Lo chiamano fair play, “gioco leale“. E ha la forma di una stretta di mano, di una vita salvata, di un suggerimento dato prima dello scontro. Di una rinuncia alla vittoria, della condivisione di una borraccia d’acqua. Oppure, molto più spesso – come ci racconterà il gregario Davide Cassani – di un aiuto fondamentale fornito alla squadra in silenzio, senza riconoscimenti. I Beat Yesterday 2023 sono stati l’occasione per riflettere sullo sport, sul valore dell’altruismo e su come il secondo possa trasformare il primo in un’esperienza di vita arricchente e umanamente significativa. Perché, come ha ricordato all’evento Andrea Berton, «dopo il verbo amare, il verbo aiutare è forse il più bello che c’è».

L’evento di Garmin Beat Yesterday 2023 a sostegno di Obiettivo3

Nella grande sala dell’Hotel Sheraton, i pedali di una decina di smart bike macinano chilometri. In sella, tanti campioni dello sport tra cui Fabrizia D’Ottavio, Stefano Baldini, Giulio Molinari, Filippo Ganna e Alessandro Ballan. Si sono riuniti per la pedalata benefica a supporto di Obiettivo3, società sportiva che nasce da un’idea di Alex Zanardi per il supporto professionale ed economico degli atleti disabili. La staffetta virtuale, di oltre 300 chilometri, ha permesso di consegnare simbolicamente a Padova, dove Obiettivo3 ha sede, la donazione di diecimila euro devoluta da Garmin alla società sportiva.

La pedalata è stata il sottofondo d’eccezione per quattro talk, che hanno approfondito il legame tra lo sport e quattro valori: l’altruismo, la vocazione, la genialità e la condivisione. Noi abbiamo seguito il primo, ispirati dal suo titolo: “Quando l’Altruismo segna la storia, ed è capace di cambiarla”. Ecco allora un commovente racconto a più voci, un viaggio alla scoperta dell’altruismo, nello sport e non solo.

Fair play: la storia d’altruismo di Emilia Rossatti

Campionati italiani di scherma under 23. In finale per il titolo italiano. Sulla pedana, a darsi battaglia, le giovanissime amiche Gaia Traditi ed Emilia Rossatti. Gaia sta vincendo 12 a 9. Ma all’improvviso scivola, inciampa, si infortuna. I medici riescono a rimetterla in piedi, soffre molto, ma il cronometro riparte. Emilia ha la sua occasione: può rimontare.

«E invece indietreggio, congelo il punteggio e faccio vincere a Gaia il campionato italiano», spiega Rossatti mentre le sue parole lasciano il posto al suono fragoroso di un grande applauso. A un passo dal titolo italiano, una vittoria che l’avrebbe condotta direttamente agli Europei di Budapest, Emilia sceglie di non infierire su un’amica infortunata. Perché? «Perché semplicemente era la cosa giusta da fare. Gaia era sempre stata in vantaggio nel match, si era dimostrata un’atleta forte: era giusto che vincesse lei il titolo». Alla fine, agli Europei Gaia ed Emilia ci sono andate insieme, con la loro squadra, e hanno vinto la medaglia di bronzo: è proprio vero che con il fair play si vince sempre in due.

Da sinistra: Andrea Berton, Emilia Rossatti, Stefano Viganò (Amministratore delegato di Garmin Italia), Barbara Manni (responsabile marketing di Obiettivo3), Davide Cassani e Simone Moro

A Simone Moro, la Medaglia d’oro al valor civile

Era il maggio 2001 e Simone Moro, uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi, stava affrontando la traversata Everest-Lhotse. In una piccola tenda, a 8mila metri, senza bombole d’ossigeno. Delle grida richiamano la sua attenzione, dando inizio a una storia incredibile. Durante quella spedizione, l’alpinista bergamasco avrebbe infatti salvato la vita al giovane inglese Tom Moores, abbandonato dai compagni di scalata. Lui, solo, di fronte a un’impresa impossibile: duecento metri di dislivello e una placca di roccia tirata a specchio da aggirare per arrivare al corpo immobile del giovane, che Moro si carica in spalla e riporta al campo, salvandogli la vita. «Nella tenda, gli ho anche dato il mio sacco a pelo. Ed io ho dormito al freddo», aggiunge l’alpinista. Il suo è stato un gesto d’altruismo immenso, riconosciutogli l’anno seguente con la Medaglia d’Oro al Valore Civile.

Da sinistra: Barbara Manni, Davide Cassani e Simone Moro

Davide Cassani: «Nello sport ci vuole altruismo»

Nell’elenco degli sport di squadra non c’è il ciclismo, ma forse quell’elenco dovrebbero essere aggiornato. Infatti, anche se a vincere è solo un ciclista (il capitano), come ricorda Davide Cassani – uno dei migliori gregari dei primi anni Novanta – «il ciclismo è un vero e proprio gioco di squadra. In un Giro d’Italia o in un Tour de France, nulla è lasciato al caso. Tutto quello che si vede è frutto di una strategia, di uno studio, di un gioco di squadra per l’appunto». Cassani questo lo sa bene, perché è un gregario. Un ruolo sportivo spiccatamente altruista, che indica il ciclista incaricato di aiutare il capitano a vincere. Come? Passandogli i rifornimenti, per esempio, o cedendogli la propria bicicletta in caso di guasti o forature.

Correre sempre e non vincere mai: perché scegliere per sé una tale condizione? «Ci vuole una grande maturità e un grande altruismo, ma anche tanta passione. Diventato professionista, mi sono reso immediatamente conto che non avevo la possibilità di diventare un campione. Però potevo raggiungere – e l’ho fatto – lo scopo della mia vita: essere utile a una squadra». «Nell’Albo d’Oro – continua Cassani – non c’è il mio nome, ma non è importante. Lo è di più la consapevolezza di essere stato utile per la conquista di un successo. Che alla fine, poi, sento essere anche mio». Questo è altruismo, questo è sport.