Sola all'improvviso

LA SOLITUDINE

“Non a te, ma a me: perché io?” Questo è il doloroso interrogativo che nasce dagli abissi del cuore quando si deve affrontare una malattia ed è questa condizione a far alzare una barriera fra sé e gli altri. All’improvviso tutto è diverso; niente ha più lo stesso sapore e ci si trova catapultati in un deserto dell’anima, soli anche in mezzo alla folla. Anche fra chi si ama molto comunicare durante un momento di sofferenza non è facile e necessita di un linguaggio nuovo, da imparare di nuovo. La solitudine, tuttavia, costituisce anche una risorsa e sentirla significa iniziare a nutrire il coraggio per scendere nel proprio mondo interiore, percepirsi da dentro. È tempo di tornare a se stessi.

Le piccole cose

L’IMPORTANZA DEL BANALE

Durante la malattia la banalità, nel senso più bello del termine, cambia pelle e diventa preziosa. Francesca Del Rosso in Wondy, ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro, scrive: «Si crede che dopo la malattia tutto cambi radicalmente. Falso: per vincerla devi amare alla follia la vita di sempre. Devi rimanere te stessa». Un pomeriggio insieme a chi si ama, ridere di niente, osare una piccola pazzia sono gocce di una medicina incredibilmente potente: il coraggio di riprendersi in mano la propria vita. Quando il mondo all’improvviso traballa, si può scoprire di avere un’anima danzante.

La consapevolezza

LA PAURA

Esiste, è un brivido freddo e arriva all’improvviso come una morsa che toglie il respiro: a volte si impiegano anni per dimenticare la propria paura, eppure si tratta di un’emozione fondamentale, nascosta nel cuore di ogni essere umano. A prescindere dall’età, non si è mai troppo adulti per esserne esenti, perché non è possibile immunizzarsi contro le emozioni. Affrontare con grinta una malattia non significa dover sorridere costantemente o evitare i momenti di tristezza: ci saranno, così come accadono i giorni in cui tutto sembra nero e irrimediabile. Accettare di calarsi, con coraggio, nel magma di ciò che si prova è la vera svolta, la chiave per un cambiamento perché la consapevolezza è lo sguardo in grado di fare una differenza rispetto a subire o sfidare la malattia. Da Il culto dell’emozione di Michel Lacroix si legge: «A rodere gli uomini non sono i sentimenti che essi provano, ma quelli che rifiutano di provare». Vedere la propria sofferenza è una scelta di immenso coraggio.

Gli amici veri

IL SAPORE DI UNA RISATA

Gli amici sono la spalla su cui piangere, ma anche le persone capaci di scatenare una risata che viene dalla pancia, organizzare sorprese, aggiungere il pepe delle piccole stupidaggini in grado di rendere preziosa anche una giornata nera. Gli amici veri spesso sono pochi: non è solo una malattia ad allontanare due persone, ma anche un matrimonio, un figlio o semplicemente il fatto puro e semplice che la vita cambia, incessantemente. Alcuni se ne andranno, con altri basterà uno sguardo per creare un legame dell’anima. Numerose ricerche scientifiche evidenziano che il potere delle relazioni che coltiviamo per la qualità della vita. Inoltre, grazie a strumenti come il counseling e la psicoterapia è possibile lavorare sulla propria consapevolezza e scoprire intorno a sé una rete di condivisione, unione, forza.

Il corpo che cambia

LA PERCEZIONE DI SÉ

Con la malattia il corpo cambia e all’improvviso diventa estraneo, persino nemico. Alla sofferenza fisica si aggiunge il dramma del non riconoscersi più. I capelli e le ciglia che cadono durante trattamenti come la chemioterapia per una donna sono pezzi di femminilità che se ne vanno: frammenti di un sé spaccato, in frantumi, in cui si fatica a ricomporre i cocci. Sophie ha ventun anni quando scopre di avere un cancro: non accetta di arrendersi allo sconforto di una parrucca… e ne compra nove. Nove look per giocare, nove donne che si affacciano sconosciute, nove modi per sentirsi più forte: nel suo libro parla di questo, ma anche del fatto che in fondo lei è “la pelata”, come la chiama con dolcezza il suo infermiere preferito. La sfida non è vedere nello specchio lo stesso volto di prima, ma guardarsi di nuovo. Perché non sono le cicatrici, o i capelli, il look a dare l’identità di ciò che siamo, ma la consapevolezza che abbiamo di noi. Uno sguardo da allenare, ogni giorno.