Alimentazione corretta
Un’ alimentazione corretta ed equilibrata costituisce un valido presidio a difesa dello sviluppo di molte patologie. Spesso, invece, sia nei bambini che negli adulti, gli stili alimentari sono influenzati da falsi miti e informazioni imprecise. L’informazione è per questo fondamentale, unita al confrontarsi con uno specialista quando si vuole fare una dieta o curare in maniera specifica l’alimentazione. Abbiamo messo insieme un po’ di domande sull0’alimentazione e le abbiamo girate al medico-nutrizionista Dott. Antonio Pacella per cercare di vederci chiaro.
Come faccio a sapere se il mio peso è corretto?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fissato i criteri per classificare il peso (e quindi anche i gradi di obesità) utilizzando il sistema dell’Indice di Massa Corporea (IMC o Body Mass Index BMI in inglese). Per calcolarlo occorre dividere il peso in Kg per l’altezza in metri elevata al quadrato (utilizzando solo i primi due decimali, per comodità). Ad esempio, se il peso è 82 Kg e l’altezza 1,67 m si otterrà: 82: (1,67 x 1,67) = 82 : 2,78 = 29,4.
La distinzione in gradi al di fuori dell’ambito della normalità è dovuta al diverso impatto che i rischi legati al peso hanno sulla salute.
Alimentazione durante il ciclo mestruale
Come sapere quale è il peso ideale?
Non esiste un valore numerico predefinito o assoluto che corrisponde ad un peso “ideale”. Per definire il peso “ragionevole” (cioè quello più adatto al singolo individuo) occorre tenere presente diversi fattori: età e sesso, tipo di lavoro e di attività fisica globale, storia del peso, patologie associate, struttura e composizione corporea. In linea di massima è facile che questo peso non coincida tassativamente con le tabelle spesso pubblicate su varie riviste (tabelle che fanno riferimento, di solito, a dati statistici, spesso di popolazioni diverse da quella italiana e che non si riferiscono a singoli individui reali). Nei soggetti non obesi tende a coincidere col peso mantenuto più a lungo, senza sforzo ed in stato di buona salute dopo i 20 anni, consentendo qualche oscillazione in più o in meno nel corso del tempo.
Come mantenere il peso ottenuto dopo una dieta?
Spesso capita che dopo aver perso un tot di peso, appena si allenta l’attenzione alla dieta si tende a recuperare tutto il peso perduto. Quella appena descritta è definita Sindrome dello Yo-yo (o Weight Cycle Sindrome WCS degli anglosassoni), caratterizzata da cali di peso per effetto di restrizione alimentare e successivo recupero di gran parte – spesso di più – di quanto perso, ed è la conseguenza della mancata comprensione del termine DIETA. Con tale parola, infatti, si intende non un regime a ridotto contenuto di cibi, bensì un concetto di “stile di vita globale” nel quale l’alimentazione (controllata ma non completamente ed esclusivamente penalizzata = stile alimentare adeguato) gioca un ruolo alla pari assieme all’attività fisica (= stile di vita attivo) ed ai comportamenti individuali, sociali ed emotivi (= stile di vita consapevole). In questa maniera i cambiamenti messi in atto con l’inizio di una “dieta” si traducono in modifiche durature che mantengono il peso stabile nel tempo e la qualità di vita a buoni livelli.
Viceversa le diete troppo rigide e “strette”, svincolate da regole collaterali, portano a cali di peso anche rapidi (che soddisfano nell’immediato) ma con danni maggiori a carico della componente magra del corpo piuttosto che a riduzione complessiva di quella grassa. Inoltre, mancando l’adattamento dell’organismo alle modifiche, perché troppo rapide, si assiste ad un altrettanto veloce recupero di peso, tutto a carico della massa grassa questa volta. In pratica è come cadere dalla padella nella brace.
Perchè mangiamo?
Eliminare carboidrati o saltare i pasti fa dimagrire?
