Mappatura dei nei: un controllo diagnostico indispensabile per individuare eventuali nei pericolosi, ma che spesso diventa un’inutile ossessione da parte di soggetti assolutamente sani che scambiano la medicina preventiva con l’intervento specialistico.
Negli ultimi anni le richieste di visita per la mappatura dei nei o nevi (cioè per l’ispezione delle neoformazioni pigmentarie del corpo) sono aumentate in modo esponenziale. A sostenerlo è il Dottor Michelangelo La Placa, Professore Aggregato di Dermatologia presso l’Istituto di Clinica Dermatologica del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna.
«Se da un lato è bene che il soggetto si sottoponga a controlli dermatologici, attraverso dermatoscopia manuale o videodermatoscopia digitale, dall’altro lato non è necessario che lo stesso paziente ripeta puntualmente la visita ogni anno, nel caso in cui non si fossero riscontrati nei ‘a rischio’. In altri termini, soggetti con presenza di nei sani possono eseguire gli screening sui nei ogni 3 anni e non ogni anno. La conseguenza della massiccia richiesta di mappature consiste nell’allungamento delle liste di attesa nelle strutture pubbliche che di certo non giovano ai pazienti che hanno effettivamente bisogno».
In fatto di prevenzione melanomi, è più importante cambiare lo stile di vita sotto il sole piuttosto che ricorrere in modo massiccio alla mappatura dei nei
«In questi anni, le varie campagne per sensibilizzare la popolazione sui tumori cutanei, dai fattori di rischio all’importanza di adeguati controlli, hanno avuto un impatto relativamente modesto sulla modificazione dell’approccio al sole: si pensi, ad esempio, all’accanito perseguimento di abbronzature sempre più intense ed estese, che costringono i sistemi di riparo del DNA delle cellule cutanee ad un superlavoro, con il conseguente aumento probabilistico del numero di errori connessi e, quindi, del rischio di mutazioni – spiega il dottor La Placa – Mentre hanno avuto una risonanza notevole, addirittura eccessiva, sul versante della richiesta di controlli specialistici preventivi».
In un recente convegno (XVII Congresso Nazionale AIDA – Associazione Dermatologi Ambulatoriali, tenutosi a Riccione) vari oncologi e dermatologi hanno concluso che “valutando i pro e i contro degli screening sui melanomi, l’indicazione è di evitarli in forma generalizzata, su di una popolazione indistinta e asintomatica, mentre andrebbero caldeggiate campagne di educazione sanitaria e la sorveglianza di soggetti a rischio, e i follow up per lesioni già definite a rischio”.
Che cosa si può fare per incentivare la diagnosi precoce e quindi la prevenzione secondaria del melanoma?
«L’American Cancer Society ha pubblicato un protocollo secondo il quale la frequenza dell’auto-osservazione dovrebbe essere mensile, mentre la visita medica dovrebbe limitarsi ad una cadenza triennale. Ad eccezione dei soggetti su cui si sono riscontrate lesioni sospette e soggetti con pelle chiara che si espongono molto al sole – prosegue il dermatologo – Quindi, gli interventi specialisti per il controllo dell’evoluzione dei nevi, assolutamente necessari per garantire una diagnosi precoce della loro possibile evoluzione maligna, dovrebbero essere condotti solo con cadenze temporali adeguate, riservando a visite più ravvicinate o urgenti, solo a quei soggetti che presentino, in base all’auto-esame della pelle e all’osservazione del medico di famiglia, segni che possono indicare un’evoluzione non desiderabile».
Saper leggere i nei: la regola dell’A B C D E
Un nevo sospetto solitamente presenta almeno una di queste caratteristiche:
– A come Asimmetria: tracciando una linea immaginaria che divida in due la lesione, si ottengono due metà non sovrapponibili.
– B come Bordi, contorni irregolare frastagliati.
– C come Colore, non omogeneo e con più di un colore, soprattutto con sfumature tendenti al bruno-nerastro o al rosso-bluastro
– D come Dimensione, ovvero neoformazioni di diametro superiore ai 6 mm.
– E come evoluzione, un neo che si è modificato nel tempo.
Ai fini del controllo sulla degenerazione, i nei congeniti sono più importanti dei nei acquisiti.
