Diete veloci: funzionano?

Arriva il caldo, i vestiti si assottigliano ed ecco che partiamo alla ricerca di metodi per dimagrire, quasi sempre diete veloci per rimettersi in forma, spesso ricercando la formula “grandi risultati in poco tempo”.

Ma anche se sono numerose le diete che promettono un dimagrimento veloce, bisogna fare molta attenzione a seguirle solo per un breve periodo di tempo (non più di qualche settimana), per tornare poi a una dieta più equilibrata che non crei squilibri all’organismo e possa garantire l’apporto di tutti i principi nutritivi che servono.

Rispetto ad un normale regime alimentare, infatti, una dieta veloce fa perdere non solo la massa grassa ma anche quella magra (importante in quanto composta da tessuti e liquidi che non contengono percentuali rilevanti di trigliceridi), una condizione che si verifica soprattutto quando si perdono 2-3 chili in una sola settimana.

I consigli per dimagrire “bene”

Per questo motivo, oltre ad essere varie e complete, le diete dimagranti dovrebbero prevedere una riduzione calorica non superiore al 30%, e sarebbe quindi sufficiente tagliare dalle 500 alle 800 Kcal quotidiane, facendo comunque attenzione a non scendere mai al di sotto delle 1.200 Kcal giornaliere. Questo si traduce nel fatto che la perdita di peso non dovrebbe mai essere superiore a 0,5-1 chilo a settimana.

Certo, intraprendendo una dieta dimagrante meno restrittiva, i progressi possono essere meno evidenti in un primo momento, ma sono comunque riferibili a uno svuotamento del tessuto adiposo: inoltre si abbassa il rischio di abbandonare la dieta a causa di restrizioni eccessive, si riduce la probabilità di condizioni quali debolezza, spossatezza, astenia, abbassamento della pressione e della glicemia, anemia, crampi muscolari, deperimento generale e riduzione del metabolismo basale, che risulta essere controproducente con l’obiettivo che ci si è poste.

Infine, va considerato che intervenire solo sulle “entrate” energetiche può non risultare sufficiente per tornare (e rimanere) in forma, pertanto è consigliabile modificare anche le “uscite”, ovvero il dispendio energetico giornaliero. In altre parole è necessario integrare la dieta con un po’ di attività fisica, optando per esercizi che rinforzino i muscoli, attivino il metabolismo e portino il corpo a consumare più calorie.

Non si deve dimenticare, inoltre, che bisogna bere molta acqua per tenere idratato l’organismo e favorire la diuresi.

Ultima raccomandazione: se vuoi cominciare seriamente una dieta o cambiare le tue abitudini alimentari è bene farlo sotto la supervisione di un nutrizionista o di un dietologo esperto, in grado di valutare caso per caso lo stato di salute del paziente e individuare il regime alimentare più adatto alle sue esigenze, per dimagrire senza rischi.

Tenendo a mente le premesse fatte, ecco di seguito alcune diete veloci.

Dieta chetogenica

La dieta chetogenica è una dieta che si basa sulla riduzione drastica dei carboidrati e costringe l’organismo a produrre autonomamente il glucosio necessario, aumentando così il consumo energetico dei grassi contenuti nelle riserve adipose.

Negli anni ’70 una dieta simile è stata proposta dal dottor Atkins e prevedeva una forte limitazione di carboidrati e l’impiego di proteine e grassi per raggiungere la sazietà (senza tener conto del contenuto calorico totale).

La dieta Dukan, invece, è una rivisitazione della dieta Atkins. Quando i carboidrati vengono limitati, il corpo va alla ricerca di un’altra fonte di energia e li trova proprio nei corpi chetonici, che derivano dal metabolismo dei lipidi. Quando la quantità di carboidrati viene limitata, il corpo utilizza soprattutto le riserve di grasso e le proteine presenti nei tessuti. La mobilizzazione dei grassi a scopo energetico è fondamentale nella fase di dimagrimento e l’appetito viene ridotto.

I rischi però sono quelli di un aumento dei livelli plasmatici di acido urico (condizione che può portare alla gotta), un’alterazione dell’equilibrio elettrolitico ed il favorimento della disidratazione corporea, con conseguente perdita urinaria di calcio e quindi un aumento del rischio di osteoporosi. Tra gli effetti collaterali di un eccessivo livello di corpi chetonici nel sangue, poi, rientrano anche l’ipercolesterolemia e un maggior rischio di malattie cardiovascolari. Mentre tra i disturbi più comuni si annoverano, specialmente nei primi giorni, mal di testa e stitichezza.

Per tutti questi motivi, una dieta chetogenica non andrebbe seguita per più di 8-12 settimane e assolutamente evitata in gravidanza e allattamento, nei casi di insufficienza renale o epatica e di diabete di tipo I.

Dieta del digiuno intermittente

Le diete fondate sul digiuno totale e intermittente o solo parziale sono fortemente ipocaloriche e si basano sul consumo di pasti a base di verdura, frullati e tisane dimagranti. Se da una parte assicurano una rapida perdita di peso, dall’altro va considerato che il metabolismo basale viene sensibilmente rallentato. Nel lungo periodo, invece, si tende a ingrassare, in quanto il peso perduto va a discapito della massa muscolare.

