Si chiama “ortosonnia” o “ansia da sonno perfetto”: è il desiderio – che a volte si può trasformare in vera e propria fobia – del sonno perfetto. Non solo in quantità, ma anche in qualità. Paradossalmente, proprio mentre dormiamo sempre meno, tra la socialità serale e il ricorso a smartphone e device fino a tarda sera, cresce l’attenzione al dormire bene, come dimostra l’aumento di dispositivi e app che permettono di monitorare il sonno. Il rischio, però, è di esserne così ossessionati da faticare ad addormentarsi o dall’essere disturbati da frequenti risvegli.
Cos’è l’ortosonnia, l’ansia del sonno perfetto
Il termine è poco noto ed è relativamente recente. È stato utilizzato per la prima volta nel 2017, in un articolo pubblicato sul Journal of Clinical Sleep Medicine. Gli esperti del sonno Baron KG, Abbott S, Jao N, Manalo N, Mullen R., si interrogavano già all’epoca sul ricorso crescente a dispositivi che permettono di misurare quantità e qualità del sonno, sotto forma di App o smartwatch, parlando di Orthosomnia, l’ortosonnia, appunto.
In quanti soffrono di ortosonnia
Già 7 anni fa, ai tempi della ricerca statunitense, si stimava che 1 adulto su 10 indossasse regolarmente dispositivi per il fitness e il sonno, e che la metà degli americani fosse pronta ad acquistarne. Nel frattempo il numero di smartwatch e App specializzate nel monitoraggio del sonno è aumentato esponenzialmente. Ma a dispetto del successo commerciale di questi strumenti, gli studiosi rimangono scettici sulla loro reale utilità. Da un punto di vista tecnico, infatti, c’è qualche perplessità sulla capacità di effettuare una polisonnografia, cioè la capacità di rilevare e registrare l’andamento e le variazioni di alcuni parametri fisiologici durante le diverse fasi di sonno REM (Rapid Eye Movement) e non-REM. Da quando sono disponibili, inoltre, è aumentata la richiesta di cure per disturbi del sonno, più o meno reali.
Il sospetto è che l’ortosonnia sia proprio indotta dal ricorso ai dispositivi.
Boom di disturbi del sonno: quanti sono reali?
A crescere, quindi, è la preoccupazione sul tipo di sonno, al pari dell’ortoressia in ambito alimentare. «Il paradosso è che proprio l’abuso di dispositivi rischia di creare problemi prima inesistenti. Certamente questi strumenti sono utili se aiutano a gestire la routine quotidiana se, per esempio, c’è bisogno di regolarizzare le abitudini relative al ritmo sonno-veglia, visualizzare il tempo da dedicare al sonno o all’attività fisica», conferma Carolina Lombardi, professore associato presso l’Università Bicocca di Milano, Direttore del Centro di Medicina del Sonno del Centro Auxologico IRCCS.
Ortosonnia: l’ansia del sonno perfetto
Le conseguenze di un “abuso” di controllo del sonno, alla ricerca di quello perfetto, può però portare a condizioni di ansia e a un circolo vizioso. «La conferma è che la terapia cognitivo-comportamentale, la prima scelta nel trattamento dell’insonnia, si basa proprio sulla correzione dei pensieri intrusivi sul sonno, ovvero pensieri eccessivi e frequenti sull’igiene del proprio riposo», spiega ancora Lombardi. Un po’ come accade con il cibo o il fitness, anche il sonno, insomma, può alimentare una sindrome da prestazione e un’ossessione alla ricerca di uno standard che, di fatto, non è necessariamente uguale per tutti.
Come e quanto curarsi del sonno
«Il modo migliore per prendersi cura del proprio sonno – spiega invece Lombardi – è sicuramente è conoscersi, in modo da cercare di rispettare al massimo i propri bisogni». Esistono, infatti, lunghi dormitori e brevi dormitori, che si distinguono a in base alle ore di riposo di cui hanno bisogno per essere “attività” durante il giorno. Si dice che Napoleone, per esempio, dormisse appena 3-4 ore a notte. Se lo standard per una persona adulta è di 7-9 ore, secondo la Sleepfoundation c’è un margine di un’ora in più o in meno che in genere non incide sul benessere.
Il bisogno di sonno è individuale
«Il bisogno di sonno è assolutamente individuale, quindi non dobbiamo focalizzarci sulla necessità di raggiungere le 7 ore, mentre è importante capire quali sono i propri bisogni. Uno degli indicatori è il senso di ristoro al mattino: se non lo soddisfaciamo interamente, ecco che percepiamo immediatamente la sensazione di privazione e i suoi effetti», spiega la Direttrice del Centro del Sonno dell’Auxologico. Gli sleep trackers, invece, possono condizionare questa percezione, ma anche indurre un senso di preoccupazione se non si rispettano parametri standardizzati.
I nuovi disturbi del sonno
Alla crescita dell’uso di dispositivi, infatti, non si accompagna una diminuzione dei disturbi del sonno, che al contrario crescono. «I problemi prevalenti sono legati al nostro stile di vita», premette l’esperta, riferendosi agli orari di veglia sempre più prolungati, per motivi lavorativi e di svago (la palestra, gli aperitivi, ecc.). «Un altro fattore determinante, però, è dovuto anche all’obesità, che spesso crea un circolo vizioso: dormire male può aumentare il rischio di sovrappeso, così come quest’ultimo può peggiorare gli aspetti qualitativi e quantitativi del sonno, oltre a portare a disturbi respiratori di notte, che a loro volta non permettono un sonno di qualità».
No al fai-da-te
In presenza di segnali di allarme, quindi, è bene rivolgersi a uno specialista, invece che trovare soluzioni in autonomia. Se ci si accorge, ad esempio, di avere sonnolenza durante il giorno, colpi di sonno alla guida, un calo di performance sul lavoro e nella quotidianità, può essere che il motivo sia un sonno non adeguato. Ma per capirne le reali cause, al di là dello stretto numero di ore di riposo che possono essere segnalate da una App, occorre sottoporsi alla valutazione di un esperto, senza improvvisare soluzioni farmacologiche o “tecnologiche” che possono rivelarsi inadeguate o persino dannose.