PREPARARSI ALL’ETEROLOGA
Dal 2014 anche in Italia è possibile ricorrere alla fecondazione eterologa, cioè il trattamento di riproduzione medicalmente assistita realizzato con i gameti di donatori esterni alla coppia (ovuli, seme o entrambi). Una possibilità che porta con sé anche dubbi e paure .
«Prima di affrontare questo percorso è importante conoscere tutti gli aspetti che entrano in gioco, anche quelli psicologici , spesso sottovalutati» spiega Raffaella Visigalli. «Molti futuri genitori, ad esempio, hanno il timore di non riconoscere il bambino come proprio . Ma la genitorialità è un concetto molto più ampio del singolo gamete e ha a che fare con la cura, l’educazione, l’affetto. Io consiglio sempre alle coppie di affidarsi a uno psicologo esperto in materia per affrontare con meno sofferenza e più risorse l’impossibilità di concepire in modo naturale: è un diritto chiederlo in tutti i centri di procreazione assistita. Lo hanno stabilito le Linee Guida del 2008».
Un vortice di emozioni «La diagnosi di infertilità genera uno shock, perché ognuno di noi dà per scontata la possibilità di diventare genitore» spiega Raffaella Visigalli, sessuologa presso la Dyma, Centro di psicologia integrata di Monza, e consulente per l’Istituto valenciano de infertilidad di Barcellona. «Apprendere che non sarà possibile creare una famiglia, getta la coppia nello sgomento, a cui possono seguire un senso di frustrazione, rabbia, depressione. In alcuni casi, le persone hanno bisogno di trovano un motivo , dicendosi per esempio: “Questa è la colpa che dobbiamo espiare perché in passato abbiamo abortito”».
Uno shock per entrambi «La donna si sente incompleta » spiega Visigalli. «Ha vissuto la sua identità di figlia e poi di moglie, ma non può completarsi diventando a sua volta madre e nonna. L’uomo, invece, si sente meno virile . Alcune persone arrivano a essere apatiche nel lavoro o nella vita privata e si chiedono: “Perché devo darmi da fare se non avrò dei figli?”».
E anche l’intimità ne risente: «La sessualità programmata, e dunque finalizzata solo alla ricerca di un figlio nei giorni in cui si hanno più probabilità di concepimento, rende il sesso metodico , poco entusiasmante. E toglie gli aspetti ludici e romantici, ingredienti fondamentali per una sessualità gratificante. Nei casi più gravi si possono sviluppare disfunzioni sessuali , dal vaginismo ai disturbi dell’erezione: sono un modo per comunicare uno stato di disagio o punire inconsciamente il partner sterile».
Quale strada scegliere Quando il desiderio del concepimento viene disatteso, c’è bisogno di un tempo più o meno lungo per elaborare il proprio “lutto”. «È un passaggio inevitabile» spiega Stefania Vaccari. «Affrontare l’infertilità significa anche rivedere il progetto di famiglia che si era immaginato, perché la coppia si ritrova a domandarsi: “E ora cosa facciamo? Rinunciamo definitivamente ad avere dei figli oppure proseguiamo per altre vie?”».
Come trovare una nuova identità Se la coppia decide di non ricorrere alla riproduzione medicalmente assistita o all’adozione, i dubbi comuni che possono sorgere sono: «Sopravviveremo senza un figlio? Ci basteremo l’un l’altra?». «Sono domande normali» spiega l’esperta. «E affinché la risposta sia positiva i partner devono ripensarsi al di là del proprio ruolo di madre o di padre, continuando a nutrire ogni giorno la loro identità di coppia . Solo così il fallimento genitoriale non si trasformerà in un fallimento della vita a due».
Affrontare il proprio dolore «Riconoscere e accettare di avere un problema di concepimento è il primo passo per evitare di rimanere imprigionati in una sofferenza che può compromettere il legame di coppia» dice la sessuologa. «La soluzione, quindi, è parlare liberamente della proprio sofferenza (o, se è difficile farlo, affidarsi a un esperto). Condividere gli stati d’animo permette di mettersi nei panni dell’altro e capire cosa sta provando: spesso si scopre che dietro la rabbia di uno o di entrambi c’è la paura di mostrarsi indifesi e spaventati».
Cercare altri modi per essere fertili «Per un certo periodo molte coppie faticano a frequentare la solita compagnia di amici con figli. È importante capire quello che è funzionale per sé: se andare al battesimo di un neonato comporta una grande sofferenza, non bisogna costringersi. Si può evitare per il tempo necessario all’accettazione della propria infertilità» suggerisce Visigalli. «Piuttosto si possono investire energie in altro, impegnandosi in un proprio progetto di realizzazione nella vita sociale , come un’attività di volontariato o un viaggio da fare insieme».