Farmaci generici: le caratteristiche

Costano meno delle medicine di marca, contengono lo stesso principio attivo e producono lo stesso effetto: eppure i farmaci generici non riescono a convincere medici e pazienti. Sono appena il 17 per cento dei medicinali venduti in Italia (in Europa la media è il 50 per cento). Ne diffidano due medici su tre, conferma un’indagine realizzata dall’Istituto di ricerca Medi-Pragma. E un paziente sopra i 65 anni su due preferisce comprare i farmaci “griffati”. Di tasca propria, perché il Sistema sanitario rimborsa solo il farmaco con lo stesso principio attivo ma col costo più basso, cioè il generico. Se un cliente vuole acquistare lo stesso un prodotto di marca, può farlo, però deve pagare la differenza.

Farmaci generici: cosa sono esattamente

Ma cosa sono esattamente i farmaci generici? «Sono medicinali che possono essere prodotti da una qualsiasi azienda farmaceutica copiando l’originale quando scade il brevetto, che in genere ha una durata di vent’anni» spiega Silvio Garattini, farmacologo di fama e direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano. «Il farmaco equivalente non può usare un nome di fantasia come quello originario, ma deve adottare il nome del principio attivo. Purtroppo in Italia “generico” suona male. Viene interpretato con un’accezione negativa, come se fosse una medicina che va bene per tutto e per niente».

Farmaci generici: principio attivo e prova della biodisponibilità

«Il principio attivo, cioè la sostanza che ha effetti terapeutici, dev’essere lo stesso» assicura Garattini. «Ma non solo. Per essere messo in commercio, un generico deve superare la prova della biodisponibilità». Che significa? Si prendono due gruppi di pazienti. A metà di loro si somministra il farmaco di marca e all’altra quello equivalente. Trascorso un certo periodo di tempo si misura la presenza del principio attivo nel sangue nei due gruppi di campioni, dopo che il medicinale è stato assorbito dall’organismo. Tra i due gruppi può esserci al massimo uno scarto del 20 per cento nella concentrazione, che è considerato normale perché ogni paziente risponde in modo diverso a un medicinale, a seconda del metabolismo, della conformazione fisica o dell’età.

Farmaci generici: gli effetti

«Quindi» conclude Garattini «se i due farmaci hanno la stessa concentrazione nel sangue e lo stesso principio attivo, i loro effetti devono essere uguali. È come dire che se mettiamo lo stesso vino in bottiglie diverse, il vino non cambia». «Tutti gli studi fin qui condotti per valutare l’efficacia dei farmaci originali e degli equivalenti hanno dimostrato che non c’è alcuna differenza» conferma Achille Caputi, farmacologo dell’Università di Messina. «Se funzionassero meno, del resto, come si spiegherebbe che negli Stati Uniti i generici coprono l’87 per cento del mercato?».

Farmaci generici: sono sicuri?

Un farmaco “no logo” è meno sicuro?

«Assolutamente no» chiarisce Garattini. «Perché con la prova della biodisponibilità viene dimostrato che i farmaci hanno lo stesso effetto e la stessa concentrazione nel sangue. Possono essere diversi, invece, gli eccipienti, cioè quelle sostanze senza potere curativo che hanno lo scopo di dare stabilità al farmaco e far sì, per esempio, che si sciolga rapidamente nello stomaco, nel caso di una pasticca. Tra questi eccipienti possono esserci dei conservanti e in qualche caso degli antibiotici, se si vuole proteggere il medicinale da eventuali contaminazioni. Può capitare che talvolta gli eccipienti diano reazioni allergiche. Questo però accade non solo con i generici, ma con tutti i tipi di farmaci».

Farmaci generici: funzionano?

Perché alcuni pazienti sostengono che i generici non funzionano?

Spesso scatta un fenomeno detto “nocebo”, il contrario dell’effetto placebo. «Se un medico prescrive a un paziente un farmaco che costa poco invece di uno di marca, il malato può pensare di essere un po’ trascurato, curato male» spiega Achille Caputi. «Così si autosuggestiona e si sente peggio. E attribuisce la colpa al farmaco. Che invece non c’entra nulla».

Farmaci generici: il costo

Perché i generici costano meno?

«Perché non si tratta di prodotti creati ex novo» dice Enrique Hausermann, presidente di Assogenerici. «Quando un’azienda farmaceutica deve scoprire un nuovo farmaco è costretta a investimenti ingenti in ricerca, una spesa che ricade sul costo del prodotto. Per i medicinali equivalenti, invece, si tratta di riprodurre una medicina che esiste già. Gli unici costi per il generico riguardano gli studi per la realizzazione del farmaco e le prove di bioequivalenza. Ma gli investimenti sono di gran lunga inferiori e quindi il prezzo dei medicinali può essere mantenuto basso».

Farmaci generici: i controlli

I controlli sono uguali per tutti i prodotti?

«Certamente, sì» spiega Enrique Hausermann. «L’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, ha il compito di vigilare sui medicinali. Verifica che tutti gli studi siano stati eseguiti correttamente da parte dei produttori e controlla con apposite ispezioni l’attività di tutte le aziende del settore».

Farmaci generici: perché i medici non si fidano?

Perché alcuni medici non si fidano dei medicinali equivalenti?

«La colpa è delle aziende che li producono» dice Giacomo Milillo, segretario della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale). «In tutti questi anni hanno fatto una promozione dei generici basata sul prezzo, cioè solo sulla convenienza economica, e sulla convinzione che tanto i loro prodotti sarebbero stati venduti lo stesso perché il farmacista deve sempre proporre al cliente il farmaco generico col prezzo più basso, se nella ricetta medica non viene indicato il farmaco di marca con la scritta “non sostituibile”». Di mezzo poi c’è l’enorme capacità di spesa di Big Pharma (l’industria farmaceutica) che bussa alle porte degli studi medici con un’attività di promozione assai efficiente. Cosa che non fanno le aziende dei generici, che di fatto hanno rinunciato a farsi pubblicità. Per aumentare le vendite scelgono vie differenti. Per esempio, propongono grandi sconti alle farmacie.

Farmaci generici: come scegliere la cura

A chi ha una malattia cronica si può dare sia un “no logo” che un prodotto di marca?

«Se un mio paziente è in cura da tempo con un farmaco griffato» spiega Milillo «continuerò a prescrivergli quello perché non credo sia opportuno cambiare, soprattutto se è una persona di una certa età. Ho visto che basta mutare colore delle confezioni o delle pillole per generare grande confusione nei malati e difficoltà nell’assunzione corretta della terapia. Con le medicine non si può scherzare. Lo stesso farei se un mio paziente fosse abituato da anni con un farmaco equivalente: non glielo cambierei. Se invece io stesso prescrivo un generico per la prima volta, scelgo un farmaco tra quelli che conosco e scrivo accanto “non sostituibile”».