E i nei “strani”, invece, quelli brutti da vedere, quelli pelosi?
«Non è una regola precisa, ma paradossalmente (dal punto di vista del paziente) un neo regolare può essere più pericoloso di un nevo brutto da vedere. Un neo, più è brutto, meglio è – rassicura La Placa – I nei in rilievo e con peli sono benigni, anche se riconosco che spesso sono fonte di preoccupazione da parte del paziente».
Cosa fare sotto il sole per prevenire il melanoma?
«Innanzitutto, chiariamo che la crema solare non è antitumorale tout court – spiega il dermatologo – È fondamentale per non scottarsi, ma non garantisce la protezione in senso assoluto dal rischio. Nemmeno i filtri fotostabili sono così ‘fissi’. L’SPF, il fattore protettivo, indica quanto tempo si rimane protetto dai danni dei raggi UV durante l’esposizione. La crema va spalmata più volte nel corso della giornata, ogni due ore circa, perché la pelle assorbe i filtri solari a poco a poco. E poi bisogna considerare il sudore, gli sfregamenti con l’asciugamano, i bagni al mare e in piscina».
Inoltre è fondamentale applicare la crema solare a casa, prima di spogliarsi sotto il sole: si dà alla pelle tutto il tempo di recepire i filtri.
Un buon filtro solare poi, deve essere pari almeno a 30 SPF e più, il che non vuol dire che non fa abbronzare. Anzi, consente un’abbronzatura graduale e senza eritemi. L’errore in cui incorrono molti è quello di usare protezioni più basse a mano a mano che acquistano colore, ma non non è utile ai fini della salute della pelle. La melanina prodotta assicura un filtro di protezione pari solo a 4.
L’ideale sarebbe uno schermo totale dal sole, ma è assodato ormai che non esista, e anche in commercio tale dicitura è stata abolita, per evitare confusione nei consumatori.
«È di fondamentale importanza proteggere soprattutto i bambini, evitando di esporli alla luce diretta del sole nelle ore centrali della giornata fino ai 36 mesi – prosegue La Placa – Per quanto riguarda lo screening della pelle, non posso dire che sconsiglio la mappatura nei bambini, ma tramite il pediatra è il caso di valutare il tipo di paziente infantile, cioè se presenta familiarità di melanoma, la quantità di nei, il fototipo ecc».
È importantissimo che un bambino non si sia scottato. Tra i fattori predisponenti del melanoma infatti rientrano:
– fattori genetici;
– fattori ambientali: un numero ripetuto di ustioni in età giovanile, scottature, anche solo ‘diventare rossi’ vuol dire che la pelle ha subito un danno;
– fattori ormonali: gli ormoni sessuali femminili estrogeni hanno un ruolo negativo, non del tutto dimostrato. Durante la gravidanza gli estrogeni determinano un aumento dei nei, oltre alla loro dimensione. Solitamente si tratta di un fattore estetico e non patologico. Non è stata dimostrato una diretta relazione con i tumori cutanei.
Detto questo, esporsi al sole non deve tuttavia generare ansie e allarmismi.
Cos’altro c’è da sapere su nei e melanoma?
«Dopo i 45 anni i nei tendono a scomparire. È nella fascia d’età 18-45 anni che il neo può degenerare -spiega il dermatologo – Gli anziani invece presentano altre alterazioni cutanee, come le macchie e in alcuni casi le cheratosi attiniche. Se ad una persona over 45 anni è diagnosticato un melanoma, questo non è riconducibile ad un neo degenerato, ma è una neoformazione maligna comparsa dopo. Non dipende dunque da un’alterazione di un nevo».
E i nei atipici che vengono asportati?
«Vengono asportati a scopo preventivo: rassicuriamo che si tratta spesso di un problema di minima entità – conclude La Placa – Dopo l’asportazione, viene inviato ai laboratori di Anatomia Patologica e, in base all’esame istologico delle cellule, si valuta la sua pericolosità. Se dovesse presentare pericolosità dal punto di vista cellulare, è bene chiarire che il neo ha delle caratteristiche di atipia che potrebbero evolvere in tumore, ma non è un vero melanoma».