Dal manifesto di autoregolamentazione della moda italiana alle campagne informative su tv e giornali si parla sempre di anoressia e bulimia. C’è, però, un altro disturbo del comportamento alimentare, meno conosciuto, ma che sta prendendo sempre più piede. Si chiama Bed (Binge eating disorder, ossia disturbo da alimentazione incontrollata) e, secondo un recentissimo studio americano, ne soffrono sei donne su 100. “Mangiare senza freni può capitare a tutti quando si è nervosi o giù di tono. Ma il Bed è un’altra storia. È una vera e propria malattia, che nasce da una profonda sofferenza interiore” spiega Massimo Cuzzolaro, psichiatra e responsabile del Servizio per i disturbi del comportamento alimentare dell’Università La Sapienza di Roma. “E ha pesanti conseguenze anche sul corpo, perché, se non curata, porta inevitabilmente a ingrassare o addirittura a diventare obese“. Ma come si riconosce e si distingue dalla bulimia?
I segnali rivelatori
La malata di Bed, esattamente come la bulimica, prova un impulso irrefrenabile ad abbuffarsi più volte alla settimana. Durante le crisi mangia un grande quantitativo di cibo in un arco limitato di tempo (per esempio in due ore), ha la sensazione di non riuscire a fermarsi e di non controllare che cosa e quanto sta mandando giù. Mangia più rapidamente del normale, anche senza essere affamata, e fino alla nausea. Subito dopo, però, si sente in colpa e giù di morale. E qui arriva la differenza fondamentale. Mentre chi soffre di bulimia cerca di compensare le abbuffate digiunando, prendendo lassativi, oppure procurandosi il vomito, chi ha il Bed non fa niente di tutto questo. Perché non è ossessionata dal pensiero di ingrassare.
La terapia
“Per guarire, mettersi a contare le calorie non serve” avverte il professor Cuzzolaro. “Come nel caso dell’anoressia e la bulimia bisogna rivolgersi a un centro per i disturbi alimentari con un’équipe di esperti: dallo psichiatra, allo psicologo, al nutrizionista (le strutture convenzionate si trovano sul sito: www.anoressiaebulimia.info)”. La cura che funziona meglio è la psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale, in cui il terapeuta aiuta la persona a capire perché non riesce a controllarsi. La terapia di solito dura almeno sei mesi. Ma alla fine si riesce a impostare un rapporto più equilibrato con il cibo.