Scarsa concentrazione, tendenza a distrarsi facilmente, fatica nell’organizzare le attività, ma anche mancanza di pazienza e impulsività: sono alcuni dei sintomi del deficit di attenzione e iperattività, l’ADHD, che si stima interessi almeno il 2-6% dei bambini, con dati in crescita. Ma si tratta anche di segnali che sempre più adulti sembrano riconoscere in se stessi, specie negli Usa dove da qualche tempo ci si chiede se anche in età matura si possa diagnosticare l’ADHD o se invece non si tratti dell’effetto di una vita frenetica.

L’ADHD: come riconoscerlo anche negli adulti

Il deficit di attenzione viene solitamente diagnosticato entro i 12 anni di vita, alla soglia dell’adolescenza, in presenza di comportamenti ricorrenti come difficoltà nel mantenere l’attenzione, iperattività o impulsività, sia a scuola che a casa o durante le attività ricreative. Nel corso degli anni è cresciuta la sensibilità nei confronti di questa condizione, che si ritiene abbia una causa neurobiologica e una componente genetica, e oggi molti adulti si chiedono se non abbiano loro stessi l’ADHD non diagnosticato in passato. Tra i campanelli d’allarme più ricorrenti ci sono irritabilità, irrequietezza e disattenzione cronica.

Boom di disattenzione tra gli adulti

Negli Usa da qualche tempo si sta discutendo proprio della condizione di disattenzione cronica, con molte persone che lamentano di dimenticarsi con frequenza le cose, di distrarsi continuamente, sia al lavoro che a casa, magari saltando appuntamenti, scadenze (dalle bollette alle chiavi dell’auto) o commettendo errori alla guida che portano a prendere multe. Anche le difficoltà nell’organizzare gli impegni, l’impulsività e una certa tendenza a essere logorroici a volte possono far pensare a un deficit di attenzione, magari non diagnosticato da bambini e rimasto latente perché compensato dall’intervento dei genitori.

Quanto è diffuso l’ADHD negli adulti

Da uno studio pubblicato sul Journal of Global Health nel 2020, la prevalenza di ADHD persistente negli adulti (cioè con esordio durante l’infanzia) è risultato del 2,58%, mentre per l’ADHD sintomatico negli adulti (vale a dire indipendentemente dall’esordio infantile) si stima il 6,76%. Tradotto in cifre, significa che ne soffrono poco meno di 140 milioni di persone adulte nel mondo. Quanto all’Italia, «secondo i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità, gli studi mostrano prevalenze che oscillano tra lo 0,4% e il 3,6%. Va però anche considerato che tra il 30% e il 70% dei bambini che ha avuto l’ADHD continua a mostrare gli stessi sintomi e disturbi in età adulta».

Come si diagnostica l’ADHD negli adulti?

Negli adulti, così come nei bambini, per la diagnosi di deficit serve la valutazione da parte di uno specialista, che include «un colloquio psichiatrico e psicoterapeutico approfondito (di almeno un’ora), informazioni anche dal coniuge o altri membri della famiglia che, previo consenso della persona interessata, possono partecipare alla visita. È prevista anche la somministrazione di scale di valutazione standardizzate per l’ADHD e test psicometrici, a discrezione del clinico», spiega Adelia Lucattini, Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association, esperta di bambini e adolescenti.

Quando non è solo deficit di attenzione?

«Poiché altri disturbi psichiatrici possono assomigliare all’ADHD o coesistono con l’ADHD (si parla di comorbidità), raramente la diagnosi è ristretta solo a questo deficit. Numerose ricerche, infatti, hanno dimostrato che più di due terzi delle persone con ADHD ha anche uno o più disturbi coesistenti. Tra i più comuni ci sono depressione, disturbi d’ansia, difficoltà di apprendimento e disturbi da uso di sostanze – chiarisce la psicoanalista – Molti di questi hanno sintomi possono simulare un ADHD e di fatto essere scambiati per questo».

L’ADHD non è affaticamento o stress

Come si distingue, quindi, da fatica, stanchezza, o altre condizioni analoghe? «In primo luogo i sintomi del deficit sono duraturi. Inoltre, la maggior parte degli adulti che chiede una valutazione per l’ADHD lamenta da tempo difficoltà impegnative in uno o più ambiti della propria vita. Per esempio, rendimento e prestazioni discontinue nel lavoro con ricadute sulla carriera, che possono arrivare alla perdita o all’abbandono del lavoro, che viene sentito insostenibile e troppo faticoso. Tutto ciò solitamente è accompagnato da una precedente storia personale di risultati scolastici e professionali inferiori rispetto all’intelligenza e al tempo dedicato», sottolinea Lucattini.

Le difficoltà quotidiane degli adulti con ADHD

Ma le difficoltà non si limitano alla sfera professionale: «Sul piano privato – prosegue l’esperta – di solito gli adulti con ADHD manifestano una scarsa capacità di gestire gli impegni quotidiani, come completare le faccende domestiche, pagare le bollette, gestire l’organizzazione familiare e la manutenzione dell’abitazione. Non di rado hanno anche problemi relazionali, legati sempre al mancato completamento dei compiti che sono loro affidati o a dimenticanze importanti, oppure ancora o scopi di rabbia per cose di poco conto». Tra le conseguenze ci sono stress cronico e preoccupazione: «Solitamente sono persone intelligenti e precise che soffrono per le proprie difficoltà, tanto da sviluppare sentimenti intensi e duraturi come frustrazione, colpa o biasimo verso se stessi».

Come si interviene per l’ADHD negli adulti

Per superare queste difficoltà il primo passo è prenderne coscienza, per poi riuscire a gestire i propri disturbi. Oltre al percorso psicoterapico e psicanalitico, esistono farmaci specifici, «psicostimolanti autorizzati dall’Agenzia italiana del farmaco, che però richiedono attenzione (e una prescrizione medica) per gli effetti correlati e indesiderati – sottolinea Lucattini – È anche necessario e molto utile organizzarsi il più possibile, per stilare una lista delle attività che si ritengono necessarie giorno per giorno. Un esempio è il ricorso al cosiddetto “pomodoro time”.

Un aiuto dal “pomodoro time”

Si tratta di una tecnica che prevede «l’uso di un timer, per dare un ritmo alla giornata, ma che può essere molto utile anche al lavoro, a casa, nello studio, e per ricordarsi di fare le pause che sono assolutamente necessarie. È importante utilizzare promemoria cartacei o digitali a seconda della propria preferenza, evitare il più possibile di lasciare in disordine, poiché questo confonde, genera ansia e rende più difficile l’organizzazione – consiglia la psicoanalista – Ma soprattutto è indispensabile essere consapevoli che l’ADHD è un disturbo trattabile e non interferisce con l’intelligenza. Facendosi aiutare dal proprio psicoterapeuta, è possibile realizzare i propri desideri e le proprie ambizioni. Nonostante la fatica, la costanza e il coraggio pagano sempre».