Spesso si parla di dipendenze da farmaci e droghe. Si può parlare anche di dipendenze da cibo?
 
Durante una recente intervista la Dott.ssa Maria Barbuto, psicoterapeuta ABA,  ha affermato che è possibile trattare i disturbi alimentari facendoli rientrare nel campo delle dipendenze.
 
Bulimia e obesità”, afferma infatti Barbuto “Sono disturbi che vedono la persona schiavizzata da una sostanza da cui dipende, il cibo. Questo vale anche per l’anoressia: la persona anoressica, anche se digiuna, ha il cibo costantemente in testa. Ha fame da morire e tutte le sue energie sono impiegate nell’esercizio del controllo sul cibo. Nel campo dei disturbi alimentari quindi ritroviamo l’abuso di una sostanza apparentemente innocua, il cibo”.
 
Il cibo è facilmente reperibile sul mercato, è una “sostanza” di consumo quotidiano che permette la nostra sopravvivenza ed è per questo che, spesso, si sottovaluta la gravità di questo tipo di dipendenza.
In una società come la nostra in cui consumismo e attenzione per l’immagine sono padroni, il messaggio proposto è spesso paradossale e il cibo può diventare, per alcune persone, un vero e proprio incubo.
 
Mangiare, ma anche solo pensare al cibo, permette di riempire ogni spazio e di non pensare al vero disagio che si nasconde dietro al disturbo alimentare. In questo senso, i disturbi alimentari come dipendenze dal cibo si pongono sullo stesso piano delle più riconosciute dipendenze da sostanze e sempre più spesso si presentano insieme.
 
Esse rappresentano una soluzione per la persona. Sono un modo per arginare l’ansia e la depressione, un modo per sostenersi nel compito più difficile: vivere in relazione con gli altri.