“Vi ringrazio, perché voi date il bacio della buonanotte ai nostri figli, al posto nostro”. Lo scrisse tempo fa in una lettera di ringraziamento il padre di un ragazzo ospite alla Lega del Filo d’Oro, l’Associazione che da oltre 50 anni assiste, educa, riabilita e reinserisce nella famiglia e nella società le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali.
Tra gli angeli della notte dell’associazione, in veglia costante e amorevole sugli utenti, c’è Natalina, operatore tecnico addetto all’assistenza (Ota). Da 36 anni insieme alle sue colleghe accompagna il sonno, rassicura, tiene la mano, risponde a ogni esigenza.
“Uno crede che non ci sia niente da fare perché i ragazzi dormono” racconta, “Invece la fatica è tanta, però non cambierei questo lavoro per nulla al mondo”.
Le notti al centro, infatti, sono turbolente. Gli ospiti si rigirano nei letti. Alcuni dormono d’abitudine solo due ore. Qualcuno tossisce, qualcuno si lamenta: c’è chi ha sete, chi ha caldo, chi deve andare in bagno. Qualcuno vuole semplicemente un po’ di compagnia.
Prima di iniziare Natalina aveva creduto di non farcela, ma si sbagliava. E l’ha capito subito. “La prima volta che entrai al centro di Osimo avevo 17 anni: fu uno shock. Poi una ragazzina mi abbracciò forte, io mi emozionai e pensai che questo era il mio posto”.
Gli utenti riconoscono Natalina dal passo o dal profumo. Lei invece riconosce e distingue il significato di ogni vocalizzo. Il loro è un rapporto di affetto: “I nostri ragazzi non chiamano e non chiedono, sei tu che devi vigilare, girando in continuazione. Ogni ora tutti hanno bisogno di qualcosa, i più gravi anche con maggior frequenza. Quando vedi un disagio, cerchi di capire cosa non va e come puoi rispondere, ma ormai conosco le espressioni di ognuno. La responsabilità è tanta, ma per me sono come figli”.
Quando un ragazzo è triste o si sente solo, Natalina glielo legge addosso ed ecco che con una coccola porta calore e consola. Il regalo più bello? Le luccicano gli occhi nel dirlo: “Quando, tornando qui dopo qualche anno, i ragazzi mi riconoscono dal passo. Vuol dire che ci siamo voluti bene”.
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