Che il cibo sano favorisse uno sviluppo salutare dei nostri figli lo sapevamo già, ma che andasse ad interessare anche il loro sviluppo cognitivo pare quasi impossibile. Eppure un esperimento inglese collega il grasso corporeo con un basso Q.I..
 
Secondo gli scienziati infatti, i bambini che mangiano troppe patatine fritte, pizza, hamburger e “schifezze” varie possono avere problemi che vanno ben oltre l’aumento ponderale e i rischi già di per se gravi ad esso collegati (per esempio aumento delle possibilità di patologia cardiovascolari e di diabete).
Il junk food infatti sembra essere collegato al blocco dello sviluppo del quoziente intellettivo dei bambini.
 
Questa tesi è stata formulata in seguito a un lungo studio compiuto dall’Università di Bristol e pubblicato sulla rivista Journal of Epidemiology and Community Health.
 
Per arrivare a queste conclusioni gli scienziati hanno monitorato la salute e il benessere a lungo termine di circa 14mila bambini nati tra il ’91 e il ’92 in Occidente, tramite un progetto chiamato Avon Longitudinal Study of Parents and Children (ALSPAC).
I dati sono stati integrati con le risposte dei genitori interrogati sul tipo di alimentazione proposta al proprio figlio, le cui risposte poi sono state valutate su una scala che va da 0 (la dieta più salubre) fino 10 (la dieta più malsana).
 
All’età di 8 anni ogni bambino analizzato ha sostenuto il test Wechsler Intelligence Scale for Children, normalmente usato per la valutazione del Q.I., e dai risultati è emerso che più la dieta seguita aveva totalizzato un punteggio alto nella valutazione (sintomo di scarsa qualità) e minore è stato il punteggio raggiunto del bambino nel test Wechsler.
 
Per ogni punto in più sulla scala del modello alimentare, il quoziente intellettivo si è abbassato di 1,67 punti.
Al contrario, una dieta sana è stata associata a un quoziente intellettivo migliore: per ogni punto in meno nel modello alimentare, il quoziente intellettivo è risultato più alto di 1,2 punti.
 
“Questo” ha detto la dottoressa Kate Northstone, che ha coordinato lo studio “Suggerisce che gli effetti cognitivi e comportamentali relativi alle abitudini alimentari nella prima infanzia possono persistere anche dopo, nonostante le successive modifiche alla dieta alimentare”.
Gli scienziati hanno, infatti, osservato che il cervello “cresce” con un tasso più veloce durante i primi anni di vita, “È possibile quindi” ha concluso Northstone “Che una buona alimentazione durante i primi anni di vita possa incoraggiare la crescita ottimale del cervello”.
 
Come dicevano fin dall’antichità: Mens sana in corpore sano.