A puntare il dito contro il famigerato “cibo spazzatura” questa volta sono i ricercatori spagnoli dell’Università di Las Palmas, Gran Canaria: i capi di accusa questa volta non sono solo gli attentati alla linea ma il danno che procurerebbero alla salute psichica. Gli studiosi hanno dimostrato infatti una maggiore predisposizione ai sintomi depressivi in coloro che consumano abitualmente cibi insalubri.
Cibi fast food e prodotti da forno confezionati sono il bersaglio di vere e proprie “crociate sanitarie” che promuovono il controllo dell’alimentazione per la prevenzione di patologie croniche tra cui diabete, disturbi cardiovascolari e cancro. Ultimamente si ritiene che il tipo di dieta possa influire anche sul benessere mentale.
Nello studio, i ricercatori hanno seguito per oltre sei anni circa 9.000 persone, registrando le abitudini alimentari e raccogliendo minuziose informazioni sullo stile di vita. Nessuno dei partecipanti presentava all’inizio dello studio sintomi riconducibili alla depressione o era in trattamento con farmaci psichiatrici. Durante il periodo di raccolta dei dati, 493 individui sono stati diagnosticati con depressione clinica.
I ricercatori hanno potuto constatare che coloro che consumavano maggiori quantità di cibo fast food e prodotti da forno confezionati erano più sensibili allo sviluppo dei sintomi depressivi. La quantità del consumo di questi alimenti inoltre era associata con la severità dei sintomi.
I disturbi psciologici riconducibili alla depressione affliggono approssimativamente 120 milioni di persone nel mondo. Attualmente, poco si conosce sul ruolo dell’alimentazione nell’insorgenza del disturbo, ad eccezione di un’associazione epidemiologica con il consumo di grassi idrogenati (quelli prodotti industrialmente). Al contrario, sono stati descritti possibili effetti protettivi esercitati dall’olio di oliva, le vitamine del grupppo B e gli acidi grassi omega-3.
I ricercatori hanno potuto osservare, parallelamente, che gli individui che consumavano maggiori quantità di cibo spazzatura praticavano in media minore attività fisica, erano fumatori, lavoravano più di 45 ore settimanali e consumavano meno frutta, verdure, pesce ed olio di oliva. Si tratta di associazioni casuali, oppure queste osservazioni rivelano l’esistenza di un preciso quadro psicologico?
Va indicato infine che gli autori dello studio hanno sottolineato che il campo di studio che analizza la relazione tra alimentazione e salute mentale è estremamente recente e, forse per questo, la dieta non riceve ancora sufficiente attenzione nella psicologia clinica. Lo studio ha invece fornito evidenza riguardo il contributo dello stile di vita alla patogenesi del disturbo depressivo, indicando come l’alimentazione deve essere considerato un importante fattore di interventi correttivi per favorire il benessere psicologico.
Fonte: Fast-food and commercial baked goods consumption and the risk of depression Public Health Nutrition