Quella che segue è una piccola storia personale che mi ha provocato, in quest’ordine, sofferenza, rassegnazione, ribellione, sbigottimento, rabbia e sollievo. È una piccola storia a lieto fine, di quelle che non si raccontano perché appartengono all’intimità del proprio corpo e dei propri acciacchi. Sono tuttavia convinta che la condivisione salverà il mondo, o almeno le donne (e il loro dolore).
La presunta normalità del dolore delle donne
Siamo state programmate per la rassegnazione; dalla prima mestruazione in poi, passando per il parto e per la menopausa, ci hanno spiegato che soffrire era normale. «Hop hop!» è il mantra con cui mi ha cresciuta mia madre. Una donna che si lamenta è una lagna, un uomo che fa lo stesso è semplicemente maschio. Abbiamo imparato a sopportare con grazia, donne convinte che una dose di dolore fosse parte integrante del nostro corredo cromosomico.
Menopausa, e l’equilibrio col ginecologo si rompe
Il mio (ex) ginecologo è un uomo amabile e un medico competente. Mi ha accompagnato nelle tre gravidanze con professionalità e accoglienza. Sono stata sua paziente per oltre vent’anni e mi sono sempre sentita al sicuro e in ottime mani.
Poi sono entrata in menopausa e, come spesso accade, qualche equilibrio si è rotto. «Dottore, i rapporti sessuali sono diventati dolorosi» gli ho raccontato. «Può succedere, è normale» ha risposto lui inchiodandomi al nostro presunto destino di genere. «Sarà pure normale ma non si può fare nulla, a parte votarsi alla sofferenza o alla castità da qui alla fine dei giorni?». «Provi a rilassarsi». Rilassarmi. Sto con lo stesso uomo da 30 anni. Siamo cresciuti insieme. Parliamo con la stessa voce, pensiamo con la stessa testa, conosciamo i nostri gesti, la nostra pelle, le pieghe dei nostri corpi e delle nostre anime. L’amore con lui è una casa accogliente, una danza sincrona, la tela collaudata dei nostri colori. «Dottore, il sesso con mio marito è tante cose ma certo non stress».
No, non siamo nate per soffrire
Lui mi ha prescritto un placebo e mi ha congedata frettoloso. La situazione non è migliorata e al terzo anno di questo esasperante siparietto medico, sempre identico, ho seguito il consiglio di un’amica e mi sono rivolta a una ginecologa specializzata in menopausa. Mi ha ascoltata, mi ha visitata, ha scosso la testa e mi ha assicurato che no, soffrire così non era normale. Sono state sufficienti due settimane di una terapia nemmeno particolarmente aggressiva per risolvere ogni disturbo e ripristinare la sintonia fisica perduta. Due settimane e tre anni persi nella perversa convinzione che siamo nate per soffrire.
Tutte le stagioni meritano cura
Questa è una piccola storia personale. Ognuna di noi ne ha una diversa, da affrontare singolarmente ma, forse, da condividere. Perché troppe volte siamo prigioniere della nostra rassegnazione. E capita di cadere vittime di professionisti distratti, convinti che non tutte le stagioni siano degne della medesima cura. Perché, a dispetto di quello che ci raccontano, anche la menopausa può essere una primavera.