C’è chi inizia per caso, magari per seguire un nuovo amore, e chi è nata in una famiglia di ciclisti da generazioni, per cui pedalare è naturale come camminare. Ma al ciclismo si arriva anche da altri sport o semplicemente per mantenersi in forma dopo i 40 anni. Che sia su gravel, mountain bike o bici da scorsa, lo sport delle 2 ruote in “formato donna” sta prendendo sempre più piede, anzi pedale. Lo si nota lungo le strade di tutta Italia, lo rileva Strava, la piattaforma social su cui atleti di tutto il mondo (dagli appassionati ai professionisti) caricano i propri dati di allenamento di vari sport.
Ciclismo donna: un fenomeno in crescita
Ebbene, secondo il report annuale di Strava, il numero di donne che a luglio 2023 ha registrato un’uscita in bici si è triplicato rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Nonostante, rispetto agli uomini, le donne abbiano il 30% di tempo in meno per allenarsi, e il 70% in più di timori legati alla sicurezza. L’età? Più ci si avvicina ai 40 anni, più si pedala, scegliendo la bici come sport principale, con un picco oltre i 55 anni. Del resto, il ciclismo è probabilmente uno degli sport che si può praticare sino a tarda età, come una certa Margherita Hack, che a 80 anni ha raggiunto Grado in bicicletta, partendo da Trieste.
Ciclismo come sport principale per una donna: why not?
Se stai pensando di abbonarti alle 2 ruote, leggi la nostra chiacchierata con una ciclista amatoriale che, proprio per venire incontro alle esigenze delle donne in bicicletta, ha aperto una community dal nome evocativo: Pedale Rosa. Troverai tante informazioni per iniziare, come superare le paure (legittime!) legate al manubrio con la piega, i pedali a sgancio, la posizione scomoda, la fatica fisica ecc.
In più, le testimonianze di chi ha inforcato una bici per gioco, e poi si è ritrovata a gareggiare in una Granfondo, cioè le gare amatoriali su lunga distanza. Che l’avventura sui pedali (rosa) abbia inizio!
Perché darsi al ciclismo se si è donna
Al di là delle preferenze più o meno spiccate per la bicicletta, le motivazioni sono le stesse per gli uomini. Il ciclismo è ginnastica per l’anima oltre che per il corpo. Sono state scritte pagine intere sulla libertà che regala la possibilità di percorrere, con la forza delle proprie gambe, una distanza che si raggiungerebbe in auto. Se si è poco allenate, un giro di 20 km in pianura è, a sorpresa, un gioco da ragazze. E poi c’è l’ebrezza della discesa, giusta ricompensa dopo la fatica della salita.
Ma alle donne la bici dà qualcosa in più: la consapevolezza che ci si può affrancare dai limiti del proprio corpo, soprattutto se ci si è sempre considerate debolucce dal punto di vista fisico, magari per motivi di salute. Oppure se si ha sempre ritenuto il ciclismo uno sport maschile.
«All’inizio, detestavo le salite, anzi giravo la ruota e tornavo indietro, ora la bici mi piace viverla proprio in montagna. Con dislivelli che sembrano non finire mai e ascese verso il cielo. Tutto ciò mi trasmette un senso di appagamento che compensa la fatica, ma ho iniziato incespicando come tutte» racconta Valeria Zappacosta, 32 anni, ciclista amatoriale ideatrice di Pedale Rosa, una community che unisce cicliste di tutta Italia di vari livelli (principiante, intermedio, agonistico).
Come cambia il corpo femminile praticando ciclismo
Tra i timori legati al ciclismo femminile c’è quello che la bicicletta, praticata con costanza, faccia ingrossare le gambe (sia polpacci che cosce), facendo assumere al fisico una fisionomia maschile. «In realtà, nessuno sport mi ha asciugato la silhouette come il ciclismo, e provengo dall’atletica, dal nuoto e dalla pallavolo; insomma, sin da bambina, mi son sempre mossa, anche a livello agonistico» precisa Valeria Zappacosta. «È importante, però, dare al corpo il tempo di adattarsi a uno sport molto particolare. Aspettate prima di dire se il ciclismo fa dimagrire o meno: probabilmente 1 anno non basta, sempre se l’obiettivo di mettersi in sella è ritrovare la forma fisica».
Nessun timore di vedere i muscoli delle gambe sviluppati come quelli dei velocisti alla Mario Cipollini, quindi. E le foto delle cicliste di questo servizio su Donna Moderna Web lo dimostrano. I ciclisti specializzati negli sprint di velocità (quelli che fanno vincere le gare in volata) eseguono in palestra esercizi di potenziamento muscolare delle gambe, cosa che per la pedalata della domenica non è indispensabile, anzi.