Tali diete prevedono l’alternanza di periodi in cui si mangia a dei periodi in cui si fa digiuno. I metodi di digiuno intermittenti più popolari sono: lo schema 16/8 che suddivide la giornata in 8 ore in cui si mangia e 16 ore di digiuno. Basta saltare la colazione e consumare il primo pasto a mezzogiorno e l’ultimo prima delle 20.

Lo schema dei giorni alterni (5:2), invece, consiste nel ridurre l’apporto calorico, per due giorni a settimana, ad un massimo di 500-600 calorie. I giorni non devono essere consecutivi e negli altri giorni si può mangiare quello che si vuole. E poi c’è la Eat Stop Eat in cui si mangia un giorno sì e uno no, digiunando una o due volte alla settimana. Si possono comunque bere bevande ipocaloriche.

Questa tipologia di dieta, abbastanza dura da seguire, può aiutare a perdere peso, a patto che nei momenti “liberi” non si assumano troppi cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi. Non è però indicata per chi soffre di diabete o di pressione del sangue alta o nelle donne incinte o che allattano. Da considerare anche l’aspetto sociale che può subire qualche modifica in quanto non lascia spazio a flessibilità.

Diete monotematiche

La dieta del minestrone, dell’uva, del riso, del limone, dello yogurt o anche quella del carciofo. Ce ne sono veramente per tutti i gusti. Ma hanno una cosa in comune: ci si affida ad un unico alimento.

Il basso contenuto calorico favorisce il dimagrimento e lo schema di base è molto semplice da ricordare. Essendo così restrittive, si finisce però per avere delle carenze di principi nutritivi e, già dopo pochi giorni la dieta diventa noiosa e si rischia di abbandonarla.

Sono efficaci poiché seguono un semplice principio: essendo l’assunzione di meno calorie l’unico modo di dimagrire, le diete monocibo esasperano questo concetto sfruttando la propensione a stancarsi dell’unico alimento concesso fino ad arrivare a saziarsi con meno calorie. Sono comunque molto squilibrate e dannose per la salute.

Dieta del supermetabolismo

La dieta del supermetabolismo è stata elaborata dal nutrizionista Haylie Pomroy e si basa sul potere che hanno alcuni cibi di trasformarsi in veri e propri alimenti bruciagrassi. Lo schema prevede tre fasi con l’obiettivo di accelerare proprio il metabolismo e incrementare così il consumo di calorie facendo perdere fino a 10 kg in un solo mese.

Tale dieta è stata seguita anche da molte celebrità proprio grazie alla sua efficacia e velocità dei risultati. Dura infatti solo 28 giorni e le tre diverse fasi si alternano ogni 2-3 giorni, in cicli settimanali. Ogni fase comporta il consumo di alimenti differenti, così come di un diverso tipo di attività fisica.

Ci sono poche regole base che vanno seguite per tutta la durata del programma. Innanzitutto si dovrebbe mangiare 5 volte al giorno, ogni 3-4 ore senza saltare i pasti, la colazione va consumata entro 30 minuti dal risveglio, senza dimenticarsi di bere 30 cl di acqua per ogni chilo di peso corporeo. Inoltre bisognerebbe dedicarsi all’attività fisica per almeno 3 volte a settimana.

La prima fase, tesa a bruciare i grassi, va seguita il lunedì e il martedì. Si devono prediligere frutta, verdura, proteine e cereali con la seguente ripartizione: a colazione una porzione di cereali e frutta, due spuntini a base di frutta, pranzo e cena con una porzione di cereali, una di proteine e verdure in quantità.

La seconda fase, che predilige le proteine, va seguita il mercoledì e il giovedì e prevede l’assunzione di proteine e verdure prediligendo la cottura alla griglia, o lesse o in umido, con l’accortezza di evitare i grassi. A colazione e durante gli spuntini optare per omelette (di soli albumi) e verdure e pranzo e cena con carni magre, pesci o insaccati magri e verdure.

La terza fase, più orientata verso l’equilibrio, è da seguire il venerdì e nel weekend con un reintegro degli alimenti grassi, con l’accortezza di scegliere quelli sani, con proteine, frutta a basso indice glicemico e cereali integrali (limitati a circa mezza porzione). A colazione e durante gli spuntini via libera dunque a frutta, mentre a pranzo e cena quinoa, riso integrale o avena con carne magra o pesce e verdure. Qui è anche ammessa la frutta secca, i semi e il cocco.

In tutte e tre le fasi vanno evitati i latticini, lo zucchero, caffeina, alcolici, bevande light o dietetiche, mais, frumento (quindi niente pasta e pane), soia, spremute, frutta disidratata ed edulcoranti artificiali.

Come per le altre diete chetogeniche, anche questa non è priva di effetti collaterali: lo scarso apporto di carboidrati può comportare, soprattutto inizialmente, nausea, mal di testa, stanchezza ed irritabilità. Sul lungo periodo, l’ingestione di elevate percentuali di grassi e di colesterolo potrebbero causare dei problemi all’apparato cardiocircolatorio. Per questi motivi, è bene seguire questo schema alimentare una tantum.

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