Si manifesta con sintomi apparentemente innocui come il sanguinamento gengivale, l’alitosi e una sensibilità diffusa a caldo e freddo. La parodontite, però, è una questione ben più seria e non una problematica da curare unicamente con collutorio e dentifricio. E non solo perché la principale – e più grave – conseguenza della piorrea è la perdita dei denti. La parodontite, infatti, è una malattia caratterizzata da un’infezione batterica del parodonto, ovvero, l’insieme delle strutture che costituiscono il sostegno dei denti, che vengono progressivamente distrutte dai batteri patogeni. Ma non solo. È stato rilevato, infatti, come la parodontite sia collegata a numerose malattie sistemiche come diabete e sindromi metaboliche, patologie cardiovascolari, osteoporosi e persino malattie neurodegenerative. Addirittura, la parodontite ha effetti anche sulla fertilità e sembra collegarsi a problemi di concepimento. La correlazione più recentemente emersa e tuttora da approfondire, però, è quella tra questa infezione e alcune forme oncologiche, ventidue in totale.
È evidente, perciò, come la diagnosi precoce della parodontite sia fondamentale per evitare conseguenze ben più gravi del sanguinamento delle gengive. Oggi, accanto alla più tradizionale diagnosi clinica e radiologica, l’approccio è di laboratorio e l’attenzione è rivolta alle analisi che studiano il microbiota orale.
Parodontite: perché l’approccio di laboratorio?
Il primo e indiscutibile vantaggio di un percorso diagnostico costituito da analisi biomolecolari di laboratorio è che, in questo modo, è possibile curare la parodontite con un approccio non invasivo e senza dolore. Lo scopo di questo tipo di diagnostica, infatti, è individuare i fondamenti biologici della malattia. E, di conseguenza, elaborare un trattamento che sia personalizzato, basato sull’uso combinato tra microscopio operatorio e laser. A essere particolarmente importante – soprattutto per il paziente – è l’utilizzo del microscopio operatorio. Questo strumento, infatti, consente di osservare dettagli invisibili a occhio nudo, risparmiando stress, dolore e interventi chirurgici al paziente.
L’importanza della biologia molecolare è evidente soprattutto perché sta cambiando radicalmente l’approccio verso la medicina. L’analisi e la diagnosi sono sempre più sistemiche e, soprattutto, volte alla prevenzione delle patologie. Non a caso, si parla di medicina delle 4P: precisa, personalizzata, predittiva e preventiva. Caratteristiche che sono assolutamente valide anche per la medicina orale e, in particolare, per la parodontite, in cui i test microbiologici sono fondamentali per ottenere una diagnosi precoce.
Il microbiota come nuova frontiera nella cura della parodontite
Nel nostro corpo vivono circa 100.000 miliardi di batteri, un numero persino superiore alle cellule presenti nell’organismo umano. In questa miriade di batteri, alcuni si distinguono per essere non solo innocui, ma persino utili per la nostra salute e sono noti come microbiota umano.
Ed è proprio lo studio del microbiota delle tasche parodontali la chiave per l’applicazione biomolecolare nella diagnostica legata alla parodontite.
Infatti l’infiammazione parodontale è scatenata proprio dallo squilibrio tra batteri “buoni” e batteri “patogeni”, che colonizzano le strutture del cavo orale ed innescano la distruzione dei tessuti, portando alla perdita dei denti.
Grazie all’utilizzo dei test biomolecolari, che specificano la quantità e la qualità dei batteri presenti, finalmente i professionisti del settore possono individuare in maniera chiara la procedura corretta per stabilizzare l’infiammazione. Per prelevare un campione, infatti, è sufficiente inserire una punta di carta sterile nelle tasche parodontali. Una soluzione ottimale anche per il paziente, che non sente alcun dolore durante la procedura. Il risultato è, ovviamente, una terapia basata su dati oggettivi e verificabili, in cui l’equilibrio del cavo orale è controllato in maniera stabile e continuativa, senza dover ricorrere al bisturi.
Precisissimi e capaci di rilevare anche minime quantità di DNA, i test microbiologici possono essere molto utili anche nel monitoraggio della guarigione e capaci di intercettare possibili recidive. In questo modo, il parodontologo può intervenire tempestivamente nel caso in cui la malattia torni a manifestarsi e modificare la terapia.
Dove viene applicato questo approccio innovativo?
Una delle realtà più all’avanguardia nel trattamento della parodontite e nella costante ricerca dell’eccellenza nei trattamenti innovativi, non invasivi e tecnologici è la rete di centri odontoiatrici specializzati IMI-EDN. Missione degli studi odontoiatrici IMI-EDN è il costante miglioramento e la ricerca nel campo delle alte tecnologie e delle procedure più innovative, diagnostiche e terapeutiche, ad esclusivo beneficio dei pazienti.
Grazie all’attività di un’equipe medica di ricerca, in IMI-EDN hanno sviluppato un protocollo terapeutico (Perioblast) per trattare la parodontite in tutte le sue manifestazioni attraverso l’uso del microscopio operatorio e del laser. Lo scopo è stimolare le cellule staminali per favorire la rigenerazione dei tessuti. Ma anche mettere al centro della diagnosi il paziente e il suo benessere. Proprio per questo, nelle sedi del network si trattano non solo tutte le patologie legate alla parodontite, ma vengono messi in atto protocolli di prevenzione per tutte le malattie correlate.
Lo stesso network IMI-EDN è in prima linea nella ricerca. Presso il loro Istituto di Ricerca, infatti, hanno completato alcuni studi sulla biologia molecolare, arrivando persino ad aggiungere nuovi batteri a quelli già universalmente noti come patogeni e completando così il profilo microbiomico parodontale. L’attenzione del team di odontoiatri e igienisti dentali è rivolta, però, anche alle correlazioni tra microbiota del cavo orale e l’insieme di microorganismi dell’intestino e del tratto uro-genitale. Lo scopo è trattare la parodontite nella sua totalità e in tutte le manifestazioni dell’infezione.
Il paziente al centro
L’approccio scelto da IMI-EDN è volto a migliorare l’esperienza del paziente. Non a caso, infatti, alla ricerca medica si affianca la volontà di prendersene cura in toto. Nel 2020, infatti, il network ha promosso una campagna di experience e ascolto interno ed esterno attraverso una serie di interviste a campione dei pazienti. Su un totale di 2000 intervistati, in partnership con Mikaline, ben il 97% si è detto soddisfatto del percorso terapeutico Perioblast.