“Ciò che non mi uccide, mi fortifica” – diceva Nietzsche. Un aforisma che spiega molto bene la tempesta emotiva che segue ad un evento drammatico, come la perdita del lavoro. Gli studiosi del comportamento sostengono che in casi di emergenza, l’individuo è capace di fare appello alle proprie risorse per farvi fronte, spesso insospettabili persino a se stessi. Non è raro infatti ascoltare dai racconti di chi ce l’ha fatta il fatto che nemmeno sospettava di avere una tale forza d’animo.

Ma dopo la teoria, bisogna passare all’azione. Concentrarsi sulla ricerca del lavoro, definire un piano d’azione, e perseguirlo con tenacia è uno dei modi per tenere a bada l’ansia. Certo, non è facile. E spesso da soli si sente di non farcela. È in questo momento che non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto, se se ne avverte la necessità.

Un momento di crisi, se vissuto senza troppi drammi, ci apre a nuove possibilità. L’importante è non restare paralizzati dalla paura di non farcela, ma trovare in se stessi la fiducia per trovare una soluzione.
L’ascolto degli altri, la condivisione, l’informazione ecc. sono tutti modi utili per sentirsi meno soli e aiutarsi a trovare un nuovo lavoro.

Il lavoro è parte della nostra identità

SUL LAVORO SI FONDA PARTE DELLA NOSTRA IDENTITA’

Da cosa dipende questa differenza di reazione?

“Sicuramente dall’entità dell’investimento che l’individuo fa nel lavoro, rispetto ad una fetta di valori, composti dalla famiglia, hobby, sentimenti, relazioni, vita sociale ecc.; oltre che – in modo molto più prosaico –  dalle risorse economiche che si hanno a disposizione.

Se ad esempio attraverso il lavoro facciamo passare il nostro bisogno di riconoscimento sociale (non solo di sostentamento), ecco che questo riveste una grandissima importanza per noi. In quest’ottica, il lavoro è “anche” una risposta a bisogni profondi, quali: identità, sicurezza, riconoscimento e autorealizzazione.

Più è alto l’investimento nel lavoro più traumatica sarà percepita la sua perdita”.

Interessante quanto sostiene a proposito del riconoscimento…
“Dirò di più: la perdita del lavoro spesso ci mette di fronte a domande più profonde su di noi, a cose irrisolte della nostra personalità. Può essere l’occasione che scatena una crisi più grande, che era rimasta latente”.

Utilizzare le proprie risorse per superare

IL RUOLO DELLA ‘RESILIENZA’ INDIVIDUALE

In che misura entrano in gioco le “risorse individuali” nell’affrontare un evento come questo?

“Sono molto importanti! Variano da individuo a individuo e fanno parte dei tratti della personalità. Quanto più una persona è forte, orientata al cambiamento, aperta a nuove esperienza, pronta ad affrontare cose nuove, tanto più reagirà con ottimismo.

Persone apparentemente fragili affrontano l’evento con forza; altre “tradizionalmente” più forti (come ad esempio i dirigenti d’azienda) rimangono paralizzati di fronte a quest’evento. È proprio una questione di ruolo.”

 

Che cosa suggerisce?
“Innanzitutto, scongiurare il rischio più grande, che è quello dell’immobilismo, di non avere la forza e le risorse necessarie ad affrontare un periodo in cui si deve essere al massimo della grinta”.

Sintomi di chi perde il lavoro

Chi perde il lavoro accusa sintomi particolari?
“Sia fisici che psicologici, associati alla sfera dello stress (nervosismo, irascibilità, intrattabilità, senso di perdita, affaticamento fino sintomi più gravi come depressione, attacchi di panico o ansia). Senza trascurare le manifestazioni psicosomatiche (gastrite, dermatiti, mal di testa, affanno ecc).”

Soluzioni possibili

COME FRONTEGGIARE LA SITUAZIONE

C’è una soluzione a questo problema?
“Sento di consigliarne ben tre!
1.    Consiglio di chiedere aiuto, di non vergognarsi di essere in difficoltà. Molti sperimentano un senso di colpa nei confronti della perdita pensando di esserne responsabili. E’ importante condividere e confrontarsi con gli altri.  Se il problema dovesse essere troppo gravoso, al punto da non riuscire a esprimerlo con gli amici o il partner (che è coinvolto nella situazione anche dal punto di vista economico) è bene rivolgersi ad un professionista.

2.    E qui entriamo nel secondo suggerimento: il medico per risolvere sintomi fisici. Se invece il disagio dovesse allargarsi alla sfera della psiche, non avere paura di rivolgersi ad uno psicoterapeuta o psicologo.

3.    Parallelamente suggerisco di appoggiarsi ad un coach professionista nel supporto alla ricollocazione professionale in un mercato di crisi come questo, in cui i tempi di ricollocazione rischiano di allungarsi.

Il supporto del coach

Chi è il coach? Cosa fa?
“È una figura professionale che aiuta la persona che ha perso il lavoro offrendogli una metodologia consolidata e la predisposizione di strumenti di comunicazione adeguati e possibilmente un network di contatti efficace.

Diverse le professionalità che possono svolgere coaching: un professionista che proviene dal mondo legale, dalla psicologia del lavoro, un ex selezionatore del personale oppure un consulente del lavoro.
Lo psicologo sarà in grado di fornire anche il supporto psicologico ed emotivo che in questo percorso rappresenta un valore aggiunto, passando per la comprensione di qualcosa che è difficile da condividere.

L’ideale sarebbe entrare in un network in cui ci sia l’opportunità di confrontarsi con persone che stanno vivendo la stessa situazione, da cui poi nascono alleanze di solidarietà molto sentite”.

Perché spesso ci si sente soli in queste situazioni, lo ricordiamo.

Trovare lavoro

FARCELA, NONOSTANTE TUTTO

C’è quindi una soluzione pratica alla perdita?
“Certo! Nessuno promette miracoli, ma trovare un supporto emotivo, psicologico ed un “allenatore” che ti spinge ad andare avanti quando pensavi di non farcela è già moltissimo.”

E poi ce la si fa?
In questo modo non solo la percentuale di trovare lavoro aumenta e diminuiscono i tempi, ma spesso si scoprono cose importanti su noi stessi, che non pensavamo neanche di avere, come la capacità di tollerare le frustrazioni, i no che ci vengono detti, e continuare nonostante i primi risultati non sono positivi.”

 

Possiamo concludere che si può scoprire di farcela quando pensavi di non riuscirci!

 

Ringraziamo la dottoressa Donatella Mongera, psicologa del lavoro e coach, presso S&A Change, Società di Outplacement