L’avrai già sentito nominare: barefooting significa camminare senza scarpe, a piedi nudi, ma è un’attività che va oltre le parole che lo compongono. Non si tratta infatti solo di passeggiare scalza sulle piastrelle o il parquet di casa, un’abitudine che magari hai già. È un’esperienza diversa, che si fonda sulle percezioni fisiche che il corpo, attraverso i piedi, riceve dal contatto con la terra.
E per terra intendiamo i suoli naturali più diversi, dall’erba alla sabbia fino a una distesa di corteccia o ai ciottoli depositati nel letto di un fiume. Ti abbiamo messo un po’ di curiosità? Non hai che l’imbarazzo della scelta: in giro per l’Italia sono sempre di più i percorsi studiati ad hoc per praticare il barefooting (te ne raccontiamo alcuni nel box della prossima pagina).
Barefooting per migliorare postura ed equilibrio
Chi lo prova, non torna più indietro e non perde occasione per togliersi le scarpe non appena si trova su un prato. I benefici del barefooting in effetti sono tanti. Camminare scalzi aiuta a migliorare la postura, perché mentre ti muovi sfrutti l’intero arco plantare allenando tutti i muscoli del piede (con le scarpe, invece, il peso si sposta quasi tutto sul tallone), in più riattiva la circolazione, rinforzando gli arti inferiori e favorendo anche un maggior equilibrio.
«Se ci rifacciamo infatti ai principi della medicina tradizionale cinese, possiamo dire che il barefooting ci rinfresca le idee perché sposta il calore dalla nostra testa, spesso intasata di pensieri e preoccupazioni, alle estremità del corpo. Un po’ come fa la rifessologia plantare, stimolando i meridiani miofasciali che si trovano sotto la pianta. Il contatto con la natura attraverso il terreno ci spinge a spostare l’attenzione sul qui e ora, sulla percezione del mondo che ci circonda, stimolando la calma e alleggerendo i pensieri» spiega Francesca Filippi, insegnante di yoga e accompagnatrice dei percorsi barefooting in Val Concei (@francesca.eyoga).
L’importanza di alternare suoli diversi
Lungo un percorso di barefooting, si alternano diverse tipologie di terreno. Ma perché? Non basta il semplice camminare a piedi nudi, dovunque sia? No, e il motivo è che dopo aver passeggiato per qualche centinaio di metri sull’erba, il piede si abitua a quella sensazione e la mente tende a riprendere il sopravvento. In più, anche dal punto di vista del benessere fisico, il piede ha bisogno di essere messo alla prova. Il cambio di suolo, e quindi una stimolazione diversa da quella precedente, ci rimette a fuoco sul momento presente e lavora su punti differenti della pianta, sciogliendo delle tensioni interne, come sostiene sempre la medicina tradizionale cinese.
«Ecco perché gli itinerari di barefooting prevedono spesso anche un tratto dove, dopo essersi radicati a terra, si cammina invece su una slackline, una fettuccia di nylon tesa tra due punti e un po’ sollevata da terra, per mettere alla prova il nostro equilibrio fsico e mentale, indispensabili per gestire situazioni a cui non siamo abituati» aggiunge l’insegnante.
Un altro passaggio fondamentale tipico dei percorsi di barefooting è quando si immergono i piedi nell’acqua fredda di un ruscello: un vero e proprio percorso kneipp, che stimola il ritorno venoso e linfatico, rilassa il sistema nervoso e il nervo vago, abbassa il battito cardiaco e stimola la produzione di dopamina. Un po’ come succede quando facciamo una doccia gelata. Anche qui si va oltre il risvolto fisico, perché ci si sente subito anche più svegli e reattivi.
Barefooting: un aiuto dalla respirazione
Sembra tutto molto semplice, e lo è: basta lasciarsi trasportare da curiosità e voglia di provare emozioni nuove. Ma in realtà alcune difficoltà si possono incontrare, soprattutto all’inizio, quando si avvicina per la prima volta il barefooting. «Non tutti si sentono a loro agio nel togliersi le scarpe e stare a piedi nudi in mezzo ad altre persone. La considerano una parte intima del corpo. In questi casi, bisogna dare loro il tempo per sperimentare» continua l’esperta.
Magari iniziando a praticare il barefooting senza togliere i calzini. Su certi suoli, per esempio quelli coperti di ciottoli o sassi, si può provare un po’ di fastidio al primo approccio. Ma i percorsi più difficoltosi non sono mai troppo lunghi, e comunque in questi casi entra in gioco la respirazione profonda e la concentrazione, fondamentali per affrontare i passaggi più “dolorosi”.
Se ci si agita infatti, il fastidio e la difficoltà aumentano. Bisogna invece mantenere la calma. «Mentre si cammina a piedi nudi, qualunque sia il suolo, è bene portare l’attenzione a come si appoggia il piede per terra. Se lo facciamo in modo sbagliato o senza la giusta consapevolezza, c’è il rischio di farsi male o condizionare negativamente la postura. Più l’incedere è sicuro, maggiori saranno i risvolti positivi, in termini di equilibrio e rafforzamento dei muscoli del piede» spiega l’esperta.
Barefooting e grounding
Si sente spesso parlare anche di grounding: cosa cambia rispetto al barefooting? È molto simile, ma per praticarlo non è indispensabile essere all’aperto: è un’attività che fa riferimento sempre a una sensazione di radicamento, ma non per forza attraverso i piedi. «Puoi essere anche dentro casa, o in un altro luogo tranquillo, puoi stare sdraiato o seduto, e il tutto è interconnesso con la meditazione» spiega Elena Gadaldi, psicoterapeuta, nel suo podcast Benessere della mente (elenagadaldi.com).
«Non è un percorso di rilassamento, ma di attivazione, che inizia con dei respiri profondi per poi, con gli occhi chiusi, passare alla scansione del proprio corpo, dal punto di vista sensoriale. L’obiettivo è percepirne la pesantezza: sentire dove appoggia, i punti di contatto con il pavimento o con i cuscini su cui sei seduto, passando dalla testa fino ai piedi, una parte alla volta. Alla fine, si riaprono gli occhi e ci si guarda intorno, facendo attenzione agli odori o ai rumori. Chiediti come ti senti in quell’ambiente e in quel momento, aguzzando tutti i sensi». Questi semplici esercizi ti aiuteranno a sciogliere le tensioni fisiche e emotive.