A personal best is not a number, it’s a feeling. Nella Giornata mondiale della salute mentale (10 ottobre) Asics lancia una nuova campagna per promuovere lo sport come fonte di benessere, fisico e mentale, dove la prestazione (il personal best) non rappresenti un numero da raggiungere soffrendo, ma le sensazioni stesse che l’attività fisica innesca.

Sport per molti è uguale a sofferenza

Sembrerebbe scontato che chi pratica attività fisica la faccia per stare bene e inseguire sensazioni positive, ma non è così. Come rivela una ricerca effettuata per Asics su 2mila persone, l’81% di chi fa sport crede che la frase “no pain, no gain” sia ancora valida. Tre quarti di chi non pratica esercizio fisico (75%) vorrebbe avere più fiducia in se stesso, e il 46% afferma di sentirsi troppo in imbarazzo ad andare in palestra perché pensa di non corrispondere alla tipica figura sportiva.

L’ansia da prestazione, il confronto con modelli irraggiungibili e lo stereotipo dell’allenarsi soffrendo, sono freni che tengono lontane troppe persone dal praticare sport. Per questo Asics lancia una sfida: ridefinire il concetto di personal best, non come collezione di traguardi, ma come stile di vita alla ricerca di se stessi attraverso le sensazioni che l’attività fisica sprigiona. È questo il personal best: cambiare punto di vista. Guarire vecchie ferite e darsi nuovi obiettivi. Affrontare le proprie fragilità, ognuno con le proprie misure e i propri limiti.

Lo sport per tutti: alcuni protagonisti della campagna Asics

Tulla Schiavone Asics sport
Tullia Schiavone, Associate Career Level per Asics

Lo sport è per tutti, di chi vuole scrollarsi di dosso 20 chili, di chi sceglie di mettersi a disposizione degli altri, di chi vi attinge per trovare ispirazione, di chi ci prova per trovare una routine che curi il dolore interiore.

Come racconta Tullia Schiavone, che ha iniziato a correre grazie alla collaborazione tra Asics e Progetto Itaca, Fondazione che promuove programmi di informazione, prevenzione, supporto e riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della Salute Mentale e alle loro famiglie. Tullia soffre di disturbo bipolare: «Per me anche solo mantenere un impegno con costanza è difficile. La corsa invece mi ha aiutato a farlo, mi ha fatto capire che anche io potevo compiere qualcosa di grandioso per me. E la sensazione di appagamento che provo ogni volta che riesco ad allenarmi, è una spinta a cercare sempre di migliorarmi».

Emiliano Carchia Asics sport
Emiliano Carchia, padel influencer

Anche Emiliano Carchia ha affrontato le sue insicurezze e ora, da ex timido, riesce pure a parlare in pubblico e a raccontarsi, grazie allo sport: «Ero arrivato a pesare più di 100 chili, io blogger di pallacanestro che aveva chiuso con lo sport. Un paradosso. E invece quel libro – la mia storia, la mia vita – l’ho riaperto. Ho preso la racchetta da tennis e ho scoperto il padel, che ora è diventato anche il mio mestiere. Il mio personal best è realizzare me stesso, oggi, attraverso uno sport che amo e mi ha fatto rinascere, prima di tutto mentalmente».

Virginia Gambardella, Divulgatrice e imprenditrice digitale Asics sport
Virginia Gambardella, divulgatrice e imprenditrice digitale

Un equilibrio mentale che è l’obiettivo anche di Virginia Gambardella: appassionata di fitness e discipline olistiche, si muove tra tappetino e sacco da boxe, alla scoperta di ciò che la fa stare meglio: «Un’esplorazione continua, appassionante e divertente, che mi fa entrare in varie attività, adattandomi io a loro, e loro a me». Un flusso di emozioni, dalla pace all’adrenalina, capace di trasformare le giornate e dare un senso al nostro stress.

Stefano Baldini: “Un coach deve assorbire la tensione”

Non ha bisogno di essere raccontata invece la storia di Stefano Baldini, tante vittorie sui campi di atletica di tutto il mondo alle spalle. Per tutte, una: l’oro alla maratona alle Olimpiadi di Atene del 2004. Ora l’ex campione, Track & Field Coach e Ambassador per Asics, allena le giovani promesse dell’atletica e, senza ipocrisia, quanto a salute mentale in campo si prende le sue responsabilità: «Oggi i ragazzi, con la tecnologia che misura ogni frammento di gesto e pesa ogni millesimo di secondo, sono più fragili e stressati di un tempo anche nello sport. Ma se non vuoi tensione tra gli atleti, dipende da te. Un buon allenatore dovrebbe assorbire la tensione, non crearla».

Cristiana Capotondi e il benessere mentale

Invece un buon attore deve muoversi nelle vite degli altri e mantenere allo stesso tempo una centralità. Il personal best di un’attrice come Cristiana Capotondi, appassionata di sport – dal running al calcio – non è fare tempi sempre più bassi, ma raggiungere uno stato di benessere, a cui poter attingere quando serve grande concentrazione e presenza a se stessa. «Io trovo il mio personal best correndo, quando riesco ad annullare i pensieri e nutrirmi di ciò che ho intorno. Ed è lì, facendo tabula rasa di tutto, che l’intuizione arriva». Ma è anche lì, in un momento cristallizzato nel tempo, che si realizza l’equilibrio perfetto tra ciò che sei e ciò che vorresti diventare, come racconta l’attrice: «Mi sono misurata per lavoro con l’apnea, una grande sfida per me, terrorizzata come sono dalla mancanza di ossigeno. Ma ho accettato questa novità, perché volevo superare un mio limite e andare oltre la paura. E ce l’ho fatta, oltrepassando il minuto e 50. Per riuscirci ho pensato alla strada di campagna di casa mia, un viaggio nei campi di grano, che mi ha aiutato ad associare la performance al benessere psicologico. Se non c’è benessere non c’è performance, e la performance per me è il momento di benessere personale, quell’emozione che mi porto dietro, sempre. Così, quando sono tesa e in difficolta, mi ricordo di quella Cristiana, di come mi sono sentita in quel momento e il minuto dopo, quando la mia fragilità l’ho vinta. E così, mi sento pronta per ripartire e affrontarne un’altra».