Quando si parla di epatite C tutti pensano che si trasmetta solo con le trasfusioni di sangue. E, invece, l’infezione si può prendere anche dal dentista oppure se la manicure, il tatuaggio o il piercing vengono eseguiti con strumenti non sterilizzati. «Lo dimostra il fatto che, quando comunico la diagnosi alle pazienti che non hanno subito trasfusioni, sempre più spesso si ricordano che, nello studio dentistico o dall’estetista, hanno notato condizioni igieniche non proprio perfette» spiega Antonio Craxì, uno dei più autorevoli epatologi mondiali e direttore dell’Istituto di gastroenterologia del Policlinico di Palermo.
«Ma, non sapendo che il virus si può trasmettere anche attraverso strumenti medici o aghi infetti, non ci hanno badato». Anche per questo, oggi circa il 70 per cento di chi ha l’epatite C non sa di essere malato. Con il rischio di contagiare altre persone. Con l’aiuto del professor Craxì, abbiamo risposto alle domande che vengono più spesso fatte ai medici. Per sapere come evitare l’infezione. Ma anche come si può affrontare meglio la terapia se si è già malati.
Il mese della prevenzione
Donna Moderna dedica febbraio alla prevenzione dell’epatite C, con l’Istituito di Gastroenterologia del Policlinico di Palermo. Chiama il 3400627259: fino al 2 marzo, martedì, mercoledì e giovedì, dalle 15 alle 18 rispondono gli esperti. Oppure manda una e-mail a
È possibile soffrire di epatite C ma accorgersene dopo molto tempo?
Certo, perché l’epatite C non dà quasi mai sintomi. Per questo, quando si fanno gli esami del sangue, è meglio chiedere al medico di aggiungere anche l’analisi per verificare la presenza del virus. E questo consiglio vale soprattutto per chi ha subito delle trasfusioni di sangue prima del ’92, quando i controlli sui donatori non erano ancora rigorosi. Oppure per chi ha fatto un tatuaggio in condizioni igieniche non garantite. O, ancora, è andato in uno studio dentistico poco pulito.
Se il dentista usa i guanti si può stare tranquilli?
Assolutamente no. I guanti, semmai, proteggono il medico. Il contagio, comunque, avviene solo se gli strumenti non vengono sterilizzati secondo i protocolli stabiliti, oppure se lo studio non ha un buon livello di igiene. Meglio controllare, allora, dove il dentista tiene gli strumenti: se li cerca in un cassetto disordinato, non è certo un buon segno. È garanzia di sicurezza, invece, che apra sotto gli occhi del paziente la busta con gli strumenti usa e getta o sterilizzati nell’apposita macchina.
Come posso cautelarmi quando vado dall’estetista?
Anche qui, per evitare rischi è bene, comunque, controllare che gli strumenti vengano ogni volta sterilizzati e insacchettati. Oppure si può acquistare un set e portarlo con sé ogni volta che si va dall’estetista. Costa circa 25 euro e sta in borsetta. Le regole anticontagio valgono anche per i trattamenti estetici come la liposuzione o i filler, cioè il riempimento delle rughe. Meglio rivolgersi ai centri condotti da personale medico.
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È vero che le cure danno tanti effetti collaterali?
Effettivamente i farmaci immunosoppressori, come l’interferone, usati fino a poco tempo fa, provocavano molti disturbi, come malessere generale, dolori muscolari, nausea, prurito, spossatezza e depressione. Ora, però, c’è una nuova terapia, detta combinata, molto meno aggressiva. Questo perché l’interferone, che insieme alla ribavirina compone questa cura, è stato modificato rispetto al “vecchio” e viene rilasciato gradualmente. Così, basta fare un’iniezione alla settimana, anziché tre. In pratica, quando il farmaco viene iniettato, l’organismo si comporta come una spugna: lo trattiene e lo libera poco per volta. In questo modo il corpo fa meno fatica ad accettare l’interferone. In più, nei casi meno gravi, la terapia dura sei mesi anziché un anno.
Si può passare dalla vecchia terapia alla nuova?
Assolutamente sì. Ormai quasi tutti i centri di epatologia la prescrivono. La terapia combinata è efficace anche per chi sta facendo la vecchia cura o l’ha finita e non è guarito.
Che possibilità di guarigione ci sono con la nuova cura?
Molto più alte di prima. Per le forme più lievi si passa dal 40 all’88 per cento. E, in quelle più gravi, che prima guarivano in un solo caso su 10, adesso c’è il 45 per cento di probabilità di successo.
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