Test per l’Hiv e l’epatite C, da fare a casa usando solo un campione di saliva. Per la prima volta si potranno ordinare online, da tutta Italia, grazie al progetto di Anlaids Lombardia “A casa mi testo”. Il kit può essere ordinato online su anlaidslombardia.it, al costo di 20 euro, e prevede anche un servizio telefonico con un operatore specializzato, per offrire assistenza prima, durante e dopo l’esame. L’obiettivo è quello di vincere, grazie alla garanzia dell’anonimato, la reticenza di tanti, soprattutto giovanissimi, che per pigrizia o per imbarazzo rinunciano a testarsi anche dopo uno o più rapporti sessuali a rischio. Un fenomeno, questo, che riguarda tutte le malattie sessualmente trasmesse, e che è molto più diffuso di quanto si pensi.
Perché sono importanti i test per l’Hiv e l’epatite C: i casi sommersi
Le diagnosi tardive di Hiv e di epatite sono ancora tantissime. «In Italia circa il 60% delle persone con Hiv scopre l’infezione alcuni anni dopo averla contratta. In genere passano tra i 3 e i 5 anni», spiega Barbara Suligoi, direttrice del centro operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità. «Significa che una parte consistente delle persone Hiv positive, tra il 10 e il 15% di tutte quelle con questa diagnosi nel nostro Paese, non sa di esserlo. A conti fatti, parliamo di circa 15.000 soggetti».
Discorso simile per l‘epatite C, anche se con numeri diversi. Si stima che in questo caso i positivi “inconsapevoli” in Italia siano circa 280.000. «Parliamo in entrambi i casi di infezioni che restano silenti o quasi per anni, ecco perché è importante moltiplicare tutte le occasioni di testing. Intervenire tempestivamente significa poter curare queste infezioni in fase iniziale, quando la terapia è più efficace. Per l’Hiv, iniziare le cure quando il sistema immunitario non è stato ancora compromesso, significa garantire alle persone positive la stessa aspettativa di vita del resto della popolazione. Quanto all’epatite C, le terapie oggi a disposizione consentono addirittura la completa guarigione».
Come si fanno i test rapidi per l’Hiv e l’epatite C
Ma come si svolgono i test casalinghi? Quelli proposti dall’Anlaids sono test salivari. «Il loro funzionamento è simile a quello dei tamponi rapidi che siamo ormai abituati a fare per scovare la positività al Covid», spiega Miriam Lichtner, dirigente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e docente di Malattie infettive all’Università la Sapienza di Roma. «È sufficiente inserire nel kit un campione di saliva, e nel giro di una decina di minuti il test è in grado di individuare la presenza di anticorpi contro quel determinato patogeno. Questi esami rapidi hanno un alto livello di affidabilità, non sono però semplicissimi da eseguire, per questo è utile che Anlaids affianchi un esperto per un consulto telefonico. È sempre bene farsi assistere in ogni fase».
Test rapidi per Hiv ed epatite C anche nei checkpoint
Ma non è questo l’unico modo per testarsi in maniera rapida, e senza dover andare in un centro di malattie infettive. Esami analoghi, spiega sempre Miriam Lichtner, vengono oggi utilizzati nei checkpoint, i punti di diagnosi nati in numerose città italiane dalla collaborazione tra associazioni e strutture sanitarie territoriali, con lo scopo di intercettare le infezioni sessualmente trasmesse precocemente (l’elenco dei centri attivi, regione per regione, si trova su www.uniticontrolaids.it). Questa rete è di estrema importanza perché utilizza una metodologia dalla parte dell’utente (“friendly test”) e offre gratuitamente test multipli per una vera “salute sessuale”.
Test rapidi per Hiv ed epatite C anche nelle farmacie
Anche in farmacia, continua l’infettivologa, si trovano ormai da diversi anni test rapidi per l’Hiv. La maggior parte di questi si eseguono su campioni di sangue, e hanno lo stesso meccanismo dei test per la glicemia, con l’ago “pungidito”, e il kit con striscia e reagente, che rileva gli antigeni nel sangue. «Anche questi test sono rapidi, e danno un responso in 10-15 minuti, con un alto grado di affidabilità. Certo non sostituiscono la diagnosi di un medico, ma sono un ottimo punto di partenza. È comunque sempre importante controllare che il test sia di ultima generazione, ed evitare kit comprati online non certificati».
Per l’epatite C, invece, è partita una campagna nazionale per il testing gratuito delle popolazioni chiave (nati dal 1969 al 1989, consumatori di sostanze e detenuti) con sistemi rapidi e integrati che rilevano anticorpi e virus.
Chi deve fare i test per Hiv ed epatite C e quando
Sia l’Hiv sia l’epatite C sono infezioni che si trasmettono prevalentemente per via sessuale, in particolare l’Hiv. Di conseguenza, questi test sono consigliati soprattutto ai giovani, ma non solo. «In linea generale, è sempre consigliabile testarsi se si ha una vita sessuale attiva, soprattutto se si hanno partner diversi, o se si è avuto un rapporto a rischio. Nel caso dell’epatite C, altri fattori di rischio potrebbero essere l’utilizzo di sostanze stupefacenti, cure dentarie importanti o procedure invasive, ma in misura molto minore», dice ancora la docente. Sulla tempistica, invece, va detto che rispetto a qualche anno fa, quando la positività poteva essere individuata solo a distanza di mesi dall’infezione, sono stati fatti passi da gigante. Gli esami di ultima generazione per l’Hiv sono in grado di rilevare l’antigene anche a sole 2-4 settimane dopo il contagio. «Se si hanno dubbi, il consiglio è di fare un primo test subito, e poi ripeterlo dopo 2-4 settimane, se parliamo di test ad alta sensibilità. altrimenti dopo 2-3 mesi» suggerisce l’esperta.
Cosa fare se il risultato al test Hiv ed epatite C è positivo
Va contattato subito il Centro di malattie infettive più vicino. «Non c’è motivo di spaventarsi o di tirarsi indietro», dice ancora la Lichtner. «Su entrambe le malattie è possibile intervenire in modo pressoché istantaneo. E se dall’epatite C si può guarire, le cure con farmaci antiretrovirali contro l’Hiv non solo garantiscono una buona qualità della vita, ma mettono al riparo dal rischio di contagiare i propri cari o partner. È ormai dimostrato che chi si sottopone a terapie regolari non è contagioso: in queste condizioni è persino possibile avere rapporti sessuali non protetti, e partorire con un parto naturale. Si diventa, in altre parole, come un qualunque altro malato cronico».