«Quello che ci lega alla mamma è un sentimento che più intenso non si può, nel bene e nel male. Perché noi donne ci rispecchiamo in nostra madre. E lei, inesorabilmente, in noi, in un gioco di rimandi sempre sul punto di travolgerci. Con la mamma, che ci conosce bene, torniamo bambine e, proprio per questo, anche da adulte temiamo di cadere in una fusione paralizzante. Le madri troppo avvolgenti e invadenti che, anche senza volerlo, incoraggiano la dipendenza suscitano reazioni di rabbia e infiniti sensi di colpa. Mentre quelle che si comportano da “amiche” confondono le idee, perché tra le generazioni è necessaria l’asimmetria. Nascono così conflitti e incomprensioni.

Ma la pace è necessaria, specie a mano a mano che vediamo i genitori invecchiare. Due consigli. Con le madri più giovani bisogna imparare, di volta in volta, a chiarirsi e a esporre senza paura le proprie ragioni. Con le più anziane, invece, basta vivere il qui e ora, senza rivangare vecchi risentimenti. Per evitare conflitti logoranti, infine, bisogna esercitare l’arte della distanza, come due porcospini che si amano ma temono di ferirsi abbracciandosi troppo forte: “Mamma, ti voglio un bene infinito, ma tu hai la tua vita, io la mia. Cerchiamo di viverla al meglio”».

Silvia Vegetti Finzi – Psicoterapeuta e scrittrice, esperta di relazioni famigliari e problemi dell’infanzia. Tra i suoi libri, Nuovi nonni per nuovi nipoti. La gioia di un incontro (Mondadori).

«Nell’infanzia questa è una presenza così importante che ci segna per sempre: una invincibile voglia di padre accompagna ogni donna nel corso della sua esistenza. Perché è il primo uomo che abbiamo conosciuto nella vita, una figura mitica, il nostro primo amore: ciò che sapremo e faremo riguardo agli uomini sarà condizionato dal rapporto che abbiamo avuto con lui. Padri freddi e autoritari o padri assenti, quindi, che non corrispondono al bisogno di amore e protezione della figlia, sono figure che non invitano alla riconciliazione.

Ma occorre evitare di cadere nella trappola dell’infanzia infelice. Invece, dopo aver pianto su di sé e districato i grovigli emotivi, è importante fare la pace. Come? Ci viene in aiuto una antica fiaba francese, resa celebre da Charles Perrault. In Pelle d’asino la giovane principessa si nasconde sotto una pelle di animale per sfuggire al terribile padre. Se ne andrà lontano portando con sé tre oggetti d’oro, e saranno questi a salvarla nella foresta e a renderla sposa di un re. Pensiamo ai tre doni che nostro padre, con tutti i suoi limiti, ci ha trasmesso. Facciamo tesoro della sua onestà, dell’incrollabile tenacia, persino di quei suoi lunghi silenzi. Saranno la sua preziosa eredità, e il nostro modo di accoglierlo nel cuore».

Gianna Schelotto – Psicoterapeuta, sessuologa e autrice di numerosi libri sulla coppia e sui legami in famiglia tra cui Ti ricordi, papà? Padri e figlie, un rapporto enigmatico (Mondadori).

«“Al centro del mio essere non c’è il vuoto. E neanche uno spazio arido e desolato. Al centro del mio essere c’è l’amore”, fa dire lo scrittore giapponese Haruki Murakami alla protagonista di 1Q84 (Einaudi). Quando siamo innamorati, infatti, tutto si illumina e acquista un senso, conosciamo l’entusiasmo el a passione per la vita. Ma quando c’è crisi nella coppia qualcosa si rompe dentro di noi. Una solitudine malinconica pervade le case in cui la routine ha finito per anestetizzare il cuore. Ciascuno ha la sua storia, ma vedo tanti conflitti nascere dal desiderio di potere e dalla competizione.

Per fare la pace, tutti noi (maschi e femmine), dovremmo davvero “deporre le armi” e impegnarci a costruire una cultura dei sentimenti. Una materia che le donne conoscono bene. Infatti, sotto la corazza che ultimamente hanno dovuto indossare per far fronte alle durezze della vita, conservano intatti i doni della femminilità, come eleganza, grazia, gentilezza, sensibilità. Apparenti fragilità che, al contrario, sono le leve preziose della riconciliazione nella coppia. Perché fare la pace con l’uomo è, dopotutto, riconciliarsi con la parte femminile di sé. E una prova di coraggio. Quello necessario per tornare a essere disponibili all’altro se alla base c’è una ferita».

Nicola Ghezzani  – Psicoterapeuta e autore del libro La paura di amare (Franco Angeli).

«“Ho sbagliato”, “Non ho fatto abbastanza”, “Nella vita ho commesso troppi errori”. Sono alcune delle frasi ricorrenti che sento ripetere dalle donne. E questo nonostante abbiano scoperto di saper fare tante cose, e di saperle fare bene. Una ricchezza di talenti che,però, deve incanalarsi nelle rigide norme della società di oggi, frutto di una visione maschile. Le regole, allora, sono diventate “l’occhio” interiore sempre pronto a giudicare. Alimentando sensi di colpa e di inadeguatezza, eterne ansie, inquietudini.

Per “mettersi il cuore in pace”, quindi, bisogna cambiare prospettiva. Uscire dal mito della perfezione, accettare i propri limiti ma anche la propria preziosa originalità. Sapendo che, così, facciamo un dono a noi stesse e ci apriamo alla conquista interiore della libertà. Sì, noi donne di oggi possiamo scegliere. Di camminare leggere nella vita, lasciare andare i pesi,perdonare, prima di tutto noi stesse. Perché gli errori sono i nostri maestrie, superata la sofferenza che procurano, possiamo andare oltre, forti della voglia di ripartire con un’altra consapevolezza. Forse ci aspetta la solitudine? È per questo che vogliamo tenere tutto sotto controllo?

