Niente figli, meglio un cane. A dirlo e a scriverlo è stata la francese Hélène Gateau, professione veterinaria. Ma la sua opinione non dovrebbe fare così scalpore, visto che la scelta della donna, oggi 42enne, sembra incontrare sempre più sostenitori. Basti pensare che in Francia ci sono più animali da compagnia che abitanti: 80 milioni rispetto ai 67 milioni di francesi che risultano ufficialmente abitare nel Paese. Su 10 persone che vivono con un animale domestico, 6 hanno in media tra i 25 e i 34 anni, quindi esattamente l’età nella quale solitamente (o almeno fino a qualche anno fa) si mette su famiglia. Anche in Italia la situazione non sembra poi così diversa. Al calo di natalità preoccupante, con un record negativo di bambini nelle ultime rilevazioni, fa da contraltare l’aumento dei pet: cani, gatti, insomma animali domestici.

Niente figli, meglio un cane

«Il mio cane ha assunto un ruolo importante in una fase cruciale della mia vita, cioè alla fine di una storia d’amore e quando si pone ancora la questione dei figli. Non ho mai voluto avere figli, preferisco dedicarmi al mio cane. Ho scelto di essere più individualista e di dare priorità al mio stile di vita, alla mia libertà». Così ha dichiarato Gateau nel suo libro dal titolo che non lascia dubbi: Pourquoi j’ai choisi d’avoir un chien (et pas un enfant), cioè Perché ho scelto di avere un cane (e non un bambino). Un testo che ha fatto molto discutere, sia in patria che qui in Italia. «Credo che situazioni analoghe siano sempre esistite, anche se probabilmente negli ultimi 10/15 anni sono aumentate» spiega Fabrizio Quattrini, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia di Roma. «Si ritrovano soprattutto nelle nuove realtà familiari, quelle monofamiliari, dove le persone sentono di non volere una famiglia tradizionale e, soprattutto da single, scelgono un pet come compagnia. In quest’ottica la presenza di un animale come un cane o un gatto può diventare importante come quella di un partner, perché garantisce una serie di attenzioni affettive».

Perché si preferiscono cani e gatti a un figlio

Ma perché si può arrivare a preferire un amico a quattro zampe? «Non è facile stabilirlo in modo netto. A volte nella coppia non sono arrivati i figli che si desideravano e cani e gatti diventano un’alternativa per chi sente di voler dare amore. In alcuni casi si è reduci anche da tentativi di fecondazione assistita, oppure non ci si sente di adottare dei bambini. Ma c’è anche un’altra possibilità: forse in modo un po’ egoistico si opta per una scelta che comporta una minor responsabilità rispetto a quella di un figlio, pur garantendosi un investimento affettivo – spiega ancora Quattrini – L’importante è non ricadere in luoghi comuni come quello secondo cui per le donne esiste solo l’istinto materno come possibilità di manifestare e dare spazio alle proprie emozioni e sentimenti».

Animali trattati come figli

Il rischio, però, è di trasferire sugli amici a quattro zampe quei sentimenti che altrimenti sarebbero riservato ai figli e alla famiglia. La stessa Gateau lo lascia intendere quando ammette che il rapporto con il cane «gioca sugli stessi meccanismi del classico istinto materno», perché «dal punto di vista ormonale, biochimico, neuronale, quello che sto vivendo è molto vicino all’attaccamento madre-bambino». Commenta lo psicologo: «Un animale domestico non può essere un sostituto di un figlio, semmai qualcosa di sovrapponibile. Si possono rivolgere le proprie energie, affetti e amore verso il pet, che è un animale che può aver bisogno delle nostre cure, ma le similitudini finiscono qui, altrimenti entriamo nel campo della disfunzionalità».

Amare un animale (più della famiglia) è un tabù?

Insomma, nulla di sbagliato a prendersi cura di un altro essere vivente. Il problema, secondo la veterinaria, è che «è ancora un po’ un tabù» pensare di destinare le proprie attenzioni ed energie solo a un animale domestico. «Certamente è un tabù sganciarsi da qualunque tipo di famiglia che non sia quella definita come tradizionale, che vada oltre il binomio uomo-donna, madre-padre, ma anche figlio maschio-figlia femmina. Detto questo, la scelta di puntare a un pet non è appannaggio solo dei single», sottolinea Quattrini.

Scelta da single o anche da coppia?

In effetti c’è chi osserva che Gateau non ha un compagno e forse lo ha sostituito con il cane. Lei stessa ha spiegato: «Scegliendo un cane, ho potuto spuntare tutte le caselle che mi sembravano indispensabili per soddisfare la mia visione del mio futuro compagno. Inconsciamente, credo di aver cercato una sorta di presenza maschile nella mia vita». Osserva Quattrini: «Certo il single può scegliere la compagnia di un animale perché si rende conto che la condizione di singletudine non è poi così appagante, perché siamo animali sociali e abbiamo voglia di relazionarci. Nella coppia, però, potrebbe essere legato al desiderio di accudire un altro essere vivente, di essere partecipativi. Che significa anche assumersi delle responsabilità».

Prendere un cane o un gatto è comunque un atto di responsabilità

A volte, infatti, a spingere a non volere figli non sarebbe la paura o la mancanza di viglia di stravolgere la propria vita, almeno stando a quanto dichiara la veterinaria, in una intervista a Madame Figaro: «Ho iniziato ad avere ritmi quotidiani diversi per prendermi cura di lui, al punto che alcune persone intorno a me hanno pensato che il mio rapporto con il cane fosse un po’ esagerato». Pe lo psicologo, «Si tratta di assumersi pur sempre un impegno responsabile. Pensiamo alle limitazioni quando si parte per le vacanze o al costo dei medicinali veterinari. Insomma, se si affronta con serietà, è pur sempre un impegno da tanti punti di vista».

Quando si supera il limite

Attenzione, però, a non esagerare: «Esiste sicuramente un confine tra l’affetto per il proprio animale domestico e la disfuzionalità. In genere si verifica quando ci si sente completamente dipendenti e si finisce con il perdere il controllo, o si diventa iper-protettivi. Potrebbe accadere anche con un figlio, finendo con causare conseguenze negative per il bambino. La differenza sta nel fatto che per l’animale non abbiamo dati chiari sugli effetti di questo comportamento», osserva Quattrini.