Da diversi anni in farmacia si vendono i farmaci generici che, a differenza dei medicinali noti, prendono il nome dal principio attivo di cui sono composti. Per questo motivo sono detti anche farmaci equivalenti. Non hanno, dunque, un “titolo” di fantasia, ma sono convenzionalmente definiti secondo i criteri della Denominazione Comune Internazionale (DCI), che attribuisce lo stesso nome – accettato in tutto il mondo – ai componenti chimici di preparazione di tutti i farmaci.
Per fare un esempio, la paroxetina è il principio attivo di un noto antidepressivo, e dà il nome ai farmaci generici per curare la depressione, sostituendo quindi il nome commerciale dell’equivalente farmaco “griffato”.
I numeri
In Italia la cultura del farmaco generico stenta a decollare: secondo le stime di Assogenerici, il 12% delle confezioni di farmaci venduti è un equivalente. Negli altri Paesi europei, invece, il consumo di tali farmaci a volte supera quello di marca, con una media del 50-70% di confezioni vendute sul totale dei medicinali.
Eppure è un peccato per le tasche degli Italiani: è stato stimato che i generici in linea di massima comportano un risparmio del 20% (fino al 55%) rispetto ai corrispettivi “firmati”.
Meglio scegliere farmaci di marca o generici?
Non c’è una risposta univoca a questa domanda, perché il principio attivo è lo stesso e agisce nello stesso modo. A cambiare è il prezzo. La valutazione può spettare al medico, qualora si tratti di farmaci acquistabili dietro ricetta medica, o al paziente, nel caso di farmaci di automedicazione. E in questo caso, il criterio dipende dal portafogli.
Ogni anno le famiglie italiane spendono circa 230 euro per l’acquisto di farmaci: questa spesa potrebbe essere ridotta ricorrendo all’impiego di farmaci equivalenti.
In alcuni casi, il medico può prescrivere farmaci di marca e scrivere quindi sulla ricetta “non sostituibili con equivalenti”, ma queste sono valutazioni prettamente specialistiche e dipendenti da vari fattori quali la patologia, l’ambito, gli studi clinici, le casistiche di pazienti, la posologia ecc.
Qual è la differenza tra farmaci generici ed equivalenti?
Nessuna, in quanto sono sinonimi. La domanda corretta è piuttosto sulla differenza con i farmaci di marca.
I farmaci generici o equivalenti hanno tutte le caratteristiche dei farmaci di marca: stessa percentuale di principio attivo, stessa modalità di somministrazione e stesse indicazioni terapeutiche. La differenza consiste nel fatto che i principi attivi utilizzabili per i farmaci equivalenti sono quelli il cui brevetto è scaduto. Ma ciò non vuol dire che siano meno validi in termini di efficacia e sicurezza.
In Europa la copertura del brevetto dei farmaci dura 20 anni. Terminato questo periodo, si può procedere alla commercializzazione dei farmaci equivalenti, che prima di essere immessi sul mercato, devono superare severe prove di bioequivalenza dei principi attivi utilizzati.
I medicinali generici sono efficaci o pericolosi?
Sono assolutamente efficaci e mai pericolosi! I farmaci equivalenti sono una “copia” delle specialità medicinali registrate. Possono essere sia da banco (acquistabili liberamente) sia prescrivibili (acquistabili solo con ricetta medica). Proprio come le specialità medicinali dalle quali derivano.
Cosa dice la legislazione attuale sui medicinali generici?
La normativa vigente, basata sul Decreto Legislativo 323 del 20/06/96 (convertito in Legge 425/96) stabilisce che i generici debbano avere “la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche.”. La normativa non prevede la composizione degli eccipienti, ovvero le sostanze aggiunte ai principi attivi di un farmaco (questo aspetto è una possibile fonte di problemi o dubbi per i medici prescrittori).