Che ansia, che stress. Credevamo che tutto quello Sturm und Drang che ci scuoteva come foglie al vento quando il tipo di quinta ci invitava a farci un giro fosse una cosa morta e sepolta. Un residuato bellico di quell’epoca d’oro che è stata la nostra adolescenza, quando tutto era “issimo”. E si passava dall’euforia allo sconforto più nero nell’arco di un secondo, attanagliati come si era da quello speciale bipolarismo di cui si è vittime quando si è in piena tempesta ormonale. Ma l’ansia da primo appuntamento non se ne va, nemmeno quando si diventa adulti.

Il primo appuntamento arriva senza istruzioni

Nessuno ci aveva fornito un manuale d’istruzioni per fronteggiare il maremoto in arrivo ed era tutto un dubbio, un forse, un però. Come affrontare le onde senza braccioli: l’amore, l’attrazione, la gelosia, il rifiuto, la paura di non piacere e di non essere accettati, l’agitazione di non sapere cosa dire né fare, uscirsene con la frase sbagliata, passare da imbranati. Allora c’era l’attenuante dell’età. Ed era davvero la prima volta di tutto. Della felicità e della tribolazione. Delle carezze e della pancia che si strizza come un calzino nella centrifuga. Quella battaglia tra forze uguali e contrarie, aspettative e frustrazioni, speranze e delusioni, era la quintessenza della nostra pubertà, quando ogni cosa t’investe e ti ribalta, lasciandoti in mutande. Senza rete.

Ma ora che abbiamo imparato l’alfabeto del cuore (anche se non parliamo ancora bene la lingua, quella è una cosa che richiede una vita), ora che siamo più pronti e corazzati, attrezzati (più o meno) al consenso e al rifiuto, al fallimento e al trionfo, ancora sembriamo dei pivelli. Matricole fuori tempo massimo di fronte al rebus delle faccende amorose. Come mi vesto? Lo chiamo io? Se andiamo fuori, alla fine, chi paga? Lo invito a salire se mi porta a casa? Se ci sto subito che penserà? Quelli che credevamo dubbi ormai archiviati tornano a bomba tra celibi attempati, esuberanti single di ritorno per niente spaventate dall’età, Millennial che passano la sera su Tinder alla ricerca della propria metà.

Il nuovo galateo della seduzione: scioglie davvero l’ansia da primo appuntamento?

Il tutto con l’aggravante del nuovo galateo della seduzione, in cui ogni uscita è un campo minato. Se fai lo splendido sei un maschio alfa, se non ci provi sei uno sfigato. Per non parlare di tutto il repertorio di pregiudizi e cliché che a noi tocca dribblare per non finire incasellate: quella facile, quella frigida, quella dolce, quella isterica, la femminista e la virago, quella che se la tira e quella che s’accolla. La famosa chimica delle emozioni è in realtà un confuso coacervo di input discordi e inconciliabili, una zuffa interiore tra testa, pancia, cuore e parti basse, ciascuna con diritto di parola e scarsa propensione all’ascolto.

Come racconta con intelligenza e ironia l’ultimo film di Paolo Genovese, FolleMente, mettendo in scena una coppia al primo incontro, tirata a destra e a manca dalle ragioni dei propri Io interiori. Tra questi, Trilli, l’istinto godereccio e sensuale che ha faccia e gambe (che gambe!) di Emanuela Fanelli, protagonista della nostra copertina. Chi ha la meglio? Il silenzio. È infatti solo quando riusciamo a spegnere, o almeno ad abbassare, i rumori di fondo che tutto si fa chiaro. Parla solo l’amore. Urlando o sussurrando la lingua che gli pare. Mi piace pensare che anche le storie più disastrate, quelle che hanno perduto ogni parvenza di poesia, buttate in pasto ai social, lasciate in mano a gente senza scrupoli, franate dall’Olimpo degli amori da favola al tritacarne del gossip da bar, abbiano avuto un momento di umana confusione. Un attimo in cui erano in balìa di un’assemblea condominiale di istanze interiori. Incasinate e imperfette, eppure vere. L’inizio di qualcosa. Che forse, con più cu(o)re, poteva pure durare.