Tutte noi nella vita collezioniamo piccoli e grandi successi. Può trattarsi di un lavoro ben concluso, di un progetto approvato e che ha preso forma, di un bel voto a un esame universitario. Anche di una relazione ben costruita e che procede a gonfie vele. Sono comunque obiettivi, di qualunque entità essi siano. Ma spesso ci concentriamo talmente tanto sugli errori o su quello che non va, da dimenticarci delle cose che vanno bene.

Perché lo facciamo? La questione è molto semplice: è facile enfatizzare un errore – cosa che “subiamo” sin da piccole – che guardare al successo raggiunto. Ma di tanto in tanto non sarebbe una cattiva idea fare il punto sui propri successi, anziché demoralizzarsi e trovare sempre il “pelo nell’uovo”. E vi spieghiamo perché.

La cultura dell’errore

Come anticipato, anche se non ce ne rendiamo conto siamo abituate sin dall’infanzia a veder enfatizzati i nostri errori, anziché ricevere elogi per i propri successi. Che si tratti della marachella di una bambina o di un esercizio sportivo eseguito in modo scorretto, che sia un brutto voto a scuola o semplicemente una frase sbagliata, attorno a tutte queste piccole cose si percepisce spesso una partecipazione emotiva fin troppo eccessiva.

Così nel corso della vita è come se “imparassimo” a percepire come più importanti gli errori, anziché valutare oggettivamente i successi e gli obiettivi raggiunti. In fondo, si dice che sbagliando si impara e dovremmo cominciare prima di tutto a rivalutare l’errore come un’opportunità, non vederlo come la fine del mondo.

Partendo da questo punto, comincerete a vedere i primi cambiamenti.

Dove finisce il successo e inizia l’insuccesso?

Questo è un parametro che sì, in parte ci viene imposto dall’esterno. Ma la verità è che siamo sempre le più severe giudici di noi stesse e dovremmo cominciare ad allentare un po’ la corda. Siamo noi, in fondo, a stabilire nella nostra mente dove finisce il successo e inizia l’insuccesso.

Se la barra divisoria tra i due verte più dalla parte di quest’ultimo, praticamente ogni cosa potrebbe essere considerata un fallimento. E ciò restringe il campo dei traguardi e degli obiettivi raggiunti: così facendo, non riusciremo mai a gioire di niente, continuando a concentrarci solo ed esclusivamente su quel che non è andato a buon fine.

Tutto questo porta a un senso di insoddisfazione perenne, alla totale incapacità di sentirci fiere di noi stesse. E le conseguenze non sono affatto piacevoli, visto il duro contraccolpo sulla nostra autostima e sulla capacità di percepirci nel modo più oggettivo possibile.

L’impostore

Nei casi più eclatanti, si parla di sindrome dell’impostore. Qualcuno che si sente sempre fuori posto, mai abbastanza e soprattutto non meritevole del successo raggiunto. Vivere così è come avere una spada di Damocle sulla testa: si percepisce un’ansia perenne di essere “scoperti” dagli altri.

L’impostore sente di non meritare il traguardo raggiunto, di esserci arrivato per puro caso o addirittura per un colpo di fortuna, non certo grazie alle proprie capacità. Non si sente capace né in gamba, minimizzando continuamente ogni singola cosa di cui è protagonista. E qui andiamo proprio al punto precedente: si impone obiettivi talmente alti da essere praticamente irraggiungibili.

Uccidete l’impostore che è in voi e lasciare spazio a una persona consapevole di sé.

Consapevolezza e autostima

Queste sono due parole che dovremmo incidere nelle nostre menti come sulla roccia. Continuare inesorabilmente a non riconoscere i propri successi e le proprie capacità, ci porta a creare un’immagine di noi stesse parecchio distorta e non corrispondente al vero. E fare il punto dei nostri successi è un passo fondamentale se vogliamo interrompere questo circolo vizioso, una volta e per tutte.

Minimizzando ciò che ci riguarda, ne risente inevitabilmente l’autostima. Piuttosto dovremmo ridurre le nostre aspettative (troppo alte), facendo un resoconto di quel che in effetti abbiamo portato a termine con successo. Forse non ci crederete, ma vi renderete conto che stilando un elenco (sì, proprio con carta e penna) saranno molti di più i punti positivi che non quelli negativi.

Un lavoro del genere serve ad acquisire maggior consapevolezza e al contempo a ritrovare la stima di noi stesse che è andata perduta. Dandoci, di fatto, nuova linfa per andare avanti e pensare ai progetti futuri.

Riconoscere i propri successi non è sbagliato

No, non è sbagliato anche se spesso ci convinciamo del contrario. Lo facciamo per una questione di “educazione”, perché ci insegnano sin da bambine che vantarsi delle proprie imprese è poco carino nei confronti di chi ci circonda.

Ma fare il punto dei successi non implica mica il dover appendere festoni e recitare proclami dinanzi al mondo. Bisogna trovare un equilibrio e sì, riconoscere quando abbiamo fatto centro e anche dirlo se la situazione lo consenta.

La perfezione non esiste e faremo sempre i conti con i fallimenti e le sconfitte. D’altro canto, però, dobbiamo ammettere a noi stesse che siamo capaci e che abbiamo tutte le carte in regola per raggiungere i nostri obiettivi. E laddove vi siano delle difficoltà, anche in quel caso basta prenderne atto e porvi rimedio.

Dirsi “brava!” di tanto in tanto, male non fa!