni luoghi e sopprimerle in altri, non c’è dubbio che la malattia è qui per restare. «È importante che la gente sappia come comportarsi», afferma Surapaneni, «e che lo siano anche i dipartimenti di sanità pubblica che potrebbero non aver mai visto un caso di Lyme nella loro zona».