Chi sceglie di fare il medico s’impegna con un giuramento che, nelle parole pronunciate, configura quasi una missione. Una professione dedicata a migliorare la qualità della vita per l’umanità non esclude comunque il desiderio e la possibilità di distinguersi, di farsi conoscere per il proprio valore.
Virgilio Sacchini è uno dei più illustri luminari di oncologia in Italia. Da New York ritorna in Italia nel 2016, quando ha deciso di abbandonare il suo lavoro nel più rinomato ospedale oncologico del mondo, oltre che la cattedra di professore di ruolo in una delle università americane più accreditate che si era guadagnato con grandi sacrifici (e meriti). Ha così lasciato il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York per l’Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi.
Il suo libro “Andrà tutto bene” è una sorta di riflessione sulla condizione dei medici in Italia e all’estero, ma anche un excursus su una malattia che colpisce sempre più persone: il cancro.
Ancora oggi, il solo nome di questo male suscita terrore e costerno. L’unica via per sconfiggerlo è la prevenzione e la diagnosi precoce, per questo non bisogna mai di abbassare la guardia.
Sacchini ritiene che nei confronti di questo male siamo solo in una posizione di svantaggio temporanea; inoltre pone moltissima attenzione non solo agli aspetti clinici e scientifici della malattia, ma anche ai risvolti umani nei confronti dei pazienti. Ed è proprio di questo lato emotivo di cui ci parla attraverso le pagine di questo avvincente libro che sviscera non solo la sua vita ma anche i casi “umani” con cui è venuto in contatto.
Perché ogni paziente prima di essere tale è anche una persona, con dei risvolti psicologici che possono anche interferire con il lavoro del medico e con la cura a cui è sottoposto.
Ripercorre così le diverse esperienze vissute durante la sua carriera e che non ha dimenticato, ritenendole invece così importanti da essere messe per iscritto e diffuse.
E così veniamo a sapere del soldato americano Frank che, pur di non dover affrontare nuovamente le missioni di guerra in Medio Oriente, si convince di essersi ammalato di cancro, oppure Valery, che si ostina a non accettare le cure che le vengono proposte ma che, con questo suo atteggiamento di negazione, ha solo bisogno di attenzione. Ma si parla anche di Paulette la quale, da brava psicologa, decide di focalizzarsi sulla malattia per combatterla e tornare alla vita.
Come osserva l’autore, a volte, «anche chi si ritiene debole può trovare risorse che nemmeno lui riteneva di possedere. Insomma, contrariamente a quanto Manzoni metteva in bocca al pavido don Abbondio, il coraggio uno “se lo può dare”. Eccome».
E poi ci sono scorci dell’infanzia di Sacchini, le sue amicizie, gli anni dedicati allo studio e alla formazione, il suo espatrio in America, raccontando al lettore le ultime frontiere della ricerca sul cancro, le terapie più innovative e i farmaci più promettenti.
Perché, in fondo, andrà tutto bene.
Virgilio Sacchini dopo le prime esperienze professionali all’Istituto Tumori di Milano, nel 1994 ha seguito Umberto Veronesi, fondatore dell’Istituto Europeo Oncologico, assumendo poi la vicedirezione del reparto di senologia. Dal novembre 2000 lavora al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. È professore di chirurgia alla Cornell University. Dal maggio 2016 è direttore del programma di senologia dello IEO di Milano. Dal 2017 è anche docente di chirurgia all’Università Statale di Milano. Per Mondadori ha scritto, con Sergio Perego, Dai sempre speranza (2011).