Ma non siamo sole, se sappiamo ascoltare l’empatia delle altre donne,se nutriamo con le piccole cose di ogni giorno la fiducia e la speranza nella vita. A quel punto potremo assaporare la felicità, che non sarà più un obiettivo irraggiungibile ma una presenza soffusa e quotidiana della quale essere grate».

Michela Morgana – Psicoterapeuta di impostazione buddhista e poetessa. Ha scritto Il fango e il loto (Arpanet).

Come migliorare la relazione con i tuoi figli

«I bambini cementano le coppie, si diceva una volta. Ora non più. I figli piccoli sono un terremoto nella vita dei genitori, una continua fonte di conflitti. Dalla mattina quando si svegliano fino a sera è tutto un capriccio e un braccio di ferro: “Fai il bagnetto”, “No, voglio vedere il cartone”; “Mangia il prosciutto”, “Non mi piace”. Le mamme sono stremate, i papà pure, le coppie rischiano di vacillare. Eppure questi figli, i nostri piccoli capolavori, li abbiamo desiderati. E cerchiamo di accontentare le loro richieste, di rispettarne gusti e bisogni.

Forse è proprio lì che sta l’errore. È che i figli, così svegli e chiacchierini da sembrare adulti in miniatura, sono pur sempre dei bambini. Hanno bisogno di argini e protezione, di vedere nei genitori una guida e un punto di riferimento. Non lasciamoli allo sbaraglio e rispolveriamo questa vecchia parola, educazione, oggi più necessaria che mai. Vale la pena di cominciare subito. Riscoprendo, tra marito e moglie, la solidarietà genitoriale, per poi scrivere insieme le regole della casa. E alla fine sì, tutti nel lettone al sabato mattina, senza programmi, a giocare, ridere e coccolarsi. Perché per crescere (e per fare i genitori) c’è bisogno, anche e più che mai, di valorizzare i momenti di coccole e tenerezza».

Irene Bernardini – Psicoterapeuta e autrice del nuovo libro Bambini e basta (Mondadori).

Come migliorare il rapporto con i colleghi

«Complice la crisi, e un mondo sempre più competitivo, anche il lavoro diventa, in molti casi, una fonte di malessere. Gli antidoti? Diventare consapevoli che l’azienda, il negozio o l’ufficio in cui si è impiegati è come un unico organismo composto da parti (i colleghi) che sono connesse tra loro. Allora ci interesserà aprirci agli altri e conoscere le persone dietro la maschera dei diversi ruoli.

Ci interesserà capire meglio se davvero stiamo mettendo a frutto talento, competenze e creatività. La mattina, poi, è importante arrivare al lavoro con in testa un piccolo pensiero positivo, un messaggio di gratitudine (perché, suonerà un po’ retorico, non bisogna dimenticare che c’è chi è disoccupato). E poi sorridere. Dopotutto, come ricorda anche il Dalai Lama: essere gentili è una pratica che funziona in ogni ambito, persino nel duro mondo del lavoro».

Massimo Gusmano – Psicoterapeuta esperto di consulenze alle organizzazioni aziendali e presidente dell’Associazione Mindfulness Project di Milano.

«Una grande famiglia è come un’oasi di biodiversità. Modi di vivere differenti, una straordinaria ricchezza di risorse per la psiche (le relazioni che, da adulti, si hanno con amici e colleghi si basano sugli antichi modelli famigliari), ma anche una giungla di emozioni contrastanti. Così capita che a Natale ci si ritrovi faccia a faccia con persone ormai diventate quasi estranee. Che fare allora? La cosa più bella è ridere assieme di vecchi episodi della vita in comune. “Ti ricordi quella volta che…?”  

La memoria fa riaffiorare antiche complicità, e ritornando bambini si stemperano i dissapori e il distacco della vita adulta. L’affetto e l’intimità dell’infanzia, filtrati dalla lente del tempo, sapranno riscaldare, almeno per poche ore, la riunione di famiglia. E poi, chissà, la sorpresa di essersi ritrovati, cambiati ma sempre uguali, farà forse nascere altri incontri».

Valeria Egidi Morpurgo – Psicoterapeuta e membro della Società psicoanalitica italiana.

«Quando una lite ci allontana dalla nostra amica del cuore, è una sconfitta. E, dopo un po’ di tempo,nasce il desiderio di recuperare.Per farlo, però, serve una strategia.

1. Rendiamoci conto che ciò che è successo non può essere cancellato. E che dai conflitti non si esce cercando una mediazione (al massimo si vince a metà) né pretendendo dall’amica delle scuse: confessioni e penitenze umiliano e sono controproducenti.

2. L’obiettivo è trasformare il conflitto in solidarietà. Così non solo viene sanato il litigio, ma la relazione può evolvere. Prepariamoci a dichiarare all’amica “Ciò che è accaduto mi ha aiutato a capire delle cose, e ti ringrazio perché sono migliorata”.

3. Nel frattempo prendiamo carta e penna e, ogni giorno, riversiamo sul foglio tutto il nostro veleno, finché la rabbia si è completamente dissipata. Di solito basta una decina di giorni.

4. Ora, più calme e forti, avviciniamo l’amica e dichiariamole la nostra gratitudine e disponibilità. Lei si sentirà disarmata e proverà lo stesso desiderio di riconciliarsi».

Giorgio Nardone – Psicoterapeuta e direttore del Centro di terapia strategica di Arezzo. È autore di molti libri di cui l’ultimo è Cavalcare la propria tigre (Salani editore).