Entrambi i comportamenti sono errati. Nel primo caso la mancanza di carboidrati nell’alimentazione comporta l’utilizzo delle proteine (e quindi di massa magra) come fonte energetica: le nostre cellule utilizzano glucosio (il costituente ultimo dei carboidrati) come carburante per svolgere le proprie funzioni ed in mancanza di esso è più agevole trasformare le proteine in glucosio prima di arrivare ad intaccare le riserve adipose. Se poi si pensa che il maggior consumo di calorie avviene grazie ai muscoli si arriva al paradosso che ci si auto-distrugge lo strumento che serve per “bruciare” le riserve. È un po’ come bruciare lo scafo della barca a vapore nella caldaia per farla andare avanti!
La seconda modalità, invece, fa sì che da un lato si posticipi l’introduzione di cibo per un periodo più o meno prolungato, col risultato che il senso di fame aumenta in maniera a volte incontrollato e porta ad esagerare in voracità e quantità al pasto successivo (quando non facilita lo smangiucchiamento fuori pasto); inoltre, l’organismo si abitua a periodi più o meno lunghi durante i quali non gli arrivano sostanze dall’esterno ed impara a “mettere in riserva” tutto ciò che viene introdotto, riducendo i consumi (scala cioè la marcia per consumare meno carburante). Nessun alimento è, di per sé, “ingrassante “ o “pericoloso”: sono il corretto equilibrio dei componenti e le quantità non eccessive a consentire cali ponderali armonici e ben tollerati dall’organismo.
Quale dieta è più valida?
La maggior parte delle diete “commerciali” è caratterizzata da proposte di volta in volta bizzarre, incongrue, rigide, esotiche, pseudo-scientifiche, … e chi più ne ha più ne metta. Molte possono diventare pericolose per la salute se vengono seguite per tempi prolungati, altre rappresentano solo degli esborsi economici per il tipo di alimenti suggeriti, altre ancora finiscono con l’isolare la persona dal resto della famiglia per l’estrema diversità del tipo di cibi da consumare. In ogni caso sono spesso diete impersonali che non rispondono alle reali esigenze delle diverse persone ed a quelle della gestione quotidiana di chi le deve applicare. Una dieta corretta è quella equilibrata, varia, personalizzata per il soggetto che la deve applicare, inserita in un programma di cambiamento della stile di vita (ritmi dei pasti, attività fisica, controllo dei comportamenti alimentari emotivi, …) e tale da poter essere mantenuta nel tempo senza grandi difficoltà. In tale dieta non esistono alimenti da escludere a priori, né sostanze ad effetto miracoloso: il modello di riferimento proposto dalle principali società scientifiche del settore è quello che ricalca lo stile alimentare mediterraneo, con pasti frazionati, buona quantità di carboidrati complessi (altamente sazianti), apporti proteici adeguati (né troppo, né troppo poco), lipidi rappresentati in maniera equilibrata (dai saturi ai mono- e poliinsaturi in giusto rapporto tra di loro), abbondanza di vegetali (fonti di fibra, minerali e vitamine antiossidanti).
Cosa mangiare dopo i 65 anni?
Si possono usare farmaci per dimagrire?
La decisione di inserire o meno un farmaco per aiutare l’organismo a perdere peso spetta al medico, che valuta la situazione clinica del paziente ed i rapporti costi/benefici dell’utilizzo, analogamente a quanto accade quando si prescrive un qualsiasi altro farmaco. I medicinali per l’obesità non sono bacchette magiche in grado di ottenere risultati eclatanti con poco sforzo, né sono innocue panacee che servono per sostenere moralmente uno sforzo di volontà: sono molecole che interferiscono con le funzioni dell’organismo e come tali vanno trattate, sapendo che accanto agli effetti positivi per cui vengono usate ne hanno anche dei nei negativi, per cui devono essere “maneggiate con cura”. Gli unici prodotti farmacologicamente attivi nei confronti dell’obesità sono la sibutramina e l’orlistat. Altre molecole usate in passato sono state abbandonate per le ripercussioni sulla salute. Occorre fare attenzione soprattutto alle tante preparazioni galeniche ancora prescritte da medici poco seri che contengono estratti tiroidei (fanno perdere massa magra, cioè muscolo, e non quella grassa), diuretici (che eliminano liquidi e non grassi, quindi “asciugano” ma non fanno dimagrire) ed anfetamine (tolgono la fame, che si ripresenta amplificata quando vengono sospese): l’uso associato di tali sostanze è vietata dal Ministero della Salute. E’ fondamentale affidarsi a un medico serio.
