Le palpitazioni che BATTONO nel petto e su, su fino alla gola, quel sottile senso di apprensione che non va mai via. E poi i pensieri fissi, le preoccupazioni ogni volta che si profila un impegno importante. Benvenuta nel mondo degli ansiosi, un problema aumentato vertiginosamente negli ultimi due anni. Dati alla mano, di ansia soffrono circa otto italiani su dieci. E siamo soprattutto noi donne ad accusarne i sintomi. Dobbiamo rassegnarci a vivere di tranquillanti? Fortunatamente no.

Quando l’ansia diventa malattia

Almeno a sentire le parole del dottor Giuseppe Deledda, direttore dell’unità di Psicologia clinica dell’IRRCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella. «Tutti sperimentiamo l’ansia nel corso della vita, oggi soprattutto gli adolescenti» spiega. «Fa parte del nostro essere e dobbiamo imparare a sfruttarne le potenzialità. Per questo gli ansiolitici oggi vengono riservati solo ai casi molto gravi. L’obiettivo infatti non è soffocare i sintomi, ma rendere cosciente la persona della loro esistenza, in modo che impari a gestirli. Quando è positiva, l’ansia libera energia che ci permette di rispondere in modo rapido a quello che ci accade e di farlo sia dal punto di vista fisico sia cognitivamente. Il problema nasce quando si è costantemente in uno stato ansiogeno. Perché un’iperstimolazione del sistema nervoso centrale aumenta la sofferenza e determina un’eccessiva focalizzazione sui pensieri, un continuo rimuginare che inquina la qualità di vita». Così nel tentativo di tenere sotto controllo i disturbi molti finiscono per ricorrere agli psicofarmaci: lo scorso anno il consumo di questi medicinali è aumentato dell’8%».

Si può conviverci senza ricorrere ai farmaci?

Lo chiediamo al dottor Deledda. «Assolutamente sì, oggi abbiamo tecniche che ci permettono di farlo. L’obiettivo è di arrivare a mettere a fuoco ciò che crea sofferenza e non intendo l’ansia in sé, ma la lotta coi pensieri, con le emozioni e con i sintomi. L’iperattivazione del sistema nervoso centrale porta a disturbi fisici tra cui fame d’aria, tachicardia, eccessiva sudorazione, tensione muscolare e rialzo della pressione arteriosa. Questo mix di disturbi può provocare un incremento dell’ansia stessa e far scattare un circolo vizioso dannoso: è così ad esempio che si formano molte patologie psicosomatiche, come la sindrome del colon irritabile. Dobbiamo interrompere questa catena».

Quali sono le tecniche migliori?

«La mindfulness ormai è a tutti gli effetti la tecnica maggiormente utilizzata in psicoterapia, per accompagnare la persona a prendere contatto gradualmente con i pensieri, le emozioni e le sensazioni fisiche legate all’ansia. Non solo. Man mano, nel corso delle sedute, la persona familiarizza con gli esercizi, tanto che alcuni entrano nella quotidianità, sempre con l’obiettivo di domare gli stati ansiosi. Le faccio due esempi illuminanti: il “body scan” consiste nel passare mentalmente in rassegna tutto il corpo con un’attenzione vigile. In sostanza, si impara a focalizzarsi sul momento in cui iniziano a scorrere in contemporanea troppi pensieri nella mente, a non farsi trascinare da questo meccanismo e a riportare la concentrazione su ciò che si sta facendo in quel momento. Altro esercizio potente è quello delle “foglie sul ruscello”: il ruscello è la mente e ogni foglia è un pensiero. Serve per valutare i pensieri e per lasciar andare quelli fuorvianti o che ci portano a rimuginare. Alla mindfulness si può affiancare lo yoga, per rafforzare i progressi. Questo, soprattutto quando alla base dell’ansia c’è un dolore, oppure la paura».

C’è una forma di yoga anti ansia in particolare?

«Vanno provate, per scegliere quella che ci fa stare più a nostro agio. I risultati si avvertono man mano che si pratica: si impara a rimanere in contatto con le esperienze interne, anche quelle meno gradite, come per l’appunto il dolore. Riconoscerle, significa accettarle come parte di sé e prendersene cura. Al contrario, rifiutandone l’esistenza si alimenta lo stato di ansia. Non mi stancherò mai di sottolinearlo, invece di combattere è più utile accogliere ed accettare i propri pensieri, le emozioni e le sensazioni fisiche».

Come iniziare a domare i sintomi dell’ansia anziché subirli?

«Se ci pensa, la prima “esternazione” concreta dell’ansia è spesso la sensazione di mancanza di ossigeno. È utile quindi portare l’attenzione sul proprio respiro, che tende a modificarsi. Le strategie sono tante ma alcune sono complesse da mettere in pratica. Io consiglio, soprattutto in emergenza, di focalizzarsi sulla frequenza respiratoria: quando ci si accorge che è accelerata, è più semplice riportarla ai ritmi normali. Possono essere molto utili anche alcuni semplici esercizi di rilassamento che usano le visualizzazioni: ognuno troverà la propria personale “isola rasserenante”: c’è chi si calma focalizzandosi sul proprio pet, chi immaginandosi in un parco, chi visualizzando le onde del mare. L’importante è che l’immagine fornisca piacere e non ansia, per far ritrovare una corretta frequenza respiratoria».

Come dominare l’ansia di parlare in pubblico?

«Il controllo della respirazione è sempre tra i rimedi più efficaci, così come il “body scan”: evitano di fissare esageratamente i pensieri su ciò che si dovrà dire l’indomani. Il giorno dell’evento, poi, sarebbe utile non consumare caffeina, in modo che la frequenza cardiaca non sia troppo elevata. Quando si comincia a parlare, è importante poi rallentare l’eloquio: serve per comunicare al cervello limbico, la parte emozionale, che non ci sono pericoli in atto, è come un tranquillante, ma tutto naturale, che lo aiuterà a calmarsi».

La psicoterapia mirata per l’ansia

Se l’ansia è sempre così intensa da alterare la vita quotidiana, ci vuole una psicoterapia. L’ultima arrivata è una tecnica chiamata Acceptance and Commitment Therapy, particolarmente efficace proprio per i disturbi d’ansia, come hanno dimostrato le ricerche. Consiste nell’utilizzo della mindfulness e di altre strategie per cambiare il rapporto con le nostre esperienze mentali. Si viene aiutati a prendere contatto con le paure, a conoscere la propria inquietudine in tutte le sue manifestazioni e ad accettarla. È previsto anche un coinvolgimento diretto nella terapia. Lo psicoterapeuta prescrive dei compiti da svolgere tra un appuntamento e l’altro con l’obiettivo di imparare a domare l’ansia. La psicoterapia in questo modo permette di intraprendere un processo di cambiamento e di trovare dei nuovi equilibri. Il programma terapeutico in genere prevede una seduta alla settimana e indicativamente per avere buoni risultati ne sono sufficienti 10-15.