Parte naturale del processo di guarigione che segue un trauma, le cicatrici costituiscono il risultato finale del processo di riparazione della pelle, che dipende da fattori quali la profondità e l’estensione della lesione, l’età, il genere sessuale e il corredo genetico individuale.
Tipi di cicatrici
Le cicatrici si dividono in due macro-aree che comprendono le cicatrici fisiologiche (ovvero le cicatrici “normali”, che appaiono inizialmente rosse e pruriginose ma che con il tempo si schiariscono, mimetizzandosi con la pelle circostante) e le cicatrici patologiche, ovvero delle formazioni anomale di tessuto causate da alcune alterazioni durante il processo di guarigione.
Le cicatrici patologiche comprendono nello specifico:
– il cheloide, una formazione che supera le dimensioni della lesione originale e che si presenta spessa, arrossata, dolente e/o pruriginosa;
– la cicatrice ipertrofica, dall’aspetto molto simile al cheloide che però, a differenza di quest’ultimo, rimane confinata all’interno dell’area lesionata;
– la cicatrice atrofica, che appare traslucida, molto sottile e più infossata rispetto alla pelle circostante;
– la cicatrice retraente, che si forma generalmente in corrispondenza delle articolazioni e può causare una significativa riduzione della gamma di movimento.
«Le caratteristiche di una cicatrice patologica sono diverse, ma gli aspetti più importanti sono l’aderenza, la rigidità, il dolore, il prurito, l’aumento di spessore, l’estensione e la colorazione – spiega la fisioterapista Marina Bellaviti – Le cicatrici che non richiedono un trattamento medico o chirurgico [ndr. rimozione, iniezioni di steroidi, applicazione sottopelle di fogli di silicone per appiattire la cicatrice, crioterapia] possono essere sottoposte a trattamento manuale da parte del fisioterapista, dopo opportuna valutazione».
Aderenze della cicatrice
In particolare, l’aderenza è una complicanza che può avere importanti conseguenze, poiché causa un “incollamento” della pelle ai tessuti sottostanti, creando un collegamento tra aree anatomiche che di norma non c’è. La ridotta capacità della cicatrice di scorrere sui tessuti sottostanti è un aspetto che può essere trattato manualmente, così da impedire alla cicatrice di interferire con la qualità e la libertà dei movimenti.
«Bisogna infatti considerare che le cicatrici possono dare problemi anche a distanza di anni dall’intervento o dal trauma che le ha generate – aggiunge la dottoressa Bellaviti – E i disturbi che le accompagnano possono essere i più disparati, dai blocchi/limitazioni articolari, a dolori localizzati, gonfiori, squilibri posturali e dolori viscerali».
Come scollare una cicatrice
Lo scopo del trattamento di una cicatrice non è quello di eliminarla bensì renderla innocua e priva di interferenze su altri sistemi o distretti corporei: per questo «il trattamento di base è essenzialmente di tipo meccanico, ed ha l’obiettivo di smuovere e scollare i tessuti coinvolti nel processo cicatriziale» spiega l’esperta.
Nello specifico, lo scollamento delle cicatrici si raggiunge attraverso una serie di tecniche manuali, ovvero:
– il semplice massaggio attraverso la mobilizzazione manuale della zona interessata;
– il palper-rouler, ovvero una sorta di “pinzamento” della cicatrice con il pollice e l’indice;
– lo stretching tissutale, ovvero l’allungamento in tutte le direzioni possibili dei tessuti implicati nell’aderenza;
– la coppettazione o vacuum terapia, che prevede la creazione di un vuoto sull’area cicatriziale e sull’area circostante;
– il tape kinesiologico, ovvero l’applicazione di un cerotto che produca una tensione specifica sull’area da trattare.
Generalmente il trattamento di una cicatrice, che deve sempre avvenire ad opera di un professionista, può essere iniziato nel momento in cui la ferita risulta completamente rimarginata.