Come abbassare il colesterolo?
Il colesterolo è una molecola importante dell’organismo, che lo produce regolarmente. Una parte, però, arriva dall’esterno con gli alimenti ed è proprio questa frazione che può essere modificata quando si cerca di ridurne i livelli circolanti. Il motivo per cui occorre mantenerne bassi i quantitativi nel sangue è legato al fatto che depositandosi sulle pareti dei vasi sanguigni li occlude. Alla base della terapia ipolipemizzante sta il controllo dell’alimentazione: solo in caso di mancata risposta a tale approccio ci si indirizzerà ad un farmaco che, nel caso del colesterolo, è rappresentato da molecole del gruppo delle statine. L’uso di tali terapie richiede che comunque l’alimentazione rimanga controllata e che si effettuino periodicamente esami, per valutare sia l’efficacia della terapia intrapresa, sia l’assenza di effetti collaterali sul fegato e sull’apparato muscolare. In commercio si trovano anche prodotti a vendita libera, definiti “attivi per abbassare il colesterolo”: lecitina e derivati da erbe. Si tratta di sostanze ad azione più da integratore che da farmaco vero e proprio, che possono risultare utili solo in caso di anomalie di lieve entità. Gli omega3 (contenuti nell’olio di pesce e con molteplici effetti positivi per l’organismo), invece, hanno solo modesti effetti sul colesterolo, mentre sono più attivi nei confronti di un altro tipo di lipidi circolanti, i trigliceridi.
Dimagrire aiuta a non russare?
L’obesità è responsabile di una minor efficienza dei muscoli respiratori e della lassità della mucosa del retro-faringe: si creano pertanto le condizioni per il russamento (da maggior vibrazione delle fauci) e per il deficit di ossigenazione del sangue (da minor escursione dei muscoli respiratori associata a fasi di “blocco” del respiro = apnee). La scarsità di ossigeno che arriva al cervello rende scadente la qualità del sonno, con conseguente senso di stanchezza al risveglio e tendenza all’assopimento durante il giorno. Ciò diventa particolarmente pericoloso quando si guida: vi è, infatti, una stretta correlazione tra le apnee notturne ed il rischio-incidenti. Il calo di peso migliora l’efficienza dei muscoli intercostali e riduce lo scivolamento mucoso faringeo, consentendo di ossigenare adeguatamente il cervello e di ripristinare un ritmo sonno-veglia corretto ed adeguato.
Se c’è inappetenza cosa si può mangiare?
Innanzitutto occorre chiarire la causa che genera “inappetenza”, poiché se alla base dello scarso desiderio di mangiare c’è una malattia occorre trattarla per risolvere il problema. Nelle persone adulte, sovente, alcuni stati emotivi possono interferire con il senso della fame riducendolo, ma anche diverse patologie hanno tra i loro sintomi caratteristici l’inappetenza (dalle malattie respiratorie a quelle renali o neoplasiche). Se compare nell’anziano si tratta, di solito, di una somma di cause intrecciate tra di loro. In ogni caso occorre proporre cibi appetibili ma digeribili (= poco elaborati), variati, di aspetto e colore invitante, ben presentati nel piatto, di odore gradevole e comunque non forte, alla temperatura adeguata e, soprattutto, scelti tra quelli graditi a chi li deve mangiare. Anche il luogo dove servire il pasto dovrà essere adatto: tranquillo e senza distrazioni, lontano da persone che svolgano altre attività, comodo. Chi assiste ed aiuta durante il pasto dovrà fare attenzione a rispettare i ritmi del soggetto, assecondando e stimolando in giusta misura, proponendo bocconi adeguati alla capacità di chi è assistito, evitando di distrarsi o di creare distrazione, frazionando la distribuzione durante la giornata anche attraverso alcune merende. Può essere opportuno arricchire in senso calorico e proteico le preparazioni, sia con aggiunte di alimenti (parmigiano, crema, …), sia con addizione di integratori del commercio (solo proteici, solo a base di carboidrati, completi ed aromatizzati) liquidi o in polvere.