Contro i disturbi legati al colon irritabile la giusta dieta funziona meglio dei farmaci. A dirlo sono i risultati di uno studio, condotto da ricercatori svedesi, da cui emerge che riducendo i carboidrati fermentabili, 7 pazienti su 10 traggono più beneficio rispetto all’assunzione di medicinali. A diminuire sarebbero alcuni dei sintomi più classici della sindrome: dolori di pancia e gonfiore addominale.
La dieta low FODMAP contro il colon irritabile
Cambiare dieta, ma soprattutto ridurre l’apporto di alcuni cibi come i carboidrati fermentabili può portare maggiori benefici di un trattamento farmacologico nella riduzione dei sintomi del colon irritabile, o IBS, dall’acronimo inglese per Irritable Bowel Syndrome. Si tratta dei cosiddetti FODMAP, cioè alimenti ricchi di zuccheri che producono gas nell’intestino, come latticini (a causa del lattosio), legumi, cereali integrali e anche alcuni vegetali come la cipolla, i cavoli, i carciofi, e frutta. Secondo un nuovo studio, una dieta low FODMAP permette un netto miglioramento.
Cosa hanno scoperto i ricercatori
Un team di ricercatori dell’ospedale universitario Sahlgrenska di Göteborg ha preso in esame un campione di 300 persone, suddividendole in tre gruppi di 100 pazienti ciascuno e tutti con colon irritabile. Al primo gruppo ha chiesto di ridurre sensibilmente l’apporto di FODMAP, al secondo di seguire una dieta che privilegiasse proteine e grassi rispetto ai carboidrati, mentre il terzo ha seguito solo una terapia farmacologica contro i sintomi della sindrome. Come riporta lo studio, pubblicato sulla rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology, dopo un periodo di 4 settimane coloro che avevano osservato i maggiori benefici erano stati i pazienti del primo gruppo.
Meno cibi FODMAP e meno disturbi
In particolare, il 76% di chi aveva mangiato meno cibi con carboidrati fermentabili aveva visto ridurre i sintomi della patologia, rispetto al 71% del secondo gruppo e al 58% del terzo. «La dieta low FODMAP si è rivelata molto efficace: ci sono centinaia di evidenze scientifiche, da oltre 15 anni, dopo che un primo studio australiano aveva aperto la strada a questo tipo di dieta, che funziona estremamente bene anche per chi soffre di disbiosi intestinale, quindi di alterazione dell’equilibrio intestinale, con risultati migliori dei farmaci in quanto a presenza di sintomi», spiega il gastroenterologo e nutrizionista Luca Piretta, dell’Università Campus Biomedico di Roma.
Dieta low FODMAP o free FODMAP?
«Va chiarito, però, che si tratta di una dieta che riduce certi alimenti, non li elimina del tutto come nel caso, ad esempio, del glutine per i celiaci. Sarebbe, infatti, impossibile toglierli tutti, perché si tratta di una serie di nutrienti fondamentali – spiega Piretta – Attenzione, sono sostanze naturali e sanissime, che fanno parte di alimenti di uso comune, quindi non vanno considerate nocive: solo in soggetti particolari tendono a dare fermentazione e produzione di aria nella pancia. Per questo in chi ha il colon irritabile, quindi soffre di una ipersensibilità della mucosa dell’intestino, è più facile che si scatenino sintomi dolorosi».
Quali sono i cibi da evitare
«I FODMAP si trovano in alcuni frutti, verdure e cereali. Sono i più ricchi in fibre: tra i cereali, ad esempio, sono quelli integrali, suggeriti invece in una dieta “normale”. Chi soffre di colon irritabile, però, dovrebbe evitarli, consumando pasta, biscotti o pane di farina bianca. Tra le verdure vanno ridotti carciofi, melanzane, broccoli, cavoli e cavolfiori, ma anche legumi e patate, mentre tra la frutta, attenzione a mele pere, fichi, uva e cachi. Sono però indicazioni generiche, da adattare ai singoli pazienti – ricorda il gastroenterologo – Siccome sono parte integrante dell’alimentazione, di solito vanno eliminati solo per un certo periodo, in genere 2 mesi, per poi reinserirli gradualmente, magari evitando per esempio di consumarne due nello stesso giorno».
