Di mestruazioni e ciclo mestruale oggi si parla sempre di più. Basti pensare alla caduta di un muro come l’abbigliamento delle tenniste del torneo di Wimbledon, che finalmente non prevede più l’obbligo per le giocatrici di indossare abiti bianchi, molto più difficili da gestire “in quei giorni”. E se ne parla anche in famiglia. Le giovani infatti sembrano più propense a rivolgersi proprio alla famiglia, per saperne di più. A confermarlo è il risultato di un’indagine, condotta da Sensuswide-INTIMINA, che mostra come solo il 15% delle adolescenti si rivolge a internet per avere più informazioni sul ciclo. Ben l’85% preferisce ancora la famiglia, mentre il 36% chiede aiuto anche alle insegnanti a scuola.
Con chi parlare di mestruazioni?
Secondo il sondaggio, tra le giovani che preferiscono parlare di mestruazioni in famiglia, la maggior parte ha come riferimento la madre (85%), mentre solo il 12% chiede a sorelle o fratelli. Ancora meno (il 6%) si apre con i padri, mentre il 12% del campione ha spiegato di aver affrontato l’argomento con il medico: un dato comunque inferiore a quello di chi ha cercato informazioni e pareri sul web, pari al 15%.
C’è ancora senso di vergogna?
Resiste, però, uno zoccolo duro di giovani che prova vergogna non solo nel parlarne, ma anche nel gestire i giorni del ciclo quando è a scuola, tanto da provare a nasconderlo. Si tratta del 65% delle ragazze contro l’11% di coloro che non prova imbarazzo. «Non dimentichiamo che le mestruazioni sono da sempre state ammantate di credenze e tabu. In genere questo accade quando si vuole sminuire la potenza di un evento. Infatti, le mestruazioni rappresentano in qualche modo anche il potenziale vitale della donna: circondarle di credenze che riducono la forza della donna in quei giorni ha una chiara matrice culturale e sociale che stenta a lasciare il passo a un evento fisiologico del corpo femminile», spiega la sessuologa e psicoterapeuta Roberta Rossi.
Mestruazioni, un tabu anche in famiglia?
Quando sono a casa, invece, le adolescenti sembrano sentirsi maggiormente a proprio agio, tanto da affrontare il discorso con le madri, seppure con qualche resistenza. In questo caso, però, qualcosa è cambiato: «Sono cambiati i tempi e oggi le madri sono più in ascolto delle proprie figlie, ne riconoscono maggiormente le necessità e ne rispettano la libertà di espressione, anche se a volte questo diventa “essere amica” della propria figlia. Riconoscere i diversi ruoli è fondamentale per il rapporto madre figlia, ma soprattutto per la crescita individuale della figlia», chiarisce Rossi.
Madre e amiche: come parlarne
Il difficile equilibrio tra dialogo, imbarazzo e libertà di espressione, come si traduce in termini concreti? «La confidenza al femminile è un tratto importante del rapporto madre figlia, ma non deve essere capovolto, non deve essere la madre a raccontare le sue esperienze da donna adulta. Piuttosto, è bene lasciare aperta la porta al confronto con la figlia – suggerisce la psicoterapeuta – Le coetanee, invece, sono importanti per la condivisione delle esperienze, vivono situazioni simili in contesti simili e in questo possono specchiarsi meglio». In ogni caso sarebbe sempre meglio evitare giri di parole o nomignoli: «Uccorre un linguaggio chiaro, diretto e soprattutto realistico, ci si può fare aiutare da libri, da leggere insieme, oppure parlare della propria esperienza, senza demonizzare o enfatizzare. È importante essere attenti alle parole che si scelgono (ogni cosa ha un suo nome), al tono della voce, evitando di utilizzare nomignoli o sottintesi che non fanno altro che perpetuare il tabu». Concorda anche Alessandra Bitelli, Woman Empowering Coach: «Quello che chiama le cose con il loro nome. Utilizzare un linguaggio di sottintesi o parole improprie, infatti, non farebbe che aumentare la percezione che si tratti di qualcosa da nascondere o di cui non si possa parlare in pubblico».
Si può parlare di mestruazioni con le insegnanti?
Dal sondaggio emerge anche la figura degli insegnanti come possibili interlocutori, cosa inimmaginabile fino a qualche decennio fa. Ma è davvero così? «Direi che gli interlocutori privilegiati restano sicuramente la mamma o un adulto (preferibilmente donna) di riferimento, e le amiche che hanno già avuto le prime mestruazioni o che hanno sorelle che già le hanno avute. Eventuali altri interlocutori dipendono a seconda del tessuto sociale in cui vive la ragazza. In molti ambienti è assolutamente normale parlarne a scuola, in altri meno, può esserci ancora imbarazzo che però oggi direi è dato più dal non sapere che dal fatto in sé», risponde Bitelli.
Oggi di mestruazioni si parla di più
Anche se resistono alcuni tabu, è indubbio che oggi di mestruazioni si parli di più, anche tramite campagne pubblicitarie importanti: «Assolutamente sì. È evidente una maggiore disinvoltura sia in famiglia che in fuori casa – osserva Bitelli – I genitori degli adolescenti di oggi fanno parte di una generazione emancipata che ha desiderato fortemente abbattere queste barriere e ha cercato, in tutti i modi, di far percepire la mestruazione come un fatto fisiologico e naturale. Dal costo degli assorbenti (la famigerata tampon-tax) ai giorni di congedo mestruale, si sono comunque fatti passi avanti nel riconoscimento di una condizione, come quella femminile, che comporta spesso limitazioni. Eppure esistono ancora barriere da superare: «Non parlerei di discriminazione ma di percezione, a volte distorta, della condizione femminile, che viene considerata limitante» chiarisce l’esperta.
Stop alla discriminazione
«Alcune donne si sentono limitate soprattutto perché vivono le mestruazioni con fatica o disagio a livello fisico, ma per molte altre l’unica cosa a cui devono fare attenzione è non sporcarsi i vestiti. Vivere questa condizione con assoluta normalità è il primo passo per non sentirsi discriminate e per non farla percepire come discriminante. Quello che voglio dire è che il vero lavoro di “purificazione” dalla percezione discriminante deve partire prima di tutto dalle donne, dalle madri che educano i loro figli (sia femmine che maschi) ma anche dalla scuola», spiega l’esperta di Empowerment femminile, secondo cui occorre partire dall’educazione: «Come per altri ambiti l’educazione sociale è alla base del cambiamento culturale. Il vero problema è che per moltissimo tempo le mestruazioni sono state la scusa per considerare le donne meno adatte a determinate mansioni. Questi cambiamenti sono, appunto, di tipo culturale e richiedono tempo. Anche se oggi tutti, o quasi, sulla carta, pensano di non discriminare una donna quando ha le mestruazioni, di fatto può accadere che lo facciano o che sia la donna stessa che si senta di avere una limitazione e si comporta di conseguenza generando un circolo vizioso di percezione sbagliata».