Come accettare i propri difetti?
Negli ultimi anni se ne parla tantissimo: il movimento della “body positivity” punta a dare voce e dignità a tutto ciò che non è bellezza convenzionale, e in particolare si parla del corpo. Il movimento punta ad abbattere i canoni di bellezza attuali, spesso non solo irragiungibili, ma anche mortificanti per la maggior parte delle donne.
Questa la teoria, ma in pratica come si fa a portare questi concetti edificanti nella vita vera? Come si fa a guardarsi allo specchio e a piacersi e accettarsi completamente, anche se il nostro corpo è lontano dai canoni di bellezza universalmente accettati, in mezzo ai quali siamo cresciute, e che hanno forgiato la nostra percezione? Indubbiamente parlare di body positive – sui social e non solo – è importantissimo, ma poi ognuno deve lavorare su se stesso. Come si fa? Come si accettano i nostri difetti, o almeno quelli che sono comunemente giudicati “difetti” dall’estetica dominante?
Ne abbiamo parlato con lo psicoanalista Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna, che ci ha suggerito come accettare i propri difetti fisici.
Difetti fisici o caratteristiche peculiari?
A giudicare dall’ondata di body positive che gode di sempre maggiore viralità, pare che il “difetto” oggi goda di grande popolarità. C’è del buono in tutto ciò, perché tra le righe si legge l’intento di non inseguire la perfezione (fisica) a tutti i costi.
Eppure molte persone non si piacciono, attribuendo un’eccessiva importanza a quei difetti che invece sono insignificanti, come ad esempio il naso lungo, la bocca larga, i tratti irregolari, per non parlare del fisico.
«Concentrarsi eccessivamente sui dettagli del viso o del corpo, che nella loro imperfezione fanno parte di noi, può avere un’origine lontana, risalente all’infanzia – dice il Prof. Roberto Pani – I commenti o le parole di scherno dei propri compagni di giochi o scuola possono restare impressi: alcuni aspetti caratterizzanti del nostro corpo possono così essere investiti di un significato negativo. In realtà si tratta di caratteristiche che, se accettate e valorizzate, possono rendere una persona più attraente».
Difetti e insicurezza
Non è infrequente che uno specifico difetto fisico diventi il catalizzatore di insicurezze, ciò che inneschi cioè quel meccanismo per il quale non ci piacciamo e ci sentiamo poco sicuri di noi stessi.
«In molti casi l’insicurezza può giocare alcuni scherzi in relazione a certi dettagli fisici – sostiene il Prof. Pani – Perché per esempio un naso lungo, gambe storte o denti imperfetti diventano capri espiatori del disagio interiore. In breve, si attribuisce al difetto fisico la colpa di sentirsi a disagio con se stessi, mentre magari si tratta di un dettaglio insignificante, notato (e perciò enfatizzato) solo dal soggetto che ne è portatore».
Paradossalmente, trascurarsi e non valorizzare la propria figura nel complesso fa sì che nella relazione con gli altri venga notato più di un dettaglio fisico imperfetto. Accade il processo inverso: la persona preferisce accanirsi su quel piccolo particolare piuttosto che accettare il proprio corpo nel complesso. Ecco che, non piacendosi, ci si valorizza poco e si enfatizza a dismisura un dettaglio che altrimenti non darebbe nemmeno nell’occhio.
Come accettarsi
«Cominciamo con il cambiare termine: non più difetti, ma caratteristiche individuali. Tenere presente che queste non solo non sono delle imperfezioni, a meno che non siano eccessivamente vistose, ma possono anche essere interessanti e piacevoli – spiega l’esperto – Fare attività fisica aiuta ad accettarsi, perché si migliora fisicamente, si familiarizza con il proprio corpo, e spinge al confronto con le altre donne, imperfettamente normali».
È importante inoltre trovare dentro se stesse la motivazioni a curare il proprio corpo e a valorizzarsi, a cominciare dai piccoli gesti quotidiani. Una coccola di bellezza, un accessorio particolare, persino cambiare modo di truccarsi e pettinarsi aiutano: non bisogna farlo per inseguire un ideale di perfezione, ma semplicemente come gesto di benessere e di amore e cura verso se stessi.
Va ricordato inoltre che i difetti non sono sempre tali, ma spesso possono essere amplificati dal modo in cui si percepisce se stessi.
«La dismorfofobia, il vedersi brutte è un indice di trasformazione soggettiva del proprio corpo che porta a vedere la propria immagine in modo distorto – spiega lo psicologo – In qualche caso è un fenomeno patologico: si pensi all’anoressia nervosa vera e seria, quando le magrissime si vedono grasse. Sono delle forme di delirio che richiedono il ricorso allo specialista».
Tra empatia e resilienza
Accettarci per come siamo – anche se lontane dai canoni di bellezza – ci rende anche persone più empatiche. Se si ha un difetto (e si impara a convivere con esso) si guarda agli altri con meno severità. In altre parole, è possibile che l’accettazione totale del proprio corpo porti a stare meglio con gli altri, oltre che con se stessi. È proprio il processo di crescita che porta a essere più empatici verso gli altri.
«Accettando i propri difetti è come se si ottenesse un successo personale che rafforza la propria identità. Ciò permette di acquistare fascino, interesse e simpatia. Ecco che l’accettazione dei propri difetti diventa anche un ‘vantaggio sociale’ – spiega l’esperto – Superare i complessi connessi ai propri difetti è molto meno banale di quello che si pensa, perché riguarda ciò che in psicologia si chiama resilienza, ovvero la possibilità di trasformare ciò che è negativo in risorse positive».