L’endometriosi affligge il 5% delle donne in periodo fertile, in particolare tra i 25 e i 35 anni, per un totale di circa 3 milioni di donne in Italia. I sintomi più comuni sono dismenorrea (dolore nel corso del ciclo mestruale), dispareunia (dolore durante il rapporto) e un dolore pelvico cronico. Addirittura, nel 30-40% dei casi, può condurre a infertilità. Si tratta di una malattia benigna cronica e ricorrente, caratterizzata dalla proliferazione di tessuto endometriale al di fuori della cavità uterina. Tessuto che, a sua volta, è soggetto a processi infiammatori acuti e cronici, che possono coinvolgere diversi organi e non solo l’apparato pelvico.
Proprio per questo l’endometriosi si differenzia in lesioni ovariche e peritoneali superficiali e profonde, ma si manifesta anche sotto forma di cisti endometriosica ovarica. L’1% delle donne, inoltre, può essere affetta da endometriosi profonda. Nonostante questo, l’endometriosi è difficile da diagnosticare, tanto che il tempo medio per la diagnosi è stimato essere di circa 9 anni: 5 per vedere il primo medico e altri 4 per identificarla e diagnosticarla.
Da non sottovalutare l’impatto che l’endometriosi può avere sulla fertilità. In quanto patologia benigna dell’utero, infatti, può ostacolare o compromettere la fecondazione naturale. Un argomento che è necessario approfondire e su cui discutere per attirare l’attenzione sul tema, eliminando la convinzione che il ciclo mestruale sia una questione unicamente femminile e riportando al centro dell’attenzione la coppia, poiché – come sottolineato da Barbara Rachetti nella diretta Endometriosi e il desiderio di diventare mamma sulla pagina Facebook di Donna Moderna – anche il partner deve essere educato e coinvolto.
L’impatto dell’endometriosi sulla vita e sulla fertilità della donna
L’endometriosi ha un effetto notevole sulla qualità della vita e non solo per i sintomi e il dolore che può causare. È l’impatto sulla fertilità, infatti, a rendere questa malattia cronica particolarmente difficile da trattare, anche dal punto di vista emotivo. In quanto condizione cronica e progressiva, l’endometriosi deve essere gestita pensando al lungo termine. Proprio per questo, deve essere considerata la singolarità di ogni situazione, la tollerabilità della paziente e, soprattutto, la sua sicurezza. Altri fattori determinanti nella scelta di un piano terapeutico sono, naturalmente, l’età e il potenziale di fertilità: la rimozione chirurgica di un endometrioma, infatti, può avere un impatto negativo sulla riserva ovarica e, di conseguenza, sulla fertilità. Non è raro, infatti, che circa il 10-25% delle donne che soffrono di endometriosi debbano ricorrere a Tecniche di Fecondazione in Vitro (FIVET).
Un problema che, purtroppo, può essere aggravato dall’approccio chirurgico della patologia: intervenire chirurgicamente sulla cisti endometriosica, infatti, riduce la riserva ovarica del 40%. Circa il 15% delle pazienti, inoltre, deve affrontare una completa atrofia ovarica monolaterale, mentre nel 3-5% dei casi l’intervento chirurgico bilaterale (ovariectomia) provoca la menopausa. Una possibile soluzione al problema, soprattutto in presenza di forme aggressive e formazioni cistiche voluminose, è conservare gli ovociti prima dell’intervento in modo da preservarne la numerica oltre che la loro qualità.
Prevenzione e preservazione della fertilità
Un aspetto da non sottovalutare è la recidiva. Una problematica che colpisce circa il 10% delle donne che si sono sottoposte all’asportazione laparoscopica delle cisti ovariche endometriosiche. Senza il supporto di terapie mediche, dunque, quasi la metà delle pazienti operate ha la possibilità di sviluppare una recidiva entro cinque anni dalla chirurgia. Un problema notevole soprattutto per la fertilità, poiché sia la chirurgia che la malattia provocano ingenti danni ai follicoli funzionali, riducendo le probabilità di avere una gravidanza.
Ecco perché la prevenzione dell’infertilità è fondamentale, proprio come suggerito dalla Dott.ssa Claudia Livi, Direttore Sanitario del Centro Demetra di Firenze. Una possibilità è congelare gli ovociti e utilizzarli in futuro per una fertilizzazione in vitro. Un’ottima soluzione, questa, soprattutto per le donne più giovani, alle quali la procedura può garantire maggiori probabilità di gravidanza.
L’importanza della comunicazione e della prevenzione
La chiave per il trattamento dell’endometriosi è la prevenzione e, con essa, la comunicazione: è fondamentale discutere in modo approfondito di fertilità femminile e patologie benigne dell’utero. Tra queste, endometriosi e fibromi uterini, infatti, sono riportati anche dal Piano Nazionale per la Fertilità del Ministero della Salute (2015) tra le patologie che hanno il maggior impatto sulla fertilità.
Se il calo demografico nel nostro Paese è il peggiore dall’Unità d’Italia e si lega a fattori culturali ed economici, la pandemia ha certamente reso visite regolari ed ecografie più difficoltose. E, di conseguenza, la prevenzione. La Prof.ssa Rossella Nappi, ginecologa e responsabile dell’Unità di Ostetricia e Ginecologia-PMA al Policlinico S. Matteo dell’Università degli Studi di Pavia, ha messo in evidenza come controlli regolari dal ginecologo e l’uso della pillola anticoncezionale (che può essere una combinazione estroprogestinica o anche solo progestinica) o progestinici possano proteggere utero e ovaio e ritardare l’insorgenza di alcune malattie. L’endometriosi, però, è una problematica che deve essere affrontata anche dal punto di vista sociale. Il ciclo mestruale e l’infertilità, infatti, sono tematiche ancora considerate dei tabù. La realtà, invece, è che mestruazioni e rapporti dolorosi, sono fattori da tenere sotto controllo. Oltre che un problema da affrontare all’interno della coppia, come testimoniano le esperienze delle donne raccolte nell’Associazione Endometriosi FVG Odv presieduta da Sonia Manente.
Con il contributo non condizionante di Gedeon Richter Italia