L’esame per la diagnosi dell’osteoporosi è probabilmente tra quelli più conosciuti da noi donne. Si chiama Moc, o mineralometria ossea computerizzata e oggi viene eseguita con metodica Dxa, cioè con doppio raggio X. Rispetto alla precedente versione, quest’ultima è più accurata perché è in grado di valutare anche una modifica pari all’un percento nella densità ossea. E neppure la Dxa, come viene chiamata in “gergo”, comporta rischi per la salute, perché la dose di raggi che viene assorbita dal corpo è comunque molto bassa. Si effettua nei Centri diagnostici, oppure nell’ambulatorio ospedaliero ed è carico del Servizio sanitario dopo i 65 anni.
L’esame viene eseguito quasi sempre soltanto su una parte del corpo. I risultati, anche se parziali, sono comunque più che sufficienti per avere un’idea della situazione generale.
La prescrizione di questo esame però rappresenta un bel problema. In base ai Lea, cioè ai Livelli di assistenza, può infatti essere rimborsato alle donne under 65 solo in presenza di più fattori di rischio. Così però, dicono gli esperti, sfugge al controllo quel mondo sommerso di casi di osteopenia tra le cinquantenni, che rappresenta già il primo passo verso l’osteoporosi.
Per questo, sarebbe utile sottoporsi a una prima Moc già intorno ai 50 anni, cioè quando inizia la primissima fase della menopausa: il costo, che è tra 60 e 100 euro se l’esame viene eseguito privatamente, vale la pena di essere sostenuto. Una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine, condotta su circa 5mila donne, ha mostrato che se la Moc è normale, il rischio di sviluppare osteoporosi nei 15 anni successivi è inferiore al 10 percento.