La storia di Gianmarco Tamberi la conosciamo tutti, dalle medaglie ai successi, fino alle Olimpiadi di Parigi, dove “Gimbo” e portabandiera dell’Italia si è presentato ancora alle prese con i postumi di un calcolo renale che ha compromesso la sua prova (e dunque anche la possibilità di medaglia). Il seguito è invece questione di ore, con alcuni osservatori che puntano il dito sulla dieta troppo drastica seguita dall’atleta, che potrebbe avere avuto un peso su quanto accaduto. Ma cosa c’è di vero?

Tamberi e lo sfogo social: «Solo disinformazione»

«Non vorrei soffermarmi più di tanto sulle cose che si leggono in questi giorni, ma per correttezza nei vostri confronti è giusto quanto meno che vi dica di non fidarvi di quello che leggete perché la maggior parte delle cose che stanno girando sono cavolate colossali e a mio modesto parere anche molto pericolose per chi legge», ha chiarito Gianmarco Tamberi sul proprio account Instagram. Il saltatore 32 enne ha anche rassicurato sul proprio stato: «Fortunatamente sono diversi giorni che grazie ai medicinali che sto prendendo non ho più avuto né dolori particolari né coliche. Il calcolo è ancora presente ma i dottori dicono che dovrebbe essere in dirittura d’arrivo per essere espulso. Mi hanno consigliato di fare attività fisica per facilitare questo processo e quindi sono tornato ad allenarmi con la speranza di poter fare anche quelle gare che avevamo confermato già prima delle Olimpiadi».

Per Gianmarco Tamberi non è colpa del peso

Poi, però, Tamberi è entrato nel merito della polemica: «Da articoli che parlano di una dieta che mi ha fatto perdere 7/8 kg tra gli Europei (11/06) e le Olimpiadi (10/08), fino ad arrivare ad altri che dicono che io tutto l’anno bevo massimo un bicchiere d’acqua al giorno…. Come potete immaginare, oltre alla disinformazione generale, queste “perle” potrebbero anche essere dannose da condividere…», ha concluso categoricamente l’azzurro. A sollevare dubbi sulla sua dieta, però, era stato un aggettivo che lo stesso Tamberi aveva usato in una intervista per descrivere il suo regime alimentare: «una dieta tremenda».

La dieta di Tamberi

«La mia dieta è tremenda, è allucinante» aveva raccontato a GQ lo scorso luglio, prima del via dei Giochi, «perché il salto in alto prevede di superare la gravità, la gravità ti schiaccia a terra e meno pesi più è facile farlo. Quindi arrivo sempre all’appuntamento importante dopo mesi e mesi di dieta estenuante. Sono arrivato agli ultimi Mondiali a 73,9 chili, che è uno dei miei minimi storici. Sono alto 1,92, e se facessi qualsiasi altro sport il peso forma sarebbe intorno agli 85-86 chili».

Tutto sotto controllo, anche l’acqua

Ora l’atleta, spiegando che il suo peso è «monitorato giornalmente tutto l’anno», chiarisce anche: «Sono il primo a dirvi che è una dieta molto stretta e difficile, come tutti gli allenamenti che faccio durante l’anno sono molto pesanti e studiati per portarmi al limite, ma questo è l’unico modo che un atleta ha per provare a raggiungere il proprio massimo livello». È sempre lui a spiegare ai followers: «Ad ogni allenamento bevo più di un litro e mezzo d’acqua ed altrettanta ne bevo durante la giornata. La mia dieta è stata studiata e condivisa da diversi professionisti e sono più di 10 anni che seguo questo regime alimentare senza mai aver avuto problemi e facendo regolarmente controlli. Difficile pensare di cambiarla così di punto in bianco nell’anno più importante della mia carriera senza un motivo preciso».

La causa del calcolo renale

Qual è, dunque, la causa del calcolo al rene? Se qualche esperto ha puntato il dito sul regime alimentare, per Tamberi il motivo è un altro: «Dopo i tanti esami fatti è emerso che sono geneticamente predisposto a questo tipo di problema. Le coliche, che dopo averle provate non augurerei davvero a nessuno, sono un dolore violento e improvviso che si manifestano per lo più in soggetti, come nel mio caso, che hanno una storia familiare di calcoli renali. È successo. È passato. Ora si va avanti».

Motivi familiari, ma la dieta può influire

«Nelle coliche renali la predisposizione costituzionale, quindi la familiarità, può essere una delle motivazioni, ma anche l’alimentazione non va trascurata», osserva Francesco Balducci, medico esperto Anti-age, nutrizionista e personal trainer. «Le altre cause possono essere, infatti, una dieta ricca di ossalato di calcio e un’idratazione non adeguata – prosegue l’esperto – Soprattutto in una estate come questa, infatti, il caldo e l’eccessiva sudorazione non vanno trascurati».

I consigli dell’esperto

Da qui alcuni consigli: «Il primo è appunto di prestare attenzione a quanto e cosa si beve. Per gli atleti, soprattutto quelli impegnati in sforzi particolarmente intensi o di lunga durata, si dovrebbe pensare anche a un’integrazione di alta qualità: non dei semplici integratori, magari venduti a basso costo al supermercato, ma a prodotti specifici. La sola acqua può non bastare e comunque dovrebbe essere adeguata, alcalina e micronizzata, cioè con cluster (aggregati, Ndr) di molecole d’acqua che siano più biodisponibili e garantiscano il giusto apporto di antiossidanti».

I cibi da evitare

Esistono, poi, alcuni alimenti che, a causa della loro composizione possono risultare meno adatti in chi potrebbe essere portato a calcolosi: «Si tratta, ad esempio, dei latticini, dei quali non abusare anche perché possono avere effetto pre-infiammatorio, e di alcune verdure. Tra queste ci sono spinaci e asparag» spiega Balducci. Non vanno dimenticati tra gli alimenti a rischio neppure frutta secca, bevande a base di cola, rabarbaro, barbabietole, crusca di frumento, fragole e cioccolato, come ricorda la Fondazione Veronesi.

Gli alimenti “amici” dell’intestino

«Infine ricorderei che anche l’equilibrio intestinale può influenzare la formazione di calcoli. Il microbiota sano, infatti, non solo aiuta a produrre vitamine importanti come la K e favorisce la metabolizzazione ormonale, ma riduce il rischio di calcolosi. Per questo possono essere utili i prebiotici e probiotici. È importante, infatti, il giusto apporto di bifidobatteri e lactobacilli, con la raccomandazione però che non appartengano a una sola famiglia, ma che siano diversificati. Per questo è meglio evitare il fai-da-te, rivolgendosi a un esperto», conclude Balducci.