Trattieni il respiro ogni volta che apri la posta elettronica o arriva una notifica di email? Allora potresti soffrire anche tu di screen apnea o apnea da email. Si tratta di quella sensazione di mancanza di respiro che sempre più persone provano quando vedono la casella della posta piena di messaggi da leggere, magari con urgenza. Una condizione che si accompagna anche a una maggiore distrazione rispetto a ciò di cui ci si stava occupando, proprio perché si avverte la necessità di rispondere subito alle email. Il problema, che riguarda la Gen Z, in realtà non risparmia neppure gli over 40 e 50. Ecco i consigli dell’esperta per superarla.
Cos’è la screen apnea, l’apnea da email
Ci si sveglia al mattino e la prima cosa che compare sullo smartphone è la notifica di messaggi ed email. Ma mentre i primi a volte sono di amici, conoscenti o familiari che possono attendere qualche minuto per le risposte, le seconde hanno soprattutto a che fare con il lavoro e dunque richiedono di essere lette con più urgenza. La sensazione più comune è quella dell’ansia, dell’apnea, della mancanza di respiro dovute allo stress di rispondere in breve tempo. In una parola, si tratta della screen apnea o apnea da email.
Un problema che riguarda anche i Millennials
A puntare i riflettori su questa condizione è stata di recente una ricerca condotta da Babbel su 2 mila ragazzi americani tra i 18 e i 24 anni, dunque della Gen Z. È emerso che oltre 1 su 3 (quasi il 36%) ha più di 1000 email non lette nella casella di posta del lavoro. Questo crea la cosiddetta email anxiety, cioè la sensazione di ansia e frustrazione all’idea di dover leggere e rispondere a ciascuno dei messaggi. Una condizione che non risparmia neppure i Millennials, anzi: sono proprio i meno giovani a sentire l’urgenza (quasi il dovere) di dare risposta sempre e comunque, persino e quando si dovrebbe essere off line, come in ferie.
Perché gli over 40 fanno più fatica
La diffusione dell’ansia da email è tale per cui su TikTok l’hashtag #EmailApnea conta centinaia di video con suggerimenti di psicologici, creators o coach. «In effetti il vero problema, specie per chi lavora nelle grandi aziende, è proprio quello delle email, che sono diventate il mezzo con cui con cui si trasmette la maggior parte delle informazioni. Bisognerebbe tornare a un sistema di comunicazioni più virtuoso ed efficace, specie per i meno giovani. I ragazzi in genere sono più abituati a gestire una mole di informazioni maggiore, che sono chiamati a selezionare, mentre gli adulti erano abituati a ricevere – fin dalla formazione scolastica – meno informazioni ma più approfondite», spiega Agnese Scappini, psicologa del lavoro e psicanalista.
Apnea da email: occorre imparare a selezionare
Il problema delle email non si limita al primo sguardo a smartphone o pc, appena arrivati in ufficio, ma prosegue spesso nell’arco dell’intera giornata, perché le email continuano ad arrivare. E a interrompere, con le loro notifiche, il lavoro di cui ci si sta occupando. «Una delle maggiori difficoltà sta proprio nel lavoro di selezione degli imput che arrivano, che sono numerosissimi. Basti pensare che è stato calcolato in uno studio recente che oggi una persona adulta riceve in due mesi una mole di informazioni paragonabile a quella che un uomo del medioevo riceveva nell’arco di una intera vita», ricorda Scappini.
Come superare l’apnea da email: pensare, prima di agire
Per “sopravvivere”, dunque, occorre per prima cosa imparare a prendere tempo. «Utilizzando un’espressione inglese, Think before click – spiega l’esperta – Da uno studio condotto per il ministero dello Sviluppo economico è emerso che la causa principale di attacchi informatici e hackeraggio era proprio la fretta con cui gli utenti rispondevano a email che contenevano virus o link pericolosi o phishing. Una delle cose che è importante imparare oggi, invece, è saper gestire un dislivello di valori, in altre parole dare una priorità nella gestione delle comunicazioni: mettere in ordine di importanza le email e i messaggi, individuando quali necessitano di una risposta per primi».