Quanto durano gli effetti della dieta
Anche nella ricerca svedese, dopo il periodo di prova tutti erano tornati alle normali abitudini. Dopo sei mesi, però, è stato chiesto loro come si sentissero: il 68% di chi aveva seguito la dieta FODMAP affermava di continuare ad avere pochi disturbi, contro il 60% del secondo gruppo. «Infatti chi beneficia maggiormente della dieta low FODMAP può capitare che possa tornare a mangiare normalmente, perché è riuscito a ottenere una modificazione sostanziale del microbiota intestinale, ma non è né semplice né scontato che questo accada. Più di frequente, invece, riprendere una dieta low FODMAP dopo la sua sospensione non porta agli stessi benefici – sottolinea Piretta – Il consiglio, quindi, è evitare una interruzione drastica».
Colon irritabile: chi e come colpisce
Secondo alcuni dati della Società italiana di Gastroenterologia e Endoscopia digestiva (SIGE), la sindrome del colon irritabile in Italia colpisce tra il 20% e il 40% della popolazione. I sintomi sono dolori addominali, gonfiore, diarrea o stipsi. Fino a qualche tempo fa la si riteneva spesso una malattia “invisibile”, a volte chi ne soffre non viene creduto o gli effetti del disturbo sono sminuiti, mentre si tratta di una patologia che può essere molto invalidante. Quanto alle cause, se in passato erano pressoché sconosciute, oggi la ricerca ha permesso di saperne di più.
Le cause della sindrome
«Da 50 anni ci si interroga sulle cause, che ad oggi sono ancora sconosciute – conferma il gastroenterologo – Conosciamo, invece, alcuni meccanismi: ad esempio, una biopsia intestinale può mostrare una micro-infiammazione della parete intestinale nei soggetti con IBS. Spesso è anche associata una condizione di ipersensibilità viscerale: per motivi sconosciuti c’è una diversa soglia di percezione del dolore – che è un indicatore fondamentale nella diagnosi della sindrome – per cui i pazienti lo percepiscono più facilmente e dolorosamente. Il tutto è poi associato ad alterazioni intestinali, come diarrea e stitichezza. Non è comunque un disturbo temporaneo, ma cronico».
Le donne ne soffrono di più
I dati indicano una prevalenza dell’IBS tra le donne, in un rapporto di 2/3 a 1, ma «anche nei giovani. E’ una sindrome caratterizzata da una grossa connessione mente-intestino: al di là dell’ipersensibilità viscerale che è un dato prettamente fisico, si è visto che la sindrome ha maggiore incidenza nei soggetti con più predisposizione agli stati di ansia e depressione, con recrudescenze in situazioni di stress lavorativo, familiare o sociale. È anche frequente che la condizione migliori nei fine settimana o in vacanza. Tra le donne si soffre di più con la sindrome mestruale e meno in gravidanza, perché l’equilibrio ormonale influenza la percezione. Ma si tratta di fattori concomitanti, non di cause vere e proprie».
Cosa fare: cibi e farmaci indicati
«Sicuramente la dieta low FODMAP è la strada più indicata, con prove di efficacia molto ampie e in tutto il mondo. Non conoscendo le cause precise della sindrome e non avendo una terapia specifica, oltre a curare l’alimentazione si può procedere con la somministrazione di farmaci sintomatici – chiarisce Piretta – Solitamente sono antidolorifici, antispastici, anti diarroici o antilassativi. In alcuni casi si può prevedere un antidepressivo specifico, che aumenta la soglia di sopportazione e viene prescritto solo dal medico, mai col fai-da-te, a un dosaggio molto basso in modo da beneficiare dell’abbassamento della percezione del dolore, senza avere effetti psicologici negativi», conclude l’esperto.