I benefici del ciclismo per il corpo
Pedalando si dimagrisce? Non solo, la bicicletta alle donne dona tanti altri benefici dal punto di vista fisico:
- contribuisce al miglioramento della funzione cardiovascolare, potenzia la capacità polmonare e aiuta a bruciare i grassi in tutto il corpo. Questo porta a una riduzione del colesterolo e della pressione arteriosa, favorendo così una migliore circolazione del sangue;
- aiuta a mantenere la forma fisica ed è alleata nella lotta alla cellulite;
- pedalare regolarmente tonifica i muscoli delle gambe e dei glutei, ma se si usa la bici da corsa ne beneficiano anche i muscoli delle braccia e del tronco, i quali lavorano per consentire l’equilibrio nella tipica posizione distesa. Un beneficio non da poco, considerato che dopo i 40 anni la tonicità muscolare tende a calare;
- è uno sport a basso impatto per le articolazioni, poiché le sollecita poco, a differenza della corsa;
- il ciclismo tiene sotto controllo la glicemia (gli zuccheri nel sangue), un valore che verso la menopausa è bene monitorare, soprattutto se si ha familiarità di diabete;
- è un aiuto per la sintesi della Vitamina D grazie alla quantità di raggi UV che si assume in mezzo alla natura, nonostante la protezione solare. Essenziale dopo i 50, quando a causa del calo ormonale, le riserve della vitamina delle ossa calano, aumentando il rischio dell’osteoporosi.
E quelli per l’anima
Del senso di libertà in bicicletta si è già parlato. A ciò si aggiunge la fuga dalle tristezze della vita e la calma della rabbia inespressa. Pedalata dopo pedalata, inoltre, si ha la sensazione di ottenere una migliore capacità di organizzare i propri pensieri, cosa utile soprattutto sul lavoro.
«Il ciclismo mi ha aiutato sostanzialmente ad avere molta più fiducia in me stessa, perché ho capito che, impegnandomi, riesco dove pensavo di non arrivare. E questo mi dà lo stimolo per non mollare. All’inizio, anch’io dopo 3 mesi volevo abbandonare la bicicletta, perché mi sembrava di non andare avanti, ma poi ho insistito. Sarà banale, ma la bicicletta è l’emblema di una persona che fatica e raggiunge un risultato, che sia un posizionamento in una Granfondo o un progetto in azienda, non fa differenza» dice Valeria Zappacosta.
Come iniziarsi al ciclismo femminile
Il primo suggerimento per iniziare a praticare ciclismo è ascoltare il proprio corpo. «Nelle prime uscite è essenziale non strafare, soprattutto se si è a digiuno dallo sport, meglio partire da un percorso di 10-15 km in pianura e poi gradualmente aumentare di 5 km per volta. Solo dopo che ci si accorge che i 30 km non pesano più di tanto sulle gambe, si può allungare la distanza, inserendo qualche salita breve e non troppo faticosa. E via di seguito: proseguire fino a quando si torna a casa stanche, ma mai distrutte» suggerisce Zappacosta.
Per allenarsi davvero, però, si devono fare almeno 2 uscite alla settimana, una più lunga e l’altra più corta, quasi tutte le settimane. Dopo i 5000 Km sulle gambe (pari a circa 2 uscite da 50 Km alla settimana), ci si può considerare “esperte”, con la diretta conseguenza di divertirsi di più. Possono sembrare numeri impossibili, che molte di noi non accumulano manco in auto, ma in realtà ci si può arrivare senza troppi calcoli. Il bello della bici è che si può anche decidere di non arrivare a un traguardo chilometrico, per poi arrivarci lo stesso.
Il ciclismo richiede costanza e gradualità.
Tra bici, sella e altri consigli di pedalate
Per iniziare è importante scegliere la bici giusta, che piaccia esteticamente: alla fatica deve prevalere il piacere di guidarla. E poi deve essere della propria misura: una bici troppo grande (nella taglia da uomo alto 1.80, per giunta!) ci farà sentire molto insicure, perché ci obbligherà ad allungarci troppo verso il manubrio, per arrivare a pigiare le dita su quegli già “strani” freni.
Il consiglio in più a prova di sicurezza? Scegliere un telaio che punti leggermente verso l’alto, quindi un po’ diagonale: sono più adatti ai principianti, e poi sono studiati per le lunghe distanze, non a caso li si trova di più nei modelli gravel per viaggi e bikepacking. Si chiamano telai da endurance.
Essenziale è anche la sella: molte donne pensano che il sellino “zero cuscinoso” da uomo sia scomodo. In realtà, è studiato per provocare meno attriti possibili e per scaricare meglio il peso del corpo sulle ossa ischiatiche, un aspetto che si comincia ad avvertire nelle distanze oltre i 20 km. Di solito, le selle da donna sono più corte e più larghe rispetto a quelle maschili, ma chi è veramente appassionata potrà sottoporsi alla visita biomeccanica per trovare il modello giusto, oltre a capire qual è il livello esatto in cui alzare (e arretrare) la sella. Essere posizionate bene in bici da corsa vuol dire non accusare dolori da “scomodità”, se non quelli imputabili allo sforzo fisico. E ciò è valido nel lungo e nel breve periodo.
Inoltre, se si è over 40, è meglio verificare che dal punto di vista cardiaco sia tutto ok, effettuando una visita sportiva con elettrocardiogramma da sforzo (ogni città ha il suo centro di Medicina dello Sport).
Dall’alimentazione al “farsi la gamba” in bici
E passiamo al capitolo “alimentazione”. Se è vero che la bici fa dimagrire, è anche vero che porta a mangiare…tanto! «In alcune uscite lunghe 4-5 ore si arriva a bruciare oltre 2500 calorie. Ma prima di consumarle, bisogna ricaricarsi di energia, assumendo carboidrati e proteine nella giusta misura. All’inizio ci sembrerà che tra cibo e allenamento ci sia un gap squilibrato, temendo di mangiare troppo (e di ingrassare). Ma poi, a mano a mano che ci si allena, l’organismo saprà come spendere l’energia necessaria allo sforzo fisico. E la silhouette si affinerà, nonostante il piattone di pasta. Inoltre, si imparerà a dosare gli spuntini fondamentali (!) durante le uscite» precisa Valeria Zappacosta.
Il ciclismo non è uno sport per chi mangia poco o segue diete low carb: se ci si priva degli zuccheri necessari allo sforzo fisico, si possono avere pericolose crisi di fame che pregiudicano la propria sicurezza. Basta un piccolo calo glicemico per eseguire manovre sbagliate e cadere per terra.
Il giusto ritmo del ciclismo non solo femminile
Bici scelta, pantaloncino con fondello acquistato, per le scarpe con le tacchette c’è tempo, ma resta la questione fondamentale: come si pedala? Il movimento è banalmente quello appreso da bambine, dopo aver tolto le rotelle. Ma il segreto è pedalare con un ritmo costante, senza scatti, in modo tale da sentire la rotazione delle gambe naturale e non forzata. «Per iniziare, suggerisco di inserire rapporti leggeri che non ci obblighino a spingere i piedi con forza: solo così ci si fa la cosiddetta gamba, e la si abitua a un movimento che…andrà da solo!» dice Zappacosta.
Chiunque, in buona salute, può ambire a scalare una salita in bici. Se si allena con frequenza.
I timori di chi inforca una bici da corsa per la prima volta
Quel manubrio fa paura, per non parlare dei pedali. Ci sono passate tutte, anche le grandi agoniste, come Elisa Longo Borghini, la vincitrice Giro d’Italia Women 2024. Che hanno iniziato proprio come le cicliste della domenica. «Per mesi ho riportato dolori alla schiena perché la posizione così stesa sul tubo orizzontale mi sembrava innaturale, così non mi decidevo a fare il grande passo verso le scarpe con gli attacchi. Poi aver saputo che il primo giorno dei pedali a sgancio è stato critico per tutti, ha aiutato a sbloccarmi. Ora è un gesto automatico come frenare! Anzi, prima si sgancia il piede poi partono le dita sulla leva del freno. La cosa strana è che non me ne accorgo» rivela la ciclista Zappacosta che gareggia nelle Granfondo amatoriali.
A frenare le donne dall’iniziarsi al ciclismo è la mancanza di tempo. E poi c’è il fatto di non trovare altre donne con cui condividere le uscite in bici. Tutti fattori che ha rilevato il sondaggio di Strava, secondo il quale il 73% delle donne gradirebbe pedalare in gruppi misti, anche per motivi di sicurezza. «La mancanza di punti di riferimento femminili è stato uno dei motivi che mi ha spinto ad aprire la community Pedale Rosa».
E come superarli
C’è un vecchio libro, passato ai Remainder, che nel titolo recita: “Prendi la bici e vai“. Forse il consiglio più spassionato è quello di non ascoltare amici, parenti e partner scettici. E soprattutto quella lungo eco di voci – spesso maschili, questo va riconosciuto – che si fissano sulla cadenza di pedalata o i watt (che tu hai sempre associato alle lampadina e invece indica la potenza). O insistono con altri tecnicismi che allontanano, inculcando in chi resta in sella una grande ansia da performance. Con annessa paura di non scalare la classifica dei social (sempre secondo Strava molte donne vorrebbero oscurare i dati perché stanche del controllo da parte degli altri atleti che inaugurano una competizione non voluta né gradita).
No all’ansia da performance ciclistica
«Molte cicliste mi riferiscono di provare soggezione di fronte ad alcuni comportamenti maschili, sentendosi a disagio nel comunicare eventuali in difficoltà: anche un onesto e umile “non ce la faccio” al cospetto di una salita può restare richiesta di aiuta soffocata in gola, col rischio poi di sentirsi male». Sempre da cronaca, alcuni uomini non aspettano chi rallenta oppure ne deridono le prestazioni ciclistiche, come il non sapersi alzare sui pedali o la velocità troppo bassa rispetto alla loro media di crociera (non tarata sull’organismo femminile).
«La vera gara è con se stessi, ma senza ossessione. Se potessi, inciderei sul mio telaio una rassicurante frase di Marco Pantani: “Nel ciclismo non perde mai nessuno, tutti vincono nel loro piccolo, chi si migliora, chi ha scoperto di poter scalare una vetta in meno tempo dell’anno precedente, chi piange per essere arrivato in cima, chi ride per una battuta, chi non è mai stanco, chi stringe i denti, chi non molla, chi non si perde d’animo, chi non si sente mai solo”. E sole in bici non ci sentiremo mai» conclude Valeria Zappacosta di Pedale Rosa.
Bike coaching, la lettura consigliata per avvicinarsi al ciclismo
Hai ancora dubbi se darti al ciclismo? Il libro Bike coaching, edito da Pendragon, guarda allo sport delle 2 ruote da un’ottica differente: la bici come strumento di crescita personale. Un mezzo per ritrovare se stessi – con buona pace della retorica – ma chi la ama si accorge che è proprio così. Pedalata dopo dopo pedalata, si entra in un’altra dimensione in cui “i fatti della vita” assumono un altro significato. Proprio come all’interno del flusso creativo di cui spesso parlano i grandi artisti. Lo sanno bene gli autori: Sara Poluzzi, mental coach di professione e ideatrice del bike coaching, e Roberto Tomesani, fotografo e cicloturista facente parte del direttivo di Salvaiciclisti di Bologna.
Ricco di consigli pratici, idee e percorsi, Bike coaching è un libro motivazionale sulla bici, che offre spunti per fare della propria esperienza in bici un meraviglioso percorso fuori e dentro di sé.
Le testimonianze di donne che hanno scelto il ciclismo come sport principale
Gianna, 54 anni
Per me il ciclismo è aria di casa. Sono nata e cresciuta in una famiglia di ciclisti. Si è sempre praticato anche a livello agonistico, e molte gare le organizzava anche mio padre. Ho inforcato la mia prima bici da corsa a 12-13 anni, quando esistevano ancora i puntali sui pedali. Ma poi per lungo tempo ho preferito lo spinning: avevo paura del gruppo, non so, e poi all’epoca le donne erano rare. Mi son decisa verso i 40 anni, scoprendo un benessere mai provato in palestra. Le pedalate lungo il Chianti mi regalano letteralmente di quelle Epiphany di Joice che non so descrivere: basta un odore di fieno e mi tornano in mente i racconti di mio padre, tra cui quello sui moscerini: in bici capita di ingurgitarli senza volerlo, ma lui diceva sempre che erano tutte proteine. Sì, pedalare mi fa tornare ai tempi in cui lui c’era ancora, ed è come se fosse sempre qui accanto a me!
Monica, 26 anni
Ho iniziato a 20 anni circa, perché ero stanca della rigidità degli orari di allenamento del basket. La bici, invece, è uno sport che mi permette di allenarmi quando e come voglio io, senza pressioni. Non mi procura ansie da performance, anzi. Prevale la consapevolezza dell’autogestione. E poi i paesaggi che vedi da altezza sella non sono gli stessi che vedi in macchina o a piedi. Questo ti fa dimenticare la fatica.
Sonia, 47 anni
Dopo anni di mountain bike, a 45 anni ho capito che lo sterrato non fa per me. E sull’asfalto non si può pedalare con delle ruote “dentellate”. Volevo provare la scorrevolezza di una bici da corsa, sono attratta dalla velocità. In bici, però, ho scoperto che riesco a rallentare i miei pensieri accelerati. E a risollevarmi se sono triste. Così, un giorno ho comprato d’impulso una bella bici da corsa, che ho visto in una vetrina tornando da un giro scoraggiante in MTB. E da allora non sono più scesa!