Prendersi almeno un minuto
Per farlo, però, occorre prendere del tempo, non necessariamente ore o giorni: «Quando arriva una comunicazione di posta elettronica, bisogna valutarla per qualche secondo. Nei corsi di formazione che teniamo, soprattutto nelle grandi aziende, spesso facciamo fare un semplice esercizio: contare fino a 60. Si tratta di un minuto, ma se ci proviamo ci rendiamo conto che non è poco. Ecco che è importante prendersi quel tempo minimo per decidere se rispondere o meno a una email. Mi piace ricordare che non siamo medici di pronto soccorso: nessuna mail deciderà della vita e della morte di una persona!», sottolinea Scappini.
Pensieri lenti e pensieri veloci
Come spiega l’esperta, occorrerebbe tornare ai pensieri lenti rispetto a quelli veloci. Il riferimento è a un saggio, scritto nel 2011 da Daniel Kahneman, Premio Nobel per l’economia nel 2002, in cui lo psicologo israeliano descrive il funzionamento del cervello umano quando viene coinvolto nei processi decisionali. «Il nostro cervello ha una parte più istintiva, veloce, che fa riferimento a ippocampo, amigdala e al sistema nervoso parasimpatico; e una cognitiva, più lenta e deputata a una elaborazione maggiore, che però necessita di uno stato di calma. La via veloce è più antica, legata all’istinto di sopravvivenza, che spinge ad agire nel minor tempo possibile. È importante, ma dovrebbe essere equilibrata dalla lungimiranza, che invece ha sede nella neocorteccia».
Allenarsi alle scelte razionali
Abituarsi ad attivare la neocorteccia è possibile e può aiutare a ridurre l’ansia: «Il sistema parasimpatico è più potente, tende a prevalere fornendo risposte immediate, ma mette in una condizione di allarme, di ansia, perché la sua attivazione contribuisce ad aumentare l’adrenalina e altri ormoni che spingono all’azione. é la parte più antica del nostro cervello, limbica – spiega Scappini – Ma possiamo abituarci a ridurne il ricorso, a favore della parte razionale, quella più recente. Occorre una maggiore consapevolezza, che si sviluppa con un po’ di ‘allenamento’, abituandosi a prendere tempo».
La tecnica dei piccoli respiri
Alcuni esperti, come Victoria McLean fondatrice e CEO della società di consulenza City CV nel Regno Unito, consigliano di ricorrere alla tecnica di respirazione 4-7-8. Consiste nell’inspirare per 4 secondi, trattenere l’aria per 7 secondi ed espirare per 8 secondi. Questo permetterebbe di rilassarsi. «La respirazione è la prima tecnica per gestire l’ansia. Solitamente si respira con la parte alta, ma se noi riportiamo la respirazione a un livello più profondo comunichiamo al cervello che non siamo in una situazione di pericolo, che stiamo affrontando la realtà in uno stato di maggiore tranquillità. Questo ci consente di abbassare lo stress», osserva Scappini.
Lo stress del dover essere sempre on
Uno dei principali motivi di frustrazione è la necessità di sentirsi sempre on, pronti a rispondere a qualsiasi comunicazione. Per evitarlo, quindi, occorre crearsi dei momenti nei quali non essere raggiungibili, da comunicare per esempio ai colleghi, in modo da mantenere la concentrazione sul proprio lavoro principale ed evitare di doversi destreggiare su più fronti contemporaneamente. «Questo è più facile da attuare soprattutto nelle grandi aziende, dove per esempio è possibile stabilire una fascia oraria dedicata allo scambio delle comunicazioni importanti via email», spiega la psicologa del lavoro.
La parola d’ordine è organizzazione
Se, però, si è liberi professionisti, il fatto di poter postporre le risposte delle email può trasformarsi in una trappola, estendendo il tempo di lavoro a svantaggio di quello libero. «In questo caso l’unica soluzione è la capacità di organizzarsi: 8 ore di lavoro possono e devono essere sufficienti, non sono poche. Tagliare le attività meno utili, che fanno perdere tempo, a vantaggio di quelle prioritarie è il primo passo. E poi non bisogna farsi prendere dalla fretta, che è una delle armi con cui oggi si spingono le persone a comportamenti non sempre utili a loro stesse. Accade con gli acquisti, ai quali si è portati dall’idea di perdere occasioni preziose, per esempio. Ma bisognerebbe imparare, ancora una volta, a prendere tempo», conclude Scappini.