Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Communications dall’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA), l’inquinamento delle acque è causato principalmente dalla cattiva gestione dei rifiuti solidi urbani, platiche in primis.
I rifiuti solidi urbani, comunemente chiamati «spazzatura» o «immondizia», sono costituiti da oggetti di uso quotidiano scartati dalle persone e includono scarti alimentari, carta, cartone, plastica, tessuti, vetro, metalli.
Inquinamento idrico, la mappa delle aree più colpite
I ricercatori hanno creato una mappa delle località più colpite e delle regioni in cui si prevede che la qualità dell’acqua sarà pessima in futuro. Preoccupante la situazione in Cina, Sud America e Asia meridionale.
«Il nostro studio dimostra che la maggior parte delle perdite di rifiuti solidi urbani negli ambienti acquatici si verificano in Africa, Cina, India e Asia meridionale. È necessario iniziare a concentrarsi sul miglioramento dei sistemi di gestione dei rifiuti in queste aree», afferma Adriana Gomez Sanabria, ricercatrice del Pollution Management Research Group dell’IIASA Energy, Climate, and Environment Program.
Produzione dei rifiuti, stime preoccupanti
Senza un’azione urgente, stima il rapporto «What a Waste 2.0» della Banca Mondiale, i rifiuti globali aumenteranno entro il 2050 del 70% rispetto ai livelli attuali con gli esperti dell’Unep (UN Environment Programme) che prevedono un’impennata nella produzione di rifiuti, che potrebbe passare dai 2,3 miliardi di tonnellate del 2023 a 3,8 miliardi di tonnellate entro il 2050.
Cattiva gestione e inquinamento delle acque
Attualmente, gran parte dei rifiuti viene gestita male e dispersa, inquinando i corsi d’acqua e gli oceani di tutto il mondo.
«Valutazioni globali suggeriscono che nel 2010 sono stati generati 275 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica in 192 paesi costieri, di cui tra l’1,75% e il 4,61% è finito nell’oceano – scrivono i ricercatori -. Nel 2019, 1000 fiumi sono stati responsabili dell’80% delle emissioni globali annuali di plastica nell’oceano, con una media di 1,75 milioni di tonnellate all’anno».
«I rifiuti terrestri sono stati identificati come la principale fonte di quelli marini (di cui l’80% è costituito da plastiche). Sebbene esistano iniziative per impedire che la plastica entri negli oceani, senza adeguati sistemi di gestione è impossibile fermare la fuoriuscita di rifiuti nei nostri ecosistemi».
Il documento sottolinea che Cina, Asia meridionale, Africa e India saranno responsabili di circa il 70% delle possibili perdite nei corsi d’acqua.
Azioni mirate per ridurre i rifiuti
«La nostra analisi dimostra che c’è un’urgente necessità di stabilire un quadro standardizzato per monitorare la produzione, la composizione e i flussi di rifiuti», afferma il coautore dello studio Florian Lindl, ricercatore presso l’IIASA Pollution Management Research Group. «Questo quadro dovrebbe aiutarci a monitorare l’efficacia delle azioni, tra cui misure politiche, economiche e tecnologiche volte a migliorare i loro sistemi di gestione».
«Dobbiamo capire che la funzione primaria dei sistemi di gestione è quella di proteggere la salute umana e l’ambiente», conclude Sanabria. «Come creatori della crisi dei rifiuti, dobbiamo assumerci la responsabilità di cambiare il nostro comportamento per ridurre i consumi attraverso pratiche di rifiuto, ripensamento e riutilizzo».