Si chiama Chew and spit, letteralmente “masticare e sputare”: ha alcuni tratti in comune con l’anoressia ed è assimilabile a un disturbo del comportamento alimentare, un cosiddetto DCA. Poco conosciuto e sottovalutato, può portare a problematiche di tipo nutrizionale e psicologico. A ricordalo è Antonio Sarnicola, coautore del libro Io Sono l’Anoressia (Gribaudo Ed.), realizzato insieme a un team di esperti per fornire informazioni chiare e a sensibilizzare, alla vigilia alla Giornata del fiocchetto lilla (15 marzo) dedicata ai disturbi alimentari.
Cos’è il Chew and spit o CHSP
Il Chew and spit Disorder, a dispetto del nome, non è un vero e proprio disturbo alimentare, ma può essere incluso in altri DCA: «Gli alimenti vengono masticati, per sentirne il sapore sulla lingua e appagare così il palato, e poi li si sputa per non assumerne le calorie. Spesso questa pratica è associata a cibi ad alto contenuto calorico o considerati “proibiti”», chiarisce Sarnicola, psichiatra e Responsabile del Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare “Villa Pia” di Guidonia, Gruppo Korian.
Le conseguenze per la salute
Nonostante sia chiaro che è spia di un disagio, il CHSP potrebbe sembrare comunque un comportamento senza conseguenze negative per la salute, come invece anoressia o bulimia. Ma Sarnicola chiarisce: «In realtà, si basa su un presupposto sbagliato: una parte del cibo, infatti, viene comunque assimilata grazie agli enzimi digestivi presenti nella saliva. Inoltre, la masticazione senza ingestione stimola la produzione di grelina, l’ormone della fame, e irrita lo stomaco, poiché porta a produrre succhi gastrici che però non ricevono cibo da elaborare».
Problemi ai denti e aumento di peso
«Oltre ai disturbi gastrici possono verificarsi altri due problemi. Ai denti, per esempio: in presenza di cibo la saliva produce enzimi che servono a scomporre gli alimenti in zuccheri, ma se questi vemgono sputati, si può andare incontro a carie e problemi gengivali. Nonostante il cibo non finisca nell’intestino, inoltre, si assorbono comunque alcune calorie che, con un comportamento reiterato nel tempo e con cibi altamente calorici, possono portare a un aumento di peso – spiega l’esperto – Per non parlare dei disturbi dell’umore a cui questa pratica è spesso associata.
Senso di colpa e dipendenza
«Il Chew and spit può causare perdita di controllo, dipendenza, senso di colpa – chiarisce ancora Sarnicola – In presenza di questo comportamento, inoltre, c’è sempre una comorbidità, cioè altri possibili disturbi dell’umore: l’ossessione-compulsione, i disturbi di ansia, la depressione e la bassa autostima». «Nelle donne, inoltre, può portare ad alterazione del ciclo mestruale e della fertilità», come spiegano gli esperti di Villa Pia-Gruppo Korian, che hanno collaborato al libro.
I sintomi: come accorgersi
«Magari non te ne accorgi nemmeno. Magari comincia tutto quasi per gioco: “Oggi non ceno, domani corro 10 chilometri”. Il fine, forse, non è nemmeno legato all’aspetto fisico, ma piuttosto a una sensazione di tristezza, di noia, a qualcosa che manca ma che non si sa nemmeno che cosa sia. Non è l’appetito a essere “malato”, è il rapporto con il cibo e con il corpo a rappresentare un segnale di profondo disagio interiore», così chiariscono gli esperti l’insorgenza di alcuni disturbi alimentari come il CHSP. Ma quali sono i sintomi, insomma come ci se ne accorge?
Il CHSP come spia nascosta di altri problemi
«Il DMS-5, cioè il manuale diagnostico di riferimento dei disturbi mentali, considera il CHSP come sintomo associato ad altri disturbi del comportamento alimentare, in particolare anoressia e bulimia nervosa, vigoressia e disturbo da alimentazione selettiva – chiarisce Sarnicola – Ma è un comportamento difficile da individuare perché chi ne soffre difficilmente mangia con i familiari e spesso evita le occasioni conviviali che comportano i pasti in compagnia, cadendo in un progressivo ritiro sociale oltreché domestico».
Chi è più a rischio per età e genere
«In Italia sono 3 milioni le persone che soffrono di DCA. La fascia più preoccupante è compresa tra i 15 e i 25 anni, anche se in base agli ultimi dati, l’età si sta abbassando anche ai 9 o 10 anni. C’è una crescita anche nel genere maschile, pur se rimane a livello inferiori rispetto a quello femminile», conferma lo psichiatra. «La pandemia, purtroppo, ha portato a un’esplosione (+35-40%) di queste patologie, prima meno visibili perché si viveva maggiormente all’esterno». Neppure gli adulti, però, sono esenti da rischi, in particolare le donne.
I disturbi nelle donne adulte
«La fascia di età dopo i 40 anni, specie nelle donne, rappresenta un’altra punta di incidenza dei disturbi del comportamento alimentare, compreso il CHSP», osserva Sarnicola. «In genere in questi casi si parla di esordi tardivi, che possono essere conseguenza del tentativo di seguire diete per contrastare l’aumento di peso, specie a ridosso della menopausa. In genere, comunque, è più frequente che ci sia bulimia nervosa, magari associata a Chew and spit».
L’importanza di chiedere aiuto
«In tutti questi casi è importante chiedere aiuto, il primo passo per la gestione del disturbo. Spesso queste problematiche sono affrontate solo dopo 4 o 5 anni dall’esordio dei primi sintomi e possono cronicizzarsi o avere delle recidive. Per questo è difficile parlare di completa guarigione, ma è fondamentale intraprendere un percorso di gestione, che parta dall’individuare le cause che portano a un DCA: non è mai una sola, infatti, perché si tratta di situazioni multifattoriali, che quindi vanno gestite da un team interdisciplinare che si occupi sia degli aspetti medico-sanitari, che di quelli psicologici», conclude l’esperto.