Anno nuovo, vita nuova a cominciare dalla casa
Anno nuovo, vita nuova, recita il proverbio. In Occidente il Capodanno sigla la fine del vecchio anno che se ne va e un ciclo che simbolicamente si apre, un nuovo inizio. Tutto torna a splendere e allora ripartiamo da qui, dalla casa dei nostri pensieri, da ciò che vogliamo buttare o quello (e quelli) che desideriamo portare insieme a noi nel nuovo anno.
Mentre facciamo ordine, buttiamo e diamo un senso alle cose, iniziando a chiederci che cosa rende felici i nostri giorni e che ognuno abbia il coraggio di destinare alla differenziata tutto ciò che ingombra la casa (e la vita) e portando con sè un pizzico di bellezza, armonia, allegria.
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I consigli di Marie Kondo e Fumio Sasaki: due esperti del riordino
Alzi la mano chi non conosce il metodo KonMari: ideato dalla scrittrice Marie Kondo, in breve tempo è diventato un best-seller da oltre tre milioni di copie vendute in tutto il mondo grazie a un’idea semplice e rigorosa per fare ordine in casa.
Il segreto? Agire per categorie e ascoltare le emozioni in relazione a ciascun oggetto. E riflettere sui nostri reali bisogni, aggiungerebbe Fumio Sasaki, altro celebre esperto in fatto di riordino. Sì, perché ci sono momenti in cui fare ordine in casa diventa un modo per fare ordine nella vita: accade nei periodi di grande cambiamento o in certe fasi particolari dell’anno.
Una questione di spazio, certo, ma anche un’organizzazione che corrisponde alla nostra voglia di affrontare il nuovo anno con un habitus differente, un termine che in lingua latina rimanda all’aspetto, l’abito in quanto comportamento e abitudine.
Desideriamo essere nuovi, nel profondo, e allora perché non iniziare dagli oggetti che ci circondano?
Le cose sono estensioni di noi stessi, di ciò che amiamo, che abbiamo guadagnato e faticato per ottenere o ereditato e qualche volta possono anche diventare espressioni di affetti scomparsi, sentimenti dolorosi e persino odio, quando evocano legami tagliati, ex fidanzati, ex amici, ex rapporti felici.
Rompere il legame con oggetti che non ci appartengono più
Ci ritroviamo la casa piena di cose che non ci appartengono, ecco l’occasione giusta per ripensare al motivo per cui sono ancora lì: davvero ne vale la pena? Manteniamo tante delle cose che abbiamo (e delle abitudini!) per lealtà verso i nostri modi di essere e verso le persone a cui teniamo, per senso del dovere, noia o talvolta pigrizia.
Il successo di Marie Kondo in fondo è connesso a una semplice domanda: che cosa ti lega a un certo oggetto? Rifletti, trova la motivazione e pensa se ha ancora a che fare con la tua vita attuale.
Fumio Sasaki parte da qui per la grande impresa di riordino di casa e finisce per eliminare quasi tutto, ridefinendo con una completa rivoluzione i suoi bisogni profondi: meno vestiti (solo quelli necessari), niente televisione (più tempo da dedicare a nuovi hobby), meno oggetti, più spazio.
Dietro all’ansia di possedere (e alla corrispondente paura di perdere) si nasconde molto dell’incapacità di lasciar andare e vivere momento per momento, senza inutili pesi.
Fare vuoto per riappropriarci della nostra identità
Fare vuoto significa liberare spazio: liberarlo prima di tutto da noi stessi, da ciò che siamo stati e non siamo più, da ciò che abbiamo incontrato e che ora desideriamo lasciare indietro per andare incontro al nuovo.
Le incrostazioni di polvere, in fondo, sono le tossine dei nostri pensieri e delle emozioni non (ancora) metabolizzate: è tempo di sciogliere i grumi, scovare gli angoli in ombra, sbattere i tappeti e finalmente far entrare una folata d’aria fresca negli ambienti di casa che, nei sogni, rappresenta ciò che siamo, la nostra identità.
Presso alcuni popoli, infatti, le pulizie si rivestono di un profondo significato rituale: come nel mondo ebraico, quando si dà la caccia a ogni granello di polvere in occasione di Pesach, la festa di Pasqua, che ricorda la fine della schiavitù in Egitto.