Merrill Singer, specialista e docente in antropologia medica presso l’università del Connecticut, negli anni Novanta aveva parlato di “sindemia”. Questo termine indica gli effetti negativi sulla popolazione data dall’azione sinergica di due o più malattie. Richard Horton, caporedattore della rivista scientifica The Lancet, ha proposto questo termine per parlare di ciò che si è verificato con il Covid-19, dove a una pandemia infettiva si è aggiunta la difficoltà data da un insieme di fattori. Negli ultimi mesi abbiamo assistito all’aggravarsi di malattie croniche, quali obesità, disturbi cardiovascolari, senza contare il generale peggioramento della salute mentale. A pesare, inoltre, sono le conseguenze di carattere economico derivanti dalle condizioni lavorative e familiari, difficilissime per tanti di noi. Devastante e invisibile, l’ansia e un senso di penetrante tristezza stanno lasciando il segno tanto da farci chiedere se riusciremo a tornare alla vita pre-Covid. Ma se anche fosse possibile, lo vogliamo davvero?
“Una cosa che noi oggi sappiamo sul prossimo futuro è che alla pandemia seguirà l’endemia: una condizione in cui continueremo a convivere con il virus, ma potremo ripristinare un sistema di relazioni, riuscendo comunque a garantire la salute”
Daniela Lucangeli
Come si esce dalla paura? Daniela Lucangeli, Professoressa di Psicologia dello sviluppo, presidente dell’Associazione Nazionale per gli Insegnanti Specializzati (CNIS), nel suo libro “La mente che sente” (Edizioni Erickson) ci ricorda un dettaglio importante: la speranza riguarda qualcosa che non dipende da noi. Aggrapparsi alla speranza significa affidarsi a una forza esterna. Scrive l’autrice: “Se invece, per superare questo difficile momento, ci rivolgiamo alla scelta, avremo la possibilità di approfondire altri scenari interiori”.
Scegliere configura una nuova possibilità, che ha a che fare con una misura interiore: è rivolgersi al dentro anziché al fuori. Un punto fondamentale nella costruzione della resilienza ha a che fare con il modo in cui leggiamo la realtà. Nel caso della pandemia dopo lo shock iniziale abbiamo trovato modi per sopravvivere fra le pareti domestiche, imparare metodi differenti per lavorare e studiare: modi per abbracciare, con la sicurezza della distanza, gli affetti e tenere alto il morale. Ma il costo è stato altissimo e in questa epidemia che non avremmo saputo immaginare così infinita, il lavoro interiore è solo all’inizio.
Cambiamento = perdere il controllo
Se c’è una cosa che il Covid ci ha insegnato è che in qualsiasi momento la nostra vita può cambiare. Con la pandemia abbiamo scoperto che la solita routine, considerata acerrima nemica, in fondo faceva funzionare le nostre esistenze grazie a un meccanismo ben collaudato. Ma la quotidianità di tutti i giorni, a tratti soffocante e che accusavamo di essere noiosa, di colpo è crollata su se stessa. Tutto ciò che fino a ieri sembrava ovvio, sacrosanto e normale, dalla pizza del sabato sera alla facilità degli spostamenti, con un treno o un aereo da prendere al volo, è diventato impossibile per un periodo prolungato.
Abbiamo assaporato l’amaro dell’assenza: la scomparsa dei baci e degli abbracci, dei voli low cost, dei week end vagabondi. Prepotente, si è fatta sentire la mancanza persino del pessimo caffè delle macchinette con i colleghi dell’ufficio, o le riunioni di famiglia che mai avremmo pensato di rimpiangere. Il mondo che fino a un attimo fa percorrevamo a folle velocità e ci sembrava piccolissimo, è tornato a essere grande, perché quando i confini tornano a essere barriere ci rendiamo conto sulla pelle della nostra piccolezza. Abbiamo provato sulla pelle i nostri limiti, in senso fisico e immateriale.
Forte, devastante, in grado di schiacciare, un’emozione fra tutte: paura. Paura per la salute nostra e di chi amiamo, paura per la malattia e la morte. Paura di contagiare e essere contagiati. Paura di non riuscire a farcela: a sopravvivere, a pagare l’affitto o mantenere il lavoro. Paura per noi stessi e per gli affetti più cari
Dopo il Covid-19
Per alcuni, ci sono sintomi che permangono a livello fisico. La sensazione di una stanchezza diffusa è uno dei più comuni, un’intensa spossatezza che non se va e forse era già in agguato nelle nostre vite. Ma ai segni lasciati sul fisico si aggiungono quelli dell’anima, perché il virus ha colpito in profondità e fatto crollare le nostre difese, non solo a livello immunitario. La preoccupazione per il lavoro, i debiti e i figli ha esasperato i problemi di ansia e depressione. Come emerso dai dati dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, le consulenze neuropsichiatriche che hanno riguardato fenomeni di ideazione suicidaria e tentativi di suicidio sono passate dal 36% dell’aprile 2019 al 61% dell’aprile 2020, crescendo fino al 63% del gennaio 2021. Anche i più giovani sono colpiti da ansia, depressione e autolesionismo.
La pandemia ha portato a una serie di conseguenze negative specialmente le persone più vulnerabili. In tanti casi la situazione di isolamento ha portato all’aggravarsi di disturbi psichici. Inoltre, secondo Luana Marques, docente di psichiatria presso Harvard Medical School, con la pandemia si sono acutizzati problemi di confusione mentale, depressione e ansia, con un aumento dei casi di disturbo da stress post-traumatico e un generale peggioramento della salute emotiva. Questa è la tendenza registrata anche dal report sulla felicità nel mondo del 2021: dormiamo peggio, siamo più stanchi e nervosi. Senza contare le cattive abitudini: consumiamo più alcol e più cibo, ma ci muoviamo meno, sempre meno. Durante la pandemia spesso la solitudine è stata vissuta come isolamento, ma adesso che cosa possiamo fare per spostare l’ago della bilancia verso il nostro benessere?
Imparare a vivere l’incertezza
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito salute “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non semplicemente assenza di malattia o infermità”. Secondo il ricercatore olandese Machteld Huber quando tentiamo di spiegare il concetto di salute attualmente dovremmo includere la capacità di adattarsi e autogestirsi. La capacità di affrontare i cambiamenti ha a che fare con la capacità di affrontare le onde dell’esistenza, cambiare rotta e scovare nuovi orizzonti, non perdersi d’animo. Appena veniamo al mondo ogni fibra del nostro essere lotta per sopravvivere e lo sa bene chi lavora o vive a stretto contatto con i neonati: stupisce l’incredibile spinta alla sopravvivenza che è in grado di avere un bambino piccolo, così apparentemente inerme. Continuiamo a farlo ogni giorno, anche quando non ci pensiamo o siamo troppo stanchi per sorridere: continuiamo ad andare, passo dopo passo. Nonostante tutto.
I neuroscienziati hanno evidenziato che in presenza di un trauma l’amigdala mostra di avere un ruolo chiave: è il cervello rettiliano. Lo stimolo genera una reazione di risposta e l’adrenalina inizia a entrare in circolo, il cuore accelera, la temperatura cambia. Tutto l’organismo è in uno stato di allerta, a segnalarlo la pelle, il sudore, la tensione muscolare. In psicologia questa reazione, tipica del mondo animale, è stata chiamata fight-or-flight-or-freeze or the fight-flight response, reazione di attacco o fuga. A causa di questo meccanismo, descritto per la prima volta dal fisiologo americano Walter Bradford Cannon, ci si dà alla fuga o si attacca.
Di fronte a una minaccia scatta un aumento nella produzione di noradrenalina e adrenalina; si alza il livello di cortisolo, noto come ormone dello stress. Il punto è proprio questo, questo meccanismo accade di fronte a ogni ipotetica minaccia… ma non è detto che l’ipotesi finisca per trasformarsi in realtà. Quando sentiamo di non riuscire più a gestire l’incertezza diventiamo preda dell’ansia. Quando entriamo in questo stato viviamo un’emergenza perenne. Tuttavia, trasformare lo stress in uno stile di vita ha molteplici conseguenze. Una di queste, secondo i neuroscienziati, ha che fare con la nostre capacità di scelta. Scansioni del cervello in risonanza magnetica hanno mostrato che nei soggetti vittime di trauma l’amigdala si attiva con più frequenza, mentre la corteccia prefrontale risulta meno illuminata. La paura reattiva può salvarci la vita, quando si tratta di reagire con prontezza in una situazione di pericolo. Ma se viviamo in una condizione di perenne minaccia rischiamo di essere bloccati a causa della paura: in un certo senso, diventiamo iper-reattivi, una reazione acuta da stress portata alle estreme conseguenze.
Uno degli effetti a lungo termine sembra abbia a che fare con un’infiammazione prolungata, che continua a essere presente anche dopo aver debellato l’infezione. Maura Boldrini, psichiatra e neuroscienziata, sta indagando i sintomi, a livello cognitivo e psicologico, presenti in malati che prima del Covid non erano affetti da alcuna patologia di questo tipo. Come funzionano le nostre difese? Il sistema immunitario costituisce uno dei più grandi misteri della medicina, ancora oggi. I ricercatori Marcantonio M. Spada e Ana Nikčević, docenti di Psicologia a Londra, hanno spiegato che l’ansia da COVID-19 può manifestarsi come uno stato di paura continua che si trasforma nel rifiuto di ogni contatto, preoccupazione quando si tratta di uscire e dei luoghi pubblici.
Non puoi controllare la vita, ammettilo
Il fatto è che non sappiamo come funzioniamo, dentro. Sono ancora tantissime le informazioni che non abbiamo: la nostra parte in ombra occupa un territorio incredibilmente vasto, il Covid lo ha dimostrato. Tuttavia, questa è anche la chiave che possiamo iniziare a utilizzare per affrontare il cambiamento: fare pace con la nostra parte-ombra. È la lezione del filosofo ateniese Socrate, vissuto nell’antica Grecia quasi duemila e quattrocento anni fa, “so di non sapere”. Abbiamo pensato, per un attimo, di sapere tutto, di poter controllare tutto: è durata solo un momento la nostra illusione.
Adesso lo sappiamo, abbiamo sentito di nuovo la potenza della vita con tutta la sua incertezza. Possiamo scegliere di cadere nel panico, oppure risollevarci e guardare l’esistenza dritto negli occhi: tollerare il rischio significa ammettere che possa accadere. Sì, la nostra esistenza può cambiare, in qualsiasi momento. Con o senza un virus ci troveremo in faccia alla morte, domani o un giorno. Fa paura. Fa paura pensare all’ipotesi di essere malati, non autonomi, alla malattia di un figlio o del partner. Eppure, dentro la nostra parte-ombra, scavando dentro la nostra paura, troviamo anche i sogni, le speranze, ciò che ci fa ridere e piangere: ciò che ci rende vulnerabili, vivi, ancora capaci di commuoverci e rimanere “umani”.