Menopausa equivale ad ingrassare. Questa è l’errata percezione che ha il 99% della popolazione femminile quando si parla del delicato momento della vita che conduce la donna verso un nuovo equilibrio fisiologico.
In un certo senso, è come cambiare automobile e magari passare da una benzina a un diesel: bisogna imparare nuovamente a conoscere e a “guidare” il nuovo mezzo di trasporto, dosare bene il piede sulla frizione e capire come accelerare e decelerare. Con un po’ di pratica (e prudenza) è possibile non rimanere coinvolti in incidenti o errori metabolici, adattarsi al nuovo motore e ricominciare a guidare senza problemi.
«La menopausa non è una malattia e dimagrire non significa guarire. La menopausa è un periodo di cambiamento, cambia il ‘bagno ormonale femminile’, ovvero il mezzo in cui vivono tutte le nostre 3 milioni cellule – spiega Sara Farnetti, specialista in Medicina Interna ed esperta in nutrizione funzionale – Bisogna ritrovare e ripristinare l’equilibrio del nostro organismo, non cambiarlo, ma capire come funziona. È necessario cercare di gestire il metabolismo in modo furbo e intelligente con strategie nutrizionali piuttosto che con le diete».
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Verdure amare per la salute del fegato
Un fegato che funziona bene è sinonimo di energia. E le verdure amare svolgono un ruolo chiave nell’attivare quest’organo.
«Fegato veloce significa metabolismo veloce, dunque giovinezza ritrovata, giovinezza mantenuta» spiega la dottoressa Farnetti. Via libera dunque al carciofo, al tarassaco, alla curcuma, al cardo mariano e così via.
L’ideale è consumare verdure di stagione crude. «Nella stagione autunnale/invernale, sono le foglie di carciofo – spiega Farnetti – È possibile anche farne un centrifugato, sicuramente sarà un po’ amaro ma è un ottimo stimolante epatico». Esistono anche soluzioni standardizzate e vendute in farmacia ed erboristeria a base di questi alimenti “amici del fegato”.
Verdure: quale cottura preferire?
No alla verdura bollita, sì a quella spadellata con un filo d’olio leggermente riscaldato. «Tra la zucchina bollita e quella in padella, fa decisamente meglio la seconda perché induce un maggior stimolo epatico. Le modalità di cottura sono strategie» sottolinea la specialista della nutrizi«one.
Fino a pochi anni fa si pensava che bollire fosse un ottimo metodo per cucinare senza grassi, in realtà non è così perché la verdura non solo perde tutti i micronutrienti nell’acqua di cottura, ma va a fermentare a livello intestinale, cosa che invece non succede con un rapido salto in padella.
Saltare in padella non significa friggere, ma cuocere velocemente a bassa temperatura, in stile Wok, lasciando la verdura leggermente cruda. In questo modo c’è una vera e propria detossificazione dell’intestino. Viene accelerata la funzione della bile e della colecisti, accelerato il transito intestinale, e in più vengono mantenute tutte quelle sostanze benefiche come le vitamine.
No alle diete iperproteiche
«In menopausa mai fare la dieta iperproteica, è sbagliatissimo» spiega Farnetti. Le proteine stimolano gli androgeni, che già sono alti in menopausa. Si dimagrisce ma aumenta il tronco, che è peggio non solo esteticamente, ma proprio perché «ci si ammala, aumentando il rischio di sviluppare ipertensione e anche cancro» sottolinea l’esperta.
Non è dunque necessario arrivare all’iperptoteica per gestire il carico glicemico dei pasti: basta essere un po’ più attente in un momento di passaggio, poi il corpo ritrova un equilibrio e ci si adatta, «l’importante è arrivare a questo nuovo equilibrio senza aver accumulato errori metabolici. Non bisogna lasciarsi andare in questo momento di passaggio perché, se nel momento in cui il corpo riesce ad adattarsi al nuovo equilibrio ci ritroviamo 10 kg in più, la sindrome metabolica e l’ipertensione, poi la situazione diventa molto complicata da gestire» afferma l’esperta.
Sì alle giuste combinazioni alimentari
In menopausa è normale che possa esserci una lieve variazione della funzionalità del pancreas, con un lieve aumento della cosiddetta ‘insulino-resistenza’ che condiziona lo slargamento del tronco con conseguente perdita del punto vita. «Questo è un trend non un must, ci si arriva se ci si lascia andare ma non ci si deve andare», sottolinea l’esperta.
Bisogna salvare il pancreas con le giuste strategie, usando i “cibi amici” durante i pasti, ovvero i grassi polinsaturi buoni, contenuti ad esempio nell’olio extravergine di oliva e nell’avocado, e ridurre gli zuccheri, che non significa non mangiare la pasta: «se a pranzo consumiamo la pasta, non mangiamo poi anche il pane o la frutta: la frutta è un carboidrato e la mela dopo la pasta è sbagliata. La cosa più importante sono le associazioni ai pasti quindi come combiniamo gli alimenti – spiega Farnetti – Dobbiamo essere funzionali al nostro corpo, dobbiamo funzionare bene e far funzionare bene i nostri organi, usare gli alimenti in modo giusto e intelligente, abbianati bene ad ogni pasto».
Pasta sì, meglio se cotta al dente
La pasta è un carboidrato, ovvero uno zucchero: la buona notizia è che con la giusta cottura si riduce la quantità di questo zuchero che viene assorbita dal nostro organismo.
Quando ingeriamo una pasta cotta al dente, si forma un complesso amilosio-lipide: è come se un pezzetto di zucchero rimanesse appiccicato insieme ai grassi, e quindi diventasse più difficile da assorbire. In questo modo lo zucchero viene eliminato, dunque possiamo mangiarne un po’ di più senza che questo abbia una diretta conseguenza